"La banca dei Numeri 1" in onda su RaiTre. E Il Fatto parla della "lavanderia".
"La banca dei numeri 1": è questo il tema della puntata di Report - la trasmissione di Milena Gabanelli - in onda stesera elle 21,30 su RaiTre, alla quale guardano con molto sospetto i media di Berlusconi, a partitre dal solito Giornale, che stamattina ha messo le mani avanti.
Ma di che si occupa la trasmissione? Secondo il tema pubblicato sul sito di Report, questo è il punto di partenza del programma: "Con lo scudo fiscale del 2001, poi prolungato fino al 2003, sono stati messi in regola circa 78 miliardi di euro. A fronte di questa enorme massa di denaro sono state inviate circa 90 segnalazioni di operazioni sospette, di cui nessuna che riguardava la Sicilia.
Le banche hanno evidenziato poco o nulla proprio grazie alle garanzie di anonimato accordate da quella legge. E quindi non è stato possibile intercettare il denaro sporco frutto di reati di natura fiscale per i quali era stata accordata la non punibilità.
È stato solo per una fortuita coincidenza investigativa che la Procura di Palermo ha individuato e sequestrato alcuni milioni di euro che uno dei riciclatori più importanti di Cosa Nostra, già condannato per mafia, stava tentando di fare rientrare in Italia".
Una miriade di nuovi ricchi
"È proprio in quegli anni - sottolinea il testo che presenta la puntata di stasera - che all’improvviso sul palcoscenico della finanza sono apparsi una miriade di nuovi ricchi che hanno acquistato a tutto spiano pacchetti azionari, immobili, attività imprenditoriali e commerciali offrendo denaro contante fresco e abbondante, soprattutto per quello che erano gli ordinari standard di mercato.
Quel massiccio e improvviso rientro di denaro in contante gonfiò a dismisura la bolla speculativa sugli immobili con la quale, in parte, ancora stiamo facendo i conti.
Con il terzo scudo - che pure ha alle spalle la nuova legge antiriciclaggio (la 231 del 2007) - di fatto sono state rimosse le segnalazioni di operazioni sospette che i vari operatori, commercialisti, avvocati d'affari, fiduciarie, banche, sono obbligati a inviare alla UIF, l’Unità di Informazione Finanziaria, della Banca d'Italia nel caso le caratteristiche del soggetto, la natura dell'operazione, la sua provenienza, l'ammontare dell'importo destino sospetto di un tentativo di riciclaggio.
Coperti reati più gravi dell'evasione
Peraltro, i reati che il nuovo scudo fiscale coprirebbe sarebbero ben più gravi della semplice evasione. Cosa si nasconde dietro il mondo delle fiduciarie e delle banche svizzere? Come spariscono i soldi oltrefrontiera, come lavorano gli spalloni di nuova generazione, quali sono i metodi di esportazione sicura dei capitali all'estero, come alcune banche muovono questo meccanismo".
Il resto i telespettatori lo vedranno direttamente in tv.
E IL FATTO ACCENDE I RIFLETTORI SULLA ARNER BANK
E Il Fatto quotidiano, oggi in edicola, ha acceso i riflettori sulla Arner Bank, con un articolo firmato da Peter Gomez e Sandra Amurri, che ripubblichiamo integralmente (solo i sottotitoli sono i nostri, per facilitare la lettura):
"Per fotografare la situazione e capire i timori, di giorno in giorno sempre più evidenti, di Silvio Berlusconi per le indagini milanesi e palermitane sulla Arner Bank, basta una frase di David Mills: "Chi è Paolo Del Bue della banca Arner? Se posso usare un'immagine: Del Bue, tra le persone che ruotavano intorno alla famiglia Berlusconi, era certamente nella cerchia più interna. Voglio dire che era tra chi aveva un rapporto personale con la famiglia. Mi sembra significativo che sui conti bancari delle società Century One e Universal One avesse un diretto controllo e poteri di disposizione assoluti".
La testimonianza di Mills del luglio 2004
Era il 18 luglio del 2004 e Mills, oggi condannato in appello a 4 anni e mezzo per corruzione giudiziaria, stava raccontando buona parte di quello che, davanti ai magistrati, aveva taciuto per quasi due lustri: dai soldi ricevuti dal cavaliere, sino alla reale proprietà di Century One e Universal One - due off shore, controllate attraverso dei trust da Marina e Piersilvio Berlusconi - che avevano incassato decine di milioni di dollari di fondi neri provenienti dalla compravendita di diritti televisivi.
Tra il 1992 e il 1994, mentre in Italia infuriava Mani Pulite, Del Bue quel tesoro lo aveva però fatto sparire. Assieme ad alcuni collaboratori aveva prelevato 103 miliardi di lire in contanti e si era rifugiato in Svizzera dove, con degli amici, gestiva la Arner, una finanziaria trasformata in banca nel maggio del ‘94, non appena Berlusconi era diventato per la prima volta presidente del Consiglio.
I magistrati scoprirono l'importanza della Arner
È rileggendo quel verbale di Mills che i magistrati cominciano a intuire l'importanza della Arner, l'istituto di credito di Lugano che, a partire dal 2004, è autorizzato a operare anche in Italia. La Arner è, infatti, la banca preferita da Berlusconi. È la cassaforte in cui i familiari del Cavaliere e buona parte dei manager posti ai vertici del suo impero economico - dal big boss di Mediolanum, Ennio Doris, sino all'entourage dell'avvocato pregiudicato Cesare Previti - versano le loro fortune personali.Questo almeno è quello che risulta agli investigatori della Dia e della Guardia di finanza che negli ultimi due anni hanno bussato più volte alle porte della sede milanese della banca. Inizialmente per far luce sull'esatto ruolo di Nicola Bravetti, uno dei soci dell'istituto, pizzicato per caso al telefono mentre - con la collaborazione del consigliere di amministrazione Mediolanum, Paolo Sciumè - tentava di evitare il sequestro di 13 milioni di dollari accantonati su un conto Arner alle Bahamas da un presunto colletto bianco di Cosa Nostra: l'imprenditore palermitano Francesco Zummo, considerato prestanome di don Vito Ciancimino e già condannato per favoreggiamento.
Due avvisi di garanzia all'amministratore delegato e al commissario
Poi, quando Bravetti e Sciumè finiscono agli arresti domiciliari perché accusati di intestazione fittizia di beni, negli uffici della Arner di corso Venezia a Milano, arrivano pure le Fiamme gialle. L'11 giugno i militari perquisiscono l'intero palazzo Arner e notificano due avvisi di garanzia al nuovo amministratore delegato e, fatto quasi senza precedenti, al commissario Mario Marcheselli, piazzato nell'istituto di credito dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, su designazione di Banca Italia, dopo l'esplosione del caso Bravetti-Zummo. Entrambi sono accusati di non aver collaborato con gli ispettori del governatore Mario Draghi e di aver così finito per favorire le operazioni di riciclaggio.
La banca preferita dal Cavaliere è una "lavanderia"?
La procura di Milano, insomma, ipotizza che la banca preferita dal Cavaliere sia una sorta di lavanderia per il denaro sporco. La cosa, ovviamente, preoccupa Palazzo Chigi. Non solo perché Arner Italia custodisce i segreti di almeno tre società (le ormai celebri Holding) attraverso cui Marina e Piersilvio Berlusconi controllano parte del capitale Fininvest.
O perché il conto numero uno dell'istituto è intestato al premier.
A far paura sono pure le indagini sul ruolo dell'avvocato Giovanni Acampora, già condannato con Previti nei processi "Toghe sporche". Tra la Arner e Acampora pare esserci un legame antico e mai interrotto. Tanto che Arner è il perno di un business seguito da legale molto da vicino: le operazioni finanziarie per acquistare e ristrutturare il Grand Hotel di via Veneto, a Roma.
Un affare misterioso da 50 milioni di euro che solo le eventuali rogatorie estere potranno chiarire. Un bel problema per gli uomini della banca del premier. Dopo l'approvazione dello scudo fiscale la Svizzera e molti altri paesi off-shore sono sul piede di guerra contro il governo italiano. E minacciano ritorsioni. Scoprire la verità, questa volta, potrebbe essere molto più facile del solito.
http://www.ilsalvagente.it/Sezione.jsp?titolo=Arner%20bank,%20la%20finanza%20
In controtendenza, potrete leggere un articolo de "il giornale" di Feltri, uscito il giorno dopo la messa in onda della trasmissione "report" e del quale allego il link.
http://www.ilgiornale.it/interni/e_report_mescola_affaristi_boss_e_banca_vip/16-11-2009/articolo-id=399376-page=0-comments=1
Come potrete notare, non c'è alcuna smentita, è solo il tentativo osceno di ridicolizzare la serietà dell'inchiesta.
Cosa non farebbe Feltri per difendere il "suo" amato premier, il mr. B che, già al calduccio del suo stato di feto, sperimentava come e cosa fare per creare un impero economico dal nulla utilizzando capitali mafiosi e corrompendo chiunque gli capitasse a tiro?
Interessanti da leggere anche questi altri articoli relativi all'argomento:
http://www.clandestinoweb.com/number-news/84707-linchiesta-di-report-la-banca-arner-e-quei-conti-del-pr.html
http://www.corriere.it/economia/09_novembre_16/report_premier_3cf65452-d27d-11de-a0b4-00144f02aabc.shtml
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