Silvio Berlusconi
Sotto la direzione del fondatore, Lamberto Sechi, un tempo «Panorama» si fregiava dello slogan «I fatti separati dalle opinioni». Con minori pretese, oggi il settimanale della Mondadori berlusconiana potrebbe convertirlo in quello più dimesso «Le notizie confuse con le invenzioni». La pubblicazione delle presunte intercettazioni, senza virgolette e quindi non testuali, delle telefonate fra il presidente Giorgio Napolitano e l’ex ministro Nicola Mancino in ordine alla presunta trattativa fra lo Stato e la mafia, inaugura un genere tanto inedito quanto inattendibile. Quello delle rivelazioni impossibili. O peggio, delle rivelazioni incontrollate e incontrollabili. Le rivelazioni-patacca.
Nei rischi del nostro imprevedibile mestiere, può capitare a volte — per fretta o trascuratezza — di dare notizie inesatte, infondate, non veritiere. E in genere, quando un errore viene commesso in buona fede, si usa farne pubblica ammenda. Ma qui il caso è tutto affatto diverso: senza voler giudicare la deontologia professionale di nessuno, siamo di fronte a un modello di giornalismo dichiaratamente immaginifico, ipotetico, fantasioso. Un giornalismo al di fuori della realtà. Lo «scoop» fasullo del settimanale mondadoriano dischiude quindi nuovi orizzonti e scenari inesplorati alla nostra controversa professione.
D’ora in poi, lungo questa china, chiunque potrebbe sentirsi autorizzato a inventare qualsiasi cosa. Pensate, per esempio, a un colloquio riservato tra Silvio Berlusconi e la cancelliera Angela Merkel: impossibile, impensabile, irreale. Oppure a una telefonata indiscreta fra l’ex presidente del Consiglio e l’ex ministro Umberto Bossi, assistito magari dal figlio per la traduzione simultanea dal lumbàrd all’italiano. O ancora, a una conversazione intima fra il Cavaliere e la consigliera regionale Nicole Minetti: una barzelletta spinta, una storiella a luci rosse.
In tutto questo non può certamente essere trascurato il fatto che il giornale in questione appartiene al Gruppo editoriale del medesimo Berlusconi. E allora, come ha scritto ieri il direttore del nostro giornale, ecco che la verità viene sopraffatta dalla demagogia sotto l’influsso di quel «ribellismo populista» che punta a sovvertire il precario equilibrio di governo, minacciando gli assetti istituzionali. La denuncia del cosiddetto «ricatto» al presidente della Repubblica risulta perciò opportunistica e strumentale: anzi, rischia di tradursi essa stessa in un ricatto.
La torbida vicenda delle intercettazioni sulla trattativa Stato-mafia s’intreccia così con il messianico annuncio del ritorno in campo del Cavaliere; con l’irresponsabile richiesta di elezioni anticipate e infine con il maldestro tentativo di baratto sulla riforma elettorale da parte di ciò che resta del centrodestra. Una manovra politica chiaramente destabilizzante, avventurosa e avventurista, sulla pelle del Paese.
Sono falsi d’autore, dunque, quelli che il settimanale della Mondadori propina all’opinione pubblica, con tanto di firma autografa. Falsi sottoscritti e autenticati da un potere che non si rassegna alla propria sconfitta e al proprio irreversibile declino. Ma il nome e cognome dell’autore sono in calce agli ultimi orribili vent’anni della storia italiana.
Sono falsi d’autore, dunque, quelli che il settimanale della Mondadori propina all’opinione pubblica, con tanto di firma autografa. Falsi sottoscritti e autenticati da un potere che non si rassegna alla propria sconfitta e al proprio irreversibile declino. Ma il nome e cognome dell’autore sono in calce agli ultimi orribili vent’anni della storia italiana.
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