(o la storia della Seconda Guerra Mondiale che non si sente spesso in Occidente).
Ogni 9 maggio la Federazione Russa celebra la sua festa nazionale più importante, la Giornata della Vittoria, il den’ pobedi.
Durante le prime ore di quel giorno nel 1945 il Maresciallo Georgij Konstantinovič Žukov, comandante del 1° Fronte bielorusso, che aveva preso d’assalto Berlino, ricevette la resa incondizionata tedesca. La Grande Guerra Patriottica era andata avanti per 1418 giorni di inimmaginabile violenza, brutalità e distruzione. Da Stalingrado e dal Caucaso settentrionale e dalla periferia nord-occidentale di Mosca alle frontiere occidentali dell’Unione Sovietica a Sebastopoli nel sud e Leningrado e ai confini con la Finlandia, nel nord, il paese era stato devastato. Si stima che 17 milioni di civili, uomini, donne e bambini, siano morti, anche se nessuno conoscerà mai la cifra esatta. Villaggi e città furono distrutti; famiglie vennero spazzate via senza che nessuno le ricordasse o piangesse la loro morte.
Ogni 9 maggio la Federazione Russa celebra la sua festa nazionale più importante, la Giornata della Vittoria, il den’ pobedi.
Durante le prime ore di quel giorno nel 1945 il Maresciallo Georgij Konstantinovič Žukov, comandante del 1° Fronte bielorusso, che aveva preso d’assalto Berlino, ricevette la resa incondizionata tedesca. La Grande Guerra Patriottica era andata avanti per 1418 giorni di inimmaginabile violenza, brutalità e distruzione. Da Stalingrado e dal Caucaso settentrionale e dalla periferia nord-occidentale di Mosca alle frontiere occidentali dell’Unione Sovietica a Sebastopoli nel sud e Leningrado e ai confini con la Finlandia, nel nord, il paese era stato devastato. Si stima che 17 milioni di civili, uomini, donne e bambini, siano morti, anche se nessuno conoscerà mai la cifra esatta. Villaggi e città furono distrutti; famiglie vennero spazzate via senza che nessuno le ricordasse o piangesse la loro morte.
Dieci milioni o più di soldati sovietici morirono nella lotta per espellere il mostruoso invasore nazista, e infine occupare Berlino alla fine di aprile 1945. I morti dell’Armata Rossa furono lasciati insepolti in mille luoghi lungo i percorsi verso ovest o in fosse comuni non segnate, non essendoci il tempo per una corretta identificazione e sepoltura. La maggior parte dei cittadini sovietici perse i membri della famiglia durante la guerra. Nessuno rimase indenne.
La Grande Guerra Patriottica iniziò alle 3:30 del mattino, il 22 giugno 1941, quando la Wehrmacht nazista invase l’Unione Sovietica lungo un fronte che si estendeva dal Baltico al Mar Nero con 3,2 milioni di soldati tedeschi, organizzati in 150 divisioni, sostenuti da 3.350 carri armati, 7.184 pezzi di artiglieria, 600.000 camion, 2.000 aerei da guerra. Le forze finlandesi, italiane, romene, ungheresi, spagnole, slovacche, tra gli altri, alla fine si unirono all’attacco. L’alto comando tedesco calcolò che l’Operazione Barbarossa avrebbe impiegato solo 4-6 settimane per finire l’Unione Sovietica. In occidente, l’intelligence militare statunitense e quella britannica concordavano. Inoltre, quale forza aveva mai battuto la Wehrmacht? La Germania nazista era il colosso invincibile; la Polonia era stata distrutta in pochi giorni; il tentativo anglo-francese di difendere la Norvegia fu un fiasco; quando la Wehrmacht attaccò ad ovest, il Belgio si affrettò a lasciare il combattimento; la Francia crollò in poche settimane; l’esercito britannico venne cacciato da Dunkerque senza più nulla, senza armi da fuoco o camion; nella primavera del 1941, la Jugoslavia e la Grecia scomparvero nel giro di poche settimane a poco prezzo per gli invasori tedeschi.
