Caro Presidente,
milioni di cittadini italiani, in un momento di crisi economica ed istituzionale senza precedenti nella storia nel nostro Paese, stanno assistendo ad un indecoroso spettacolo nel quale alla magistratura che indaga su una presunta trattativa tra lo Stato e la mafia, cercando di accertare fatti e responsabilità, la Presidenza della Repubblica oppone il segreto e la riservatezza delle conversazioni telefoniche del Capo dello Stato.
Questo media e politici, ormai da settimane, vanno raccontando – a torto o a ragione – e di questo i cittadini sono ormai convinti.
Che si tratti di una distorsione dei fatti o della realtà, conta, a questo punto, davvero poco.
Milioni di cittadini italiani assistono o sono convinti di assistere ad un vergognoso scontro tra poteri dello Stato, proprio nel momento in cui avrebbero più bisogno di guardare verso il colle che Lei abita e di trovarvi la più alta e rassicurante espressione delle istituzioni e dei valori democratici sui quali è fondato il nostro Paese.
Non sono tra quelli – e come sa ce ne sono molti anche illustri – che ritengono che Lei non avrebbe dovuto chiedere alla Corte Costituzionale di pronunciarsi sulla legittimità o illegittimità delle intercettazioni di alcune conversazioni tra Lei e l’ex Presidente del Senato Nicola Mancino.
Se lo ha fatto nella sincera convinzione che il segreto delle conversazioni del Presidente della Repubblica anche rispetto alle orecchie dei magistrati sia una garanzia prevista dalla legge ed indispensabile a consentire al Capo dello Stato – chiunque esso sia – di svolgere al meglio il proprio compito, ha fatto il suo dovere.
Personalmente non credo che certi segreti siano istituzionalmente né utili né sostenibili, ma questo, naturalmente, conta davvero poco.
Il punto, ora, è un altro.
Lei sa benissimo, caro Presidente, che il contenuto delle conversazioni tra Lei e Nicola Mancino è, ormai, noto ad alcuni – non molti ma neppure pochissimi – e non può sfuggirLe da grande ed attento osservatore della storia che, come insegna la recente vicenda Wikileaks, il contenuto di quelle conversazioni, nelle mani di pochi, rappresenta, allo stato, uno straordinario strumento di ricatto e minaccia democratica e istituzionale.
Nelle prossime settimane – se non è già avvenuto – il contenuto di quelle conversazioni finirà nell’agone politico pre-elettorale e sarà utilizzato per influenzare l’esito delle consultazioni, per garantire a qualcuno seggi, poltrone e potere e chissà per quali altri imponderabili impropri utilizzi.
Il privilegio informativo sul contenuto di quelle telefonate costituisce una pericolosissima mina di destabilizzazione istituzionale che deve essere disinnescata senza ritardo.
Solo Lei può farlo.
È per questo che Le chiedo di procedere alla pubblicazione, sul sito internet del Quirinale, del contenuto di quelle conversazioni che prima che l’accidentale risultato investigativo di una procura, rappresenta un fatto storico di grandissimo rilievo: il Capo dello Stato e l’ex seconda carica dello Stato che parlano al telefono a proposito – presumibilmente – di una trattativa tra lo Stato e la mafia.
È l’unico modo per disinnescare la vera minaccia che incombe sul Paese, per dimostrare ai cittadini italiani che esiste ancora un’Istituzionie repubblicana che antepone il bene democratico all’egoistico interesse di chi la rappresenta e, soprattutto, per insegnare che nell’era di Internet e dell’informazione globale la migliore medicina democratica è la trasparenza perché non è più stagione di segreti anche ammesso che esistano ancora.
La ringrazio, se avrà avuto la bontà di leggermi, per l’attenzione e aspetto di leggerLa sul sito del Quirinale.
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