Forse si farà un talk show sulla morte del talk show ma è sicuro che Mario Monti non andrà a cucinare il risotto da Bruno Vespa, che l’ammiraglio Giampaolo Di Paola non frequenterà ‘Servizio Pubblico’ di Santoro per litigare in diretta con i pacifisti e che la signora Anna Maria Cancellieri non chiederà a Fabio Fazio di recitare anche lei, per par condicio, il suo bravo elenco. E non è solo un problema di buona educazione, di un altro stile, di una diversa antropologia. I nuovi ministri sono funzioni e non carriere politiche, sono capacità e competenze tecniche e non casacche, sono gatti che devono solo acchiappare il topo e dunque non hanno colore. E si capiva benissimo ieri quando Monti ha presentato il governo e ha risposto alle domande con lunghe frasi molto corrette ma evasive, immobile, le mani bianche bianche, senza alcuna emozione, mai niente fuori posto, una funzione appunto quasi incorporea.
Il governo del Presidente cala dunque il sipario sull’era del dibattito pulp. Perde di interesse il confronto-scontro tra Alfano e Bersani e non solo perché entrambi i segretari appoggiano Monti ma perché, pur mantenendo i loro importanti ruoli, hanno perso la vetrina ed è probabile che diventino persino cerimoniosi. Sicuramente vanno nell’ archivio delle memorie d’epoca i e , i vaffanculo, quello di La Russa e quello di Vendola, le urla di Rotondi, gli strepiti della Santanché, il di D’Alema. Finisce lo spettacolo di sbranamento e calci in bocca che più di tutto ha convinto gli italiani di essere migliori dei loro rappresentanti politici e ha legittimato lo stesso ricorso ai tecnici.
Certo, dietro la funzione tecnica dei vari Passera, Profumo e Severino si intravedono le persone, e alcune potrebbero anche dover trattenere un carattere vanitoso o salottiero e magari pure litigioso, ma le funzioni non hanno addosso il grasso della politica, hanno il silenzio e la misura come orizzonte, e perciò non arrederanno i ministeri, non arriveranno con gli scatoloni per fare casa e alcova ma solo ufficio, non hanno le clientele e vedremo se Monti nominerà un portavoce, un capufficio stampa, e quanti portaborse gli gireranno attorno. Sappiamo che si sono scatenate le damazze dei salotti romani, è lì che si fanno le prove dei talk show, i posti a tavola corrispondono alle culture di riferimento come a Ballarò, il casting è laborioso come a Porta a porta. E’ il generone romano che definitivamente viene sparecchiato insieme ai tele-ring.
Per adesso i cronisti televisivi non dispongono neppure di quelle immagini in movimento che in gergo si chiamano “la macchia”, il repertorio da far partire quando si pronunzia un certo nome. E si capisce che al tg1 di Minzolini siano sbandati visto che nel giro di qualche giorno sono tornati in redazione gli epurati e gli autosospesi. Per loro anche il ‘panino’ è diventato un problema.
Probabilmente sono difficoltà a tempo, saranno risolte. E’ invece sicuro che questi ministri non potranno mai partecipare ai dibattiti televisivi di forte risonanza arcitaliana, esagerati ed esagitati, in perenne emergenza che hanno fatto capire al Paese l’imbarbarimento della classe dirigente. La differenza infatti tra questi governanti e i loro predecessori è la stessa che c’è tra gli occhi e la vista, tra la mano e la prensilità, tra l’aggettivo e il sostantivo, tra l’apparire e l’essere.
Escono dunque dalla scena della televisione italiana, insieme a Berlusconi, grande regista della comunicazione truccata e al tempo stesso sbracata, le telefonate in diretta contro , l’invito a Iva Zanicchi di lasciare subito lo studio, e diventano duri i tempi non solo per i presenzialisti come Di Pietro, Cicchitto, Gasparri, Gelmini, Casini, Polverini…, convinti che la loro importanza politica si misuri in minutaggio televisivo, ma anche per i conduttori che perdendo i loro campioni esaltati non avranno più la garanzia dello share, dell’audience, dell’ascolto. Hanno costruito la loro fortuna con le esibizioni dei gladiatori realizzando spettacoli indimenticabili di pop politico, e basta ricordare il dialogo stralunato tra la Santanché e Celentano. Ma adesso, non potendo più ricorrere ai paroloni e alle parolacce di Brunetta e alle rispostacce della Bindi, i bravissimi colleghi potrebbero finalmente dimostrarci che si può fare giornalismo politico anche senza eccitare con il forcone il divo, il mezzodivo o la mezzacalzetta. E potrebbero dunque farci vedere, magari solo per un po’, quei bellissimi programmi che certamente sanno fare e che tante volte hanno promesso.
Vanno definitivamente in soffitta o meglio in cantina i cosiddetti caratteri, come Stracquadanio, la Brambilla, Lupi e Crosetto, e ovviamente con loro i giornalisti, le stelline e le macchiette del sabato e della domenica, gli opinionisti supplenti del week end, sempre madidi e sconvolti ma alla fiera del ribasso con i loro tic, in maniche di camicia come Bocchino e compulsando il tablet per mostrarsi in perenne contatto con ‘il popolo della rete’.
Certo, ci sono almeno due rischi. Il primo è che possa sparire non solo lo show ma anche il talk. E’ ovvio che i tecnici si chiudano nella gravitas, in un impegno che è serio e che non consente chiacchiere. Debbono realizzare risultati senza tenere calda la piazza, senza rendere conto alla propria tifoseria. L’afasia naturale di un esecutivo che ha poco da dire e molto da fare potrebbe diventare mancanza di trasparenza con i cittadini ridotti come i parenti che aspettano fuori dalla sala operatoria. Arriverà il referto. Prima, solo bollettini sanitari, solo comunicati.
Poi c’è un altro pericolo. Tecnici, saggi, professori, esperti: la politica e’ un’ infezione che in Italia ha sempre contagiato tutti. Giulio Tremonti per esempio era un tecnico, eletto nelle liste del Patto Segni cominciò a trasformarsi in un politico. Altri come Antonio Martino e Giuliano Urbani subirono l’ operazione chirurgica sui divani di Montecitorio, come era già capitato del resto a Bruno Visentini e a Giuliano Amato, allo stesso Giovanni Spadolini, a Giuliano Vassalli, a Guido Carli, a Carlo Azeglio Ciampi, e persino a Francesco De Lorenzo, medico e professore illustre che fu, come si dice, prestato alla politica, divenne ministro della Sanità e Dio sa se fu un errore.
Ma in fondo la televisione servirà anche a questo: a mettere a dura prova le eventuali fragilità di questi tecnici, perché . Indimenticabile fu Lamberto Dini che non solo sbarcò in tv, ma portò pure la sua signora.
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