Ovunque la Wehrmacht avanzasse in Europa, era una passeggiata… Fino al giorno in cui i soldati tedeschi attraversarono le frontiere sovietiche. L’Armata Rossa fu colta di sorpresa, nel bel mezzo di misure di mobilitazione, perché il dittatore sovietico Josif Stalin non credeva agli avvertimenti di pericolo della sua stessa intelligence, ma che fosse una provocazione della Germania hitleriana. Il risultato fu una catastrofe. Ma a differenza della Polonia e diversamente dalla Francia, l’Unione Sovietica non abbandonò il combattimento dopo le previste 4 o 6 settimane. Le perdite dell’Armata Rossa furono inimmaginabili: nei primi tre mesi e mezzo di guerra morirono due milioni di uomini. Le province baltiche andarono perse. Smolensk cadde, e poi Kiev, nella peggiore sconfitta della guerra. Leningrado era circondata. Un vecchio chiese ad alcuni soldati: “Da dove vi state ritirando?” Ci furono sventure ovunque, troppo numerose da menzionare. Ma in luoghi come la Fortezza di Brest e in centinaia di campi e boschi senza nome, incroci stradali e villaggi e città, le unità dell’Armata Rossa combatterono spesso fino all’ultimo soldato. Combatterono per uscire dell’accerchiamento per ricongiungersi alle proprie linee o per sparire nelle foreste e nelle paludi della Bielorussia e dell’Ucraina nordoccidentale, per organizzare le prime unità partigiane ad attaccare la retroguardia tedesca. Alla fine del 1941, tre milioni di soldati sovietici erano morti (principalmente prigionieri di guerra che morirono in mani tedesche); 177 divisioni furono cancellate dall’ordine di battaglia sovietico. Tuttavia, l’Armata Rossa combatté, perfino respingendo i tedeschi a Yelnya, a sud est di Smolensk, alla fine di agosto. La Wehrmacht sentì il morso dell’Armata Rossa malconcia, ma non sconfitta. Le forze tedesche stavano subendo 7000 vittime al giorno, un’esperienza nuova per loro.
Mentre la Wehrmacht avanzava, gli Einsatzgruppen, gli squadroni della morte delle SS, seguivano, uccidendo ebrei, zingari, comunisti, prigionieri di guerra sovietici o chiunque si mettesse sulla loro strada. Collaborazionisti nazisti del Baltico e dell’Ucraina davano una mano negli omicidi di massa. Donne e bambini sovietici venivano denudati e costretti a fare la fila, in attesa dell’esecuzione. Quando arrivava il gelido inverno i soldati tedeschi sparavano agli abitanti del villaggio o li cacciavano dalle loro case, vestiti di stracci come mendicanti, derubandoli dei focolari, dei vestiti invernali e del cibo.
A occidente coloro che avevano predetto un rapido collasso sovietico, i soliti sovietofobi occidentali, vennero buggerati e dovettero rimangiarsi le loro previsioni. L’opinione pubblica capì che la Germania hitleriana era entrata in un pantano, non in un’altra campagna di Francia. Mentre l’uomo comune britannico plaudiva la resistenza sovietica, il governo britannico fece relativamente poco per aiutare. Alcuni ministri del governo erano persino restii a definire alleata l’Unione Sovietica. Churchill si rifiutò di lasciare che la BBC suonasse l’inno nazionale sovietico, l’Internazionale, la domenica sera insieme a quelli degli altri alleati.
L’Armata Rossa si ritirò ancora, ma continuò a combattere disperatamente. Non era una guerra normale, ma una lotta violenta senza precedenti contro un invasore omicida per la patria, la famiglia, il paese, per la vita stessa. A novembre l’Armata Rossa lanciò degli opuscoli sulle linee tedesche, che citavano Carl von Clausewitz, il teorico militare prussiano: “È impossibile mantenere o conquistare la Russia”. Era una vera spacconata in quelle circostanze, ma era anche la verità. Alla fine, davanti a Mosca, nel dicembre del 1941, l’Armata Rossa, sotto il comando di Žukov, respinse le truppe della Wehrmacht trecento chilometri a sud. L’immagine dell’invincibilità nazista fu distrutta. La Barbarossa era troppo ambiziosa, la blitzkrieg aveva fallito e la Wehrmacht subì la sua prima sconfitta strategica. A Londra Churchill accettò, a malincuore, di lasciare che la BBC suonasse l’inno nazionale sovietico.
