Un articolo pubblicato sulla rivista “Astrophysical Journal” descrive lo studio di una sorta di eco generato da un lampo gamma catalogato come GRB 161219B emesso da un buco nero neonato. Le emissioni di raggi gamma sono durate solo sette secondi ma emissioni ad altre frequenze elettromagnetiche sono durate anche per settimane e ciò ha permesso a un team di astronomi di usare il radiotelescopio ALMA per studiare quelle a lunghezze d’onda millimetriche. Esse hanno offerto altre informazioni sul lampo gamma e sulle caratteristiche dei suoi potenti getti.
Il 19 dicembre 2016 l’osservatorio spaziale Swift della NASA rilevò un lampo gamma durato circa 7 secondi. Successivamente, emissioni elettromagnetiche ad altre frequenze vennero rilevate, che includevano una sorta di eco, che permise rilevazioni prolungate nel corso delle settimane successive. Quel lampo gamma venne catalogato come GRB 161219B e venne associato a una supernova, catalogata come SN 2016jca, avvenuta a oltre 2 miliardi di anni luce di distanza.
Tra le varie emissioni elettromagnetiche dell’eco di quel lampo gamma ci sono state quelle a lunghezze d’onda millimetriche rilevate grazie al radiotelescopio ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array), inaugurato nel marzo 2013. Tanmoy Laskar del National Radio Astronomy Observatory, primo autore dello studio, ha spiegato che quelle lunghezze d’onda contengono informazioni sul modo in cui i getti del lampo gamma interagiscono con gas e polvere circostanti.
Le osservazioni condotte con ALMA hanno permesso di ricostruire gli eventi successivi alla supernova SN 2016jca. La stella esplosa ha lasciato un nucleo che ha formato un buco nero che ha emesso il lampo gamma GRB 161219B. I suoi getti hanno colpito i detriti circostanti causando un’onda d’urto inversa, un eco del lampo gamma che è durato molto più a lungo. Tanmoy Laskar ha spiegato che si aspettavano che quell’eco durasse non più di un minuto mentre è durato buona parte di una giornata.
Carole Mundell dell’Università di Bath, un’altra autrice dello studio, ha spiegato che per decenni gli astronomi hanno pensato che l’onda d’urto inversa producesse un bagliore di luce visibile ma finora è stato molto difficile trovarlo nonostante le attente ricerche. Le osservazioni condotte con ALMA mostrano che quelle ricerche potrebbero essere state condotte nel posto sbagliato e che le osservazioni a lunghezze d’onda millimetriche potrebbero costituire la migliore speranza di individuare quelli che ha definito fuochi d’artificio cosmici.
L’immagine (NRAO/AUI/NSF, S. Dagnello) mostra un’impressione artistica dell’onda d’urto inversa mentre torna indietro attraverso i getti del lampo gamma GRB 161219B. Tutta la sequenza degli eventi che hanno generato quell’eco è stata riassunta nell’animazione visibile nel breve filmato (NRAO/AUI/NSF; S. Dangello).
I lampi gamma sono fenomeni estremamente energetici con getti che contengono l’energia che il Sole emette in miliardi di anni. Per questo motivo sono visibili a miliardi di anni luce di distanza. Ne sono stati rilevati molti ma GRB 161219B è solo il quarto per il quale sono state trovate prove di un’onda d’urto inversa e ciò l’ha reso particolarmente interessante.
I materiali attorno alla stella che è collassata erano circa 3.000 volte meno densi del gas che circonda le stelle e le osservazioni effettuate con ALMA suggeriscono che quella bassa densità sia fondamentale per generare le emissioni dell’onda d’urto inversa. Ciò potrebbe spiegare perché quel tipo di eco sia così raro. Uno strumento come ALMA, con la sua sensibilità e la possibilità di puntare rapidamente le antenne per rilevare un evento transitorio, fornisce agli astronomi ottime possibilità di studio.
Eventi come le supernove e i lampi gamma sono generalmente osservati con strumenti di altro tipo ma quando c’è un eco che include emissioni a lunghezze d’onda millimetriche uno studio con il radiotelescopio ALMA può fornire altre informazioni su fenomeni estremi. Le energie rilasciate da quei lampi gamma sono enormi e i getti hanno velocità tali da includere effetti relativistici perciò il loro studio offre la possibilità di migliorare le nostre conoscenze del cosmo in vari modi.
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