mercoledì 30 settembre 2020

Lo Zinga in barile. - Marco Travaglio












Una settimana fa il Fatto ha lanciato una petizione di 10 costituzionalisti, che il 20 e 21 settembre si erano divisi tra il Sì e il No al taglio dei parlamentari, per una legge elettorale senza più liste bloccate. Cioè per abolire quel meccanismo infernale, introdotto dal centrodestra nel 2005 col Porcellum (poi raso al suolo della Corte costituzionale) e perpetuato dall’Innominabile con l’Italicum (anch’esso bocciato dalla Consulta) e il Rosatellum (votato da Pd, FI e Lega, con i No di M5S, FdI e sinistra), che consente a un pugno di capipartito di nominarsi la gran parte dei parlamentari, sottraendo ai cittadini il diritto e il potere di sceglierli. Una porcata degna dell’Ungheria di Orbán. In sette giorni, l’appello su change.org ha raccolto oltre 75 mila firme e noi speriamo che superi presto quota 100mila. Come si restituisce agli elettori la scelta dei parlamentari? Se il sistema elettorale è proporzionale, si ripristinano le preferenze, anzi la preferenza unica (o doppia di genere): ciò che gli italiani votarono nell’ultimo referendum elettorale riuscito, promosso da Mario Segni nel 1991. Se il sistema è maggioritario, ogni partito o coalizione presenta un candidato per ogni collegio e i cittadini scelgono chi preferiscono (scelta unica nel turno secco o ripetuta al ballottaggio nel doppio turno). Non esistono sistemi elettorali perfetti, ma noi, insieme ai 75mila aderenti all’appello, chiediamo che qualunque modello vinca produca degli eletti, non dei nominati. Il dibattito, però, non è all’anno zero: il governo Conte-2, come Zingaretti ha ricordato al premier, al M5S e a Iv in campagna elettorale, è nato su un preciso patto di maggioranza per il proporzionale puro. Dunque non si scappa: proporzionale con preferenza unica o doppia di genere (un candidato e una candidata).

E qui casca l’asino, perché dopo il referendum si è riaperta nel Pd la solita batracomiomachia tra proporzionalisti e nostalgici del maggioritario o del Mattarellum. Che, senza una posizione chiara e netta del segretario, riporterebbe la discussione all’anno zero. E sarebbe strano, per chi temeva di delegittimare le Camere col taglio dei parlamentari votato dal 98% della Camera. Gli italiani hanno rilegittimato il Parlamento, plaudendo a quella riforma col 70%. Ma ora, a delegittimare quello futuro, è proprio chi fa il pesce in barile sulla preferenza. Che ci restituirebbe un Parlamento non solo più snello, ma anche eletto. Salvini ha già detto, in dissenso con la Meloni, che il Rosatellum non si tocca: così continuerà a portare in Parlamento chi pare a lui. Il M5S è per la preferenza. Zingaretti con chi sta?

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