Nel 1942 l’Armata Rossa continuò a subire sconfitte e pesanti perdite, combattendo quasi da sola. Nel novembre di quell’anno a Stalingrado sul Volga, tuttavia, l’Armata Rossa lanciò una controffensiva, che portò ad un’importante vittoria e alla ritirata della Wehrmacht sulle sue linee di partenza nella primavera del 1942… Tranne che per la Sesta Armata tedesca, catturata nel kotel o calderone di Stalingrado. Lì, 22 divisioni tedesche, alcune delle migliori di Hitler, furono distrutte. Stalingrado fu la Verdun della Seconda Guerra Mondiale. “È un inferno”, disse un soldato. “No… questo è dieci volte peggio dell’inferno”, lo corresse qualcun altro. Alla fine dei combattimenti invernali del 1943, le perdite dell’Asse furono sbalorditive: 100 divisioni tedesche, italiane, romene, ungheresi furono distrutte o fatte a pezzi. Il Presidente degli Stati Uniti, Franklin Roosevelt, riconobbe che le sorti della guerra erano cambiate: la Germania hitleriana era condannata.
Era il febbraio del 1943. In quel mese non c’era una sola divisione britannica, americana o canadese che combattesse in Europa contro la Wehrmacht. Non una. Allo sbarco in Normandia mancavano sedici mesi. Gli inglesi e gli americani stavano all’epoca combattendo due o tre divisioni tedesche in Nord Africa, uno spettacolo collaterale rispetto al fronte sovietico. L’opinione pubblica occidentale sapeva chi stava portando il fardello della guerra contro la Wehrmacht. Nel 1942, l’80% delle divisioni dell’Asse era schierato contro l’Armata Rossa. All’inizio del 1943 c’erano 207 divisioni tedesche sul fronte orientale. I tedeschi tentarono un’ultima spinta, un’ultima offensiva contro il saliente di Kursk nel luglio del 1943. Quell’operazione fallì. L’Armata Rossa quindi lanciò una controffensiva in tutta l’Ucraina, che portò alla liberazione di Kiev a novembre. Più a nord, Smolensk era stata liberata il mese prima.
Lo spirito del popolo sovietico e della sua Armata Rossa era formidabile. Il corrispondente di guerra Vasilij Semënovič Grossman ha catturato la sua essenza nei suoi diari personali. “Notte, tempesta di neve”, scrisse all’inizio del 1942, “Veicoli, artiglieria. Si stanno muovendo in silenzio. All’improvviso si sente una voce roca. “Ehi, qual è la strada per Berlino?” Un ruggito di risate”.
I soldati non erano sempre coraggiosi. A volte scappavano. “Un commissario di battaglione armato di due revolver cominciò a gridare: “Dove state andando figli di puttana, dove? Avanzate, per la nostra Patria, per Gesù Cristo, figli di puttana! Per Stalin, figli di puttana!””… Tornarono alle loro posizioni. Quei compagni furono fortunati; il commissario avrebbe potuto spararli tutti. A volte lo faceva. Un soldato si offrì volontario per giustiziare un disertore. “Hai avuto pietà di lui?” Chiese Grossman. “Come si può parlare di pietà”, rispose il soldato. A Stalingrado sette uzbeki vennero riconosciuti colpevoli di autolesionismo. Vennero tutti fucilati. Grossman lesse una lettera trovata nella tasca di un soldato sovietico morto. “Mi manchi tanto. Per favore, vieni a trovarci… Sto scrivendo questo, e le lacrime si stanno riversando. Papà, per favore, torna a casa e facci visita”.
