martedì 5 novembre 2019

Arcelor/Mittal lascia Ilva. 5 Stelle capro espiatorio. - Roberta Labonia



Strano Paese l’Italia. Tutti pensano di poter fare il cavolo che gli pare. Il Paese del Bengodi fu per i Riva, i precedenti titolari dell’Ilva di Taranto, l’Italia. Prima di venire arrestati per disastro ambientale ed altre amenità, fecero in tempo a provocare la morte di oltre 11mila tarantini per tumori da diossina e patologie neurologiche. Ora la nuova proprietà, la franco indiana ArcelorMittal, subentrata dopo un periodo di commissariamento dell’azienda, pretende di portare avanti il piano di risanamento ambientale sottoscritto con lo Stato Italiano, protetta da uno scudo penale che la metta al riparo da ogni bega giudiziaria per tutta la sua durata. E gioca sporco. Neanche il tempo, giusto il 2 novembre scorso, che Mattarella promulgasse la legge di conversione del DL Imprese che ne ha sancito l’annullamento (lo scudo era stato reintrodotto, pur con delle limitazioni, agli sgoccioli del governo giallo verde), che sul tavolo del Mise Patuanelli, l’attuale Ministro 5 Stelle, si è ritrovato una nota di recesso, indirizzata dall’ArcelorMittal ai Commissari, dal contratto d’affitto d’azienda. Un ricatto bello e buono perché sono in gioco quasi 11mila posti di lavoro.

Si ripropone in tutta la sua tragicità l’eterno conflitto mai risolto dai diversi Governi italiani, quello di dover scegliere fra la salute dei suoi cittadini tarantini e il loro lavoro. Come non fossero due diritti, entrambi, garantiti dalla nostra carta costituzionale. Eppure questi signori, questi francoindiani, che hanno il loro quartier generale nel paradiso fiscale del Lussemburgo, oggi pretendono di avere indietro la “licenza di uccidere” altrimenti se ne vanno. Una clausola inesistente in ogni angolo d’Europa e che, ne sono sicura, prima o poi la nostra Consulta dichiarerà incostituzionale.

Può anche darsi, come ventila il Ministro dello Sviluppo Economico Patuanelli, che questa mossa in realtà nasconda altri obiettivi dei manager aziendali: spararla grossa per poi, magari, ottenere il via libera ad un corposo taglio dei livelli occupazionali e/o dei livelli di produzione, il che tradirebbe l’inefficienza dell’attuale board a capo dell’ex Ilva, incapace di tenere fede agli impegni assunti con il Governo italiano neanche 18 mesi fa. Motivo in più oggi, per recriminare sul fatto che il precedente Governo, nella persona dell’allora ministro Calenda (ministro volutamente minuscolo), non avesse voluto prendere in considerazione l’altra cordata di imprenditori, con a capo Cassa Depositi e Prestiti, interessata a rilevare L’Ilva di Taranto. Una scelta che avrebbe garantito la presenza dello Stato a presidio degli interessi di tutta la comunità tarantina. Trovo infatti intollerabile che uno Stato sovrano possa ritrovarsi nelle condizioni di essere ricattato da un soggetto privato. C’è qualcosa di profondamente marcio in un sistema che consente si possano generare certi paradossi, come è stato quello di Autostrade del resto. Aziende di natura strategica come è L’ex Ilva di Taranto, l’acciaieria più grande d’Europa, per l’Italia, non possono sottostare alla sola logica del profitto, non possono e non devono poter dettare legge, ripeto, ad uno Stato sovrano.

Questi sono, lo dico a posteriori, gli effetti nefasti, le distorsioni, che ha portato con sé un’economia ispirata al liberismo puro, dove l’unico motore ad agire è quello del capitale e della sua remunerazione e in nome delle cui logiche sono stati calpestati i diritti e le tutele di intere generazioni di lavoratori, di intere comunità, come, in questo caso, quella tarantina. E ciò che più mi disgusta in queste ore, è il sentir levarsi le voci indignate di più parti sociali del Paese che, anziché parlare con un unica voce di biasimo a questi capitani di ventura senza scrupoli, dando manforte all’operato del Governo, si schierano dalla loro parte e  attaccano il Governo, reo evidentemente ai loro occhi, di avere ristabilito la supremazia della legge, davanti alla quale ogni soggetto deve essere uguale.

Ho assistito al levarsi di scudi unanime contro il Governo di Confindustria, il che non mi sorprende, fra cani non si mordono, ma anche dei Sindacati, quelli che, per definizione, dovrebbero in primis tutelare la salute e il lavoro dei loro iscritti. Hanno fatto la loro scelta mandando il loro ultimatum al Governo: mantenere i posti di lavoro a tutti i costi, ridiamo lo scudo ad Arcelor e fanculo alle tutele ambientali. Ed infine, ma anche questo non mi sorprende, ho ascoltato tutta una corte di nani e ballerine dire la loro. Uno come Calenda, quello che da pavido ministro aveva firmato per lo Stato un contratto capestro a tutto vantaggio di Arcelor Mittal, spargere fango su Luigi Di Maio (che quel contratto l’aveva fatto modificare in extremis a tutela dei lavoratori) e, addirittura, ricevere il plauso di uno scribacchino servo di Berlusconi come Sallusti e della Gruber, quella di casa al Bilderberg. Poteva un ex bibitaro come Di Maio, essere all’altezza del suo ruolo? Le colpe sono tutte le sue, hanno sentenziato trionfi della loro boria. Cose che voi umani…

Ho ascoltato Renzi (quello che lo scudo penale l’aveva introdotto nel 2015, quando era primo ministro), oggi attaccare il suo stesso governo per averlo tolto, dimenticandosi che solo pochi giorni prima l’annullamento dello scudo l’aveva votato anche lui.

Ho letto nelle facce di Salvini e Meloni la malcelata contentezza di vedere una tegola così grossa cadere sul Conte II. Tifano, questi personaggi, perché su Ilva il Governo finalmente cada per mettersi loro ai posti di comando e poi, magari, continuare ad avallare altre schifezze come il TAV o come il Mose, che fu l’orgia dei tangentari.

Ho ascoltato mezze calzette tipo la Gelmini, la Bernini, dire le loro scempie banalità per guadagnarsi il loro pezzetto di scena, perché non se le caga più nessuno.

Ognuno di questi soggetti ha i suoi buoni motivi personali o di bottega per remare contro questo Governo e, da bravi amici del giaguaro, sostengono le pretese di soggetti che pretendono di dettare legge in casa nostra. E in tutto questo vociare confuso sto qui, seduta, a chiedermi a chi interessa veramente del destino di Taranto e dei tarantini. Forse ai 5 Stelle? Credo di sì, ma temo di non sbagliare se dico che saranno proprio loro a pagarne lo scotto più alto.

https://infosannio.wordpress.com/2019/11/05/arcelor-mittal-lascia-ilva-5-stelle-capro-espiatorio/

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