Nonostante il parere negativo della Procura generale della Cassazione, la Suprema Corte – con la sentenza 34945 – ha dato il via libera alla sospensione dell’esecuzione della pena (beneficio previsto per chi ha condanne inferiori ai tre anni), e dunque all’uscita dal carcere se non detenuti per altra causa, ai condannati per violenza sessuale che hanno commesso stupri in vicende di “minore gravità”, come le definisce l’art. 609bis del codice penale che prevede già, in simili ipotesi non meglio specificate, forti riduzioni sull’entità della condanna.
A beneficiare di questa decisione, emessa dalla Sezione feriale della Suprema Corte, è stato un tunisino di 28 anni, Bilel B.,condannato per violenza sessuale, nella fattispecie definita “attenuata”, a un anno e otto mesi di reclusione. All’imputato, la Corte di Appello di Roma – giudice dell’esecuzione – aveva negato la sospensione dell’esecuzione del residuo pena pari a dieci mesi e 23 giorni di carcere, tolto quanto già scontato in cella, sostenendo che proprio la natura del reato commesso, indipendentemente dalla sua gravità o tenuità, era “ostativa alla sospensione dell’esecuzione della pena”. Ma la Cassazione, accogliendo il ricorso dell’avvocato Monica Schipani, legale di Bilel B., ha sottolineato che “il condannato per violenza sessuale, di riconosciuta minore gravità, non è soggetto a limitazione nell’accesso ai benefici penitenziari, diversamente dai condannati per altri delitti in materia di libertà sessuale e per lo stesso reato di violenza sessuale, ove non attenuato”. Anche in questi altri casi, rilevano i supremi giudici, la sospensione della pena può essere concessa ma “solo sulla base dell’osservazione scientifica della personalità condotta collegialmente per almeno un anno” anche con la “partecipazione di esperti”.
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