Le donne combattevano a fianco degli uomini come cecchini, artiglieri, carristi, piloti, infermiere partigiane. Mandavano anche avanti il fronte interno. “I villaggi sono diventati il regno delle donne”, scrisse Grossman, “Guidano trattori, fanno la guardia a magazzini e stalle… Le donne portano sulle loro spalle il grande fardello del lavoro. Dominano… mandano pane, aerei, armi e munizioni al fronte”. Quando la guerra arrivò sul Volga, non rimproverarono i loro uomini di aver rinunciato a tanto terreno. “Le donne guardano e non dicono niente”, scrisse Grossman, “…non una parola dura”. Ma nei villaggi vicino al fronte, a volte lo facevano.
Nel frattempo, gli alleati occidentali attaccarono l’Italia. Stalin aveva richiesto a lungo un secondo fronte in Francia, cosa alla quale Churchill oppose resistenza. Voleva attaccare il “ventre molle” dell’Asse non per aiutare l’Armata Rossa, ma per ostacolare la sua avanzata nei Balcani. L’idea era di avanzare rapidamente a nord dello stivale italiano, quindi dirigersi a est verso i Balcani per tenere fuori l’Armata Rossa. La strada verso Berlino era tuttavia a nord-est. Il piano di Churchill fu un fallimento; gli alleati occidentali non arrivarono a Roma fino al giugno del 1944. C’erano circa 20 divisioni tedesche in Italia che combattevano contro le forze alleate superiori di numero. Ad est c’erano ancora più di duecento divisioni dell’Asse, dieci volte quelle in Italia. Il 6 giugno 1944, quando l’Operazione Overlord ebbe inizio in Normandia, l’Armata Rossa si trovava sulle frontiere polacche e romene. Una quindicina di giorni dopo lo sbarco in Normandia, l’Armata Rossa lanciò l’Operazione Bagration, un’enorme offensiva che si incuneò nel centro del fronte orientale tedesco e portò ad un’avanzata di 500 chilometri verso ovest, mentre gli alleati occidentali erano ancora fermi sulla penisola normanna del Cotentin l’Armata Rossa era diventata una potenza inarrestabile. Era solo una questione di tempo prima della distruzione della Germania nazista. Quando la guerra finì nel maggio 1945, l’Armata Rossa aveva rappresentato la causa dell’80% delle perdite della Wehrmacht, e quella percentuale era molto più alta prima dell’invasione della Normandia. “Coloro che non hanno mai provato tutta l’amarezza dell’estate del 1941”, scrisse Vasilij Grossman, “non potranno mai apprezzare pienamente la gioia della nostra vittoria”. Le truppe e il popolo cantavano molti inni di guerra [in francese] per tenere alto il morale. Sviashchennaia voina, “La Guerra Sacra” era uno dei più popolari. I russi si alzano ancora in piedi quando lo sentono.
Gli storici spesso discutono su quando sia avvenuta la svolta decisiva della guerra nel teatro europeo. Alcuni propongono il 22 giugno 1941, il giorno in cui la Wehrmacht ha attraversato le frontiere sovietiche. Altri indicano le battaglie di Mosca, Stalingrado o Kursk. Durante la guerra l’opinione pubblica occidentale sembrava più favorevole all’Armata Rossa di alcuni leader occidentali, Winston Churchill, per esempio. Roosevelt era migliore, un leader politico più pragmatico, che riconosceva facilmente il ruolo preponderante dei sovietici nella guerra contro la Germania nazista. L’Armata Rossa, disse a un generale dubbioso nel 1942, stava uccidendo più soldati tedeschi e distruggendo più carri armati tedeschi di tutti gli altri alleati messi insieme. Roosevelt sapeva che l’Unione Sovietica era il fulcro della grande coalizione contro la Germania nazista. Io chiamo FDR il padrino della “grande alleanza”. Tuttavia, nell’ombra si nascondevano i soliti odiatori dell’Unione Sovietica, che stavano solo aspettando il loro momento prima di emergere di nuovo. Quanto maggiore era la certezza della vittoria sulla Germania nazista, tanto più rumorosi divennero gli oppositori della grande alleanza.
Gli americani possono essere suscettibili riguardo al ricordo dell’Armata Rossa che recita il ruolo principale nella distruzione della Wehrmacht. “Che ne dite della Legge Affitti e Prestiti”, dicono, “senza le nostre scorte, l’Unione Sovietica non avrebbe potuto sconfiggere i tedeschi”. In effetti, la maggior parte delle forniture della Legge Affitti e Prestiti non arrivarono nell’URSS fino a dopo Stalingrado. I soldati dell’Armata Rossa chiamavano scherzosamente il cibo arrivato tramite la Legge Affitti e Prestiti il “secondo fronte”, dato che quello vero tardava ad arrivare. Nel 1942 l’industria sovietica stava già surclassando la Germania nazista nelle principali categorie di armamenti. Il T-34 era un carro armato americano o sovietico? L’educato Stalin ricordava sempre di ringraziare il governo degli Stati Uniti per le jeep e gli autocarri Studebaker, perché avevano aumentato la mobilità dell’Armata Rossa. Dissero i russi, voi avete contribuito con l’alluminio, noi abbiamo contribuito con il sangue… fiumi di sangue.
Non appena la guerra finì, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti iniziarono a pensare ad un’altra guerra, questa volta contro l’Unione Sovietica. Nel maggio 1945 l’alto comando britannico ideò l’Operazione “Unthinkable”, un piano top secret per un’offensiva, rinforzata dai prigionieri di guerra tedeschi, contro l’Armata Rossa. Che bastardi ingrati. Nel settembre 1945, gli americani previdero l’uso di 204 bombe atomiche [in inglese] per distruggere l’Unione Sovietica. Il padrino, il Presidente Roosevelt, era morto in aprile, e in poche settimane i sovietofobi americani invertirono la sua politica. La grande alleanza fu solo una tregua in una Guerra Fredda che era iniziata dopo la presa del potere bolscevica nel novembre del 1917, e che riprese nel 1945.
In quell’anno i governi degli Stati Uniti e del Regno Unito dovettero ancora confrontarsi con l’opinione pubblica. L’uomo comune in Europa e negli Stati Uniti sapeva benissimo chi aveva sopportato il peso contro la Wehrmacht. Non si poteva riprendere la vecchia politica di odio contro l’Unione Sovietica così, senza cancellare la memoria del ruolo dell’Armata Rossa nella vittoria della Germania hitleriana. Così i ricordi del patto di non-aggressione nazi-sovietico dell’agosto del 1939 furono tirati fuori dall’armadio, anche se i ricordi della precedente opposizione anglo-francese [in inglese] alle proposte sovietiche di una sicurezza collettiva contro la Germania nazista, e specialmente del tradimento [in inglese] della Cecoslovacchia, vennero omesse dalla nuova narrativa occidentale. Come ladri nella notte, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti svaligiarono il vero resoconto della distruzione della Germania nazista.
Già nel dicembre 1939, gli inglesi pianificarono di pubblicare un libro bianco [in inglese] che incolpava Mosca per il fallimento dei negoziati per un’alleanza anglo-franco-sovietica durante la primavera e l’estate precedenti. I francesi obiettarono perché era più probabile che il libro bianco persuadesse l’opinione pubblica che la parte sovietica fosse stata seria riguardo alla resistenza alla Germania nazista mentre britannici e francesi non lo erano. Il libro bianco venne accantonato. Nel 1948 il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti pubblicò una raccolta di documenti che attribuivano la colpa della Seconda Guerra Mondiale a Hitler e Stalin. Mosca replicò con una propria pubblicazione che dimostrava le affinità occidentali con il nazismo. Iniziò in Occidente la battaglia per far ricordare il Patto di Non-Aggressione dell’Unione Sovietica, e per dimenticare il ruolo preponderante dell’Armata Rossa nel distruggere la Wehrmacht.
Quanti di voi non hanno visto un film di Hollywood che afferma che gli sbarchi in Normandia sono stati la grande svolta della guerra? “E se gli sbarchi fossero falliti?”, si sente spesso. “Oh… non sarebbe successo molto”, è la risposta appropriata. La guerra sarebbe durata più a lungo e l’Armata Rossa avrebbe piantato le sue bandiere sulle spiagge della Normandia provenendo da est. Poi ci sono i film sulla campagna di bombardamenti alleati contro la Germania, il fattore “decisivo” nel vincere della guerra. Nei film di Hollywood sulla Seconda Guerra Mondiale, l’Armata Rossa è invisibile. È come se gli americani (e gli inglesi) rivendicassero gli allori che non hanno guadagnato.
Mi piace chiedere agli studenti del mio corso universitario sulla Seconda Guerra Mondiale, chi ha sentito parlare di Overlord? Tutti alzano la mano. Poi chiedo chi ha sentito parlare dell’Operazione Bagration? Quasi nessuno alza la mano. Chiedo scherzosamente chi ha “vinto” la guerra contro la Germania nazista e la risposta è “l’America”, naturalmente. Solo pochi studenti, di solito quelli che hanno fatto altri corsi con me, risponderanno l’Unione Sovietica.
La verità è una strada in salita in un mondo occidentale dove le “bufale” sono la norma. L’OSCE e il Parlamento europeo danno la colpa della Seconda Guerra Mondiale all’Unione Sovietica, leggasi Russia e il presidente Vladimir Putin. Hitler è quasi dimenticato in questa baraonda di accuse prive di prove. Dietro il falso racconto storico ci sono gli Stati baltici, la Polonia e l’Ucraina, che vomitano odio per la Russia. I Paesi baltici e l’Ucraina ora ricordano i collaboratori nazisti come eroi nazionali e celebrano le loro azioni. In Polonia, per alcune persone, questo è difficile da digerire; si ricordano dei collaboratori nazisti ucraini che hanno assassinato decine di migliaia di polacchi in Volinia. Sfortunatamente, tali ricordi non hanno fermato i teppisti polacchi dal vandalizzare i monumenti alle vittime di guerra dell’Armata Rossa o dal dissacrare i cimiteri di guerra sovietici. I “nazionalisti” polacchi non sopportano la memoria dell’Armata Rossa che libera la Polonia dall’invasore nazista.
In Russia, tuttavia, la propaganda mendace dell’Occidente non ha alcun effetto. L’Unione Sovietica, e anche la Federazione Russa, ha prodotto i suoi film sulla Seconda Guerra Mondiale, i più recenti sono sulla difesa della Fortezza di Brest e di Sebastopoli e sulla Battaglia di Stalingrado. Il 9 maggio di ogni anno i russi ricordano i milioni di soldati che hanno combattuto e sono morti, e i milioni di civili che hanno sofferto e sono morti per mano dell’invasore nazista. I veterani, sempre meno ogni anno, escono con uniformi che spesso non sono della loro misura o giacche logore coperte da medaglie di guerra e ordini militari. “Trattateli con tatto e rispetto”, scrisse Žukov nelle sue memorie: “È un piccolo prezzo dopo quello che hanno fatto per voi nel 1941-1945”. Come avete fatto, mi sono chiesto osservandoli nella Giornata della Vittoria di alcuni anni fa, come avete fatto a farcela, vivendo costantemente con la morte e con così tanto dolore e difficoltà?
Ora, ogni anno nella Giornata della Vittoria, marcia il “reggimento immortale”, il bessmertnyi polk; i russi nelle città di tutto il paese e all’estero marciano insieme portando grandi fotografie di membri della famiglia, uomini e donne, che hanno combattuto in guerra. “Ti ricordiamo”, vogliono dire, “e non ti dimenticheremo mai”.
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Articolo pubblicato su Strategic Culture il 9 maggio 2018.Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.
[le note in questo formato sono del traduttore]
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