A Reggio Emilia oggi riaprono l’aula bunker, quella del maxi-processo alla ’ndrangheta, per l’udienza preliminare del processo sugli affidi illeciti di minori a Bibbiano e dei Comuni della Val d’Enza. Affidi richiesti per i presunti abusi sessuali dei genitori, del compagno della mamma, del sociò del papà, del nonno, una volta del fratellastro, che non sono mai stati accertati. Gli arresti del giugno 2019 furono un terremoto, l’inchiesta “Angeli e Demoni” fece emergere il legame tra i servizi sociali comunali e gli psicoterapeuti della Onlus Hansel e Gretel di Torino, Claudio Foti e l’ex moglie Nadia Bolognini, dieci anni fa tenuti in considerazione da vari uffici giudiziari e poi molto meno, sostenitori di metodi assai discussi per far affiorare “i brutti ricordi”. Fino alla “macchinetta” che generava piccole scariche elettromagnetiche dai cavetti lasciati in mano ai giovani pazienti: illecita per i pm, solo inutile per altri specialisti. Vale diverse accuse di violenza privata a Bolognini, che risponde anche di frode processuale per aver ingannato i giudici e di lesioni per aver provocato a una ragazzina, allontanandola da casa, un “disturbo depressivo permanente”; a un altro un “disturbo specifico dell’apprendimento” raccontandogli che il padre era in carcere e non si era mai occupato di lui; a un’altra un “disturbo post-traumatico da stress”. È la psicologa che, secondo la Procura, trattando un bambino di 7 anni “si travestiva da ‘lupo’ (…) urlandogli contro e inseguendolo, associando al termine del gioco, la figura del ‘lupo cattivo’ a quella del compagno della madre”, accusato degli abusi mai dimostrati.
Foti, 59 anni, laurea in Lettere, è il teorico, nemico della Carta di Noto che nell’esame dei minori vