Il governo permette alle aziende di usare gli elenchi del telefono come indirizzari per inviare lettere promozionali. A meno che l'utente non si opponga espressamente. Pizzetti a Repubblica.it: "Le nostre cassette si riempiranno di posta indesiderata"
La brutta sorpresa è contenuta nel decreto sviluppo, giàal centro di polemiche 1 per la norma sulla privatizzazione delle spiagge. Il provvedimento approvato il 5 maggio estende alla posta cartacea le regole varate di recente 2 per il telemarketing. Significa: libertà di contattare a scopi pubblicitari chiunque non abbia preventivamente negato il consenso. Lo si può fare iscrivendo il proprio numero di telefono - e presto anche il proprio indirizzo di casa - al registro delle opposizioni - http://www.registrodelleopposizioni.it/.
La mossa del governo capovolge completamente la disciplina della pubblicità postale: fino a oggi era vietato spedire una lettera promozionale senza aver prima chiesto il consenso del destinatario. Una regola che aveva solo alcune eccezioni: era permesso il volantinaggio anonimo e le aziende potevano contattare per posta i propri clienti abituali, secondo le disposizioni del garante della privacy. Ma non si poteva cercare sull'elenco l'indirizzo di una persona e mandargli in busta, con il suo nome, la pubblicità.
Un sistema che, fa notare il Garante, aveva dato buona prova di sé: "Le aziende sostanzialmente avevano imparato a rispettare i nostri provvedimenti di divieto. Si era ridotta, negli ultimi anni, la quantità di posta nelle cassette e si era tornati a una situazione civile". Ma il governo ha reputato (per la posta così come già per il telefono) che il regime precedente (basato su consenso preventivo) fosse troppo rigido e penalizzasse la strategia commerciale delle aziende. Rischiando di ripristinare un malcostume che si credeva ormai superato.
Certo, l'utente può difendersi iscrivendo il suo nominativo al registro delle opposizioni. Una soluzione che presenta diverse criticità: innanzitutto perché si chiede comunque un azione dell'utente per essere escluso dal bombardamento pubblicitario (il cosiddetto opt-out), mentre per i consumatori sarebbe certamente preferibile non essere contattati senza espresso consenso preventivo (modalità opt-in). Ma soprattutto perché il registro, per ammissione dello stesso Garante, non sembra funzionare a dovere: "Questo strumento funziona con difficoltà e viene ampliamente violato dalle aziende", nota Pizzetti. "Molti utenti ci segnalano di ricevere telefonate pubblicitarie indesiderate anche se hanno negato il consenso".
Dalla Fondazione Ugo Bordoni, che gestisce il registro delle opposizioni, spiegano che questo strumento difende solo dalle chiamate basate sull'elenco telefonico. Non vieta invece alle aziende di telefonare a numeri iscritti in altri elenchi. Le telefonate importune potrebbero arrivare lo stesso perché l'utente vi ha dato il consenso, inavvertitamente, su un modulo firmato per esempio in un supermercato o nel negozio di un operatore. In questo caso, l'utente dovrebbe fare uno sforzo di memoria e contattare il soggetto a cui ha dato il consenso, per annullarlo. Ma al Garante risultano anche casi di persone che non avevano dato mai il consenso a nessuno, si erano iscritti al registro e hanno ricevuto lo stesso telefonate pubblicitarie. Del resto, il deterrente per le aziende sono solo le sanzioni del Garante, da 30 mila a 300 mila euro. Ad oggi, gli iscritti al registro delle opposizioni sono circa 400 mila, rispetto a 17 milioni di abbonati presenti in elenco.
Un sistema che, fa notare il Garante, aveva dato buona prova di sé: "Le aziende sostanzialmente avevano imparato a rispettare i nostri provvedimenti di divieto. Si era ridotta, negli ultimi anni, la quantità di posta nelle cassette e si era tornati a una situazione civile". Ma il governo ha reputato (per la posta così come già per il telefono) che il regime precedente (basato su consenso preventivo) fosse troppo rigido e penalizzasse la strategia commerciale delle aziende. Rischiando di ripristinare un malcostume che si credeva ormai superato.
Certo, l'utente può difendersi iscrivendo il suo nominativo al registro delle opposizioni. Una soluzione che presenta diverse criticità: innanzitutto perché si chiede comunque un azione dell'utente per essere escluso dal bombardamento pubblicitario (il cosiddetto opt-out), mentre per i consumatori sarebbe certamente preferibile non essere contattati senza espresso consenso preventivo (modalità opt-in). Ma soprattutto perché il registro, per ammissione dello stesso Garante, non sembra funzionare a dovere: "Questo strumento funziona con difficoltà e viene ampliamente violato dalle aziende", nota Pizzetti. "Molti utenti ci segnalano di ricevere telefonate pubblicitarie indesiderate anche se hanno negato il consenso".
Dalla Fondazione Ugo Bordoni, che gestisce il registro delle opposizioni, spiegano che questo strumento difende solo dalle chiamate basate sull'elenco telefonico. Non vieta invece alle aziende di telefonare a numeri iscritti in altri elenchi. Le telefonate importune potrebbero arrivare lo stesso perché l'utente vi ha dato il consenso, inavvertitamente, su un modulo firmato per esempio in un supermercato o nel negozio di un operatore. In questo caso, l'utente dovrebbe fare uno sforzo di memoria e contattare il soggetto a cui ha dato il consenso, per annullarlo. Ma al Garante risultano anche casi di persone che non avevano dato mai il consenso a nessuno, si erano iscritti al registro e hanno ricevuto lo stesso telefonate pubblicitarie. Del resto, il deterrente per le aziende sono solo le sanzioni del Garante, da 30 mila a 300 mila euro. Ad oggi, gli iscritti al registro delle opposizioni sono circa 400 mila, rispetto a 17 milioni di abbonati presenti in elenco.
Alla faccia della privacy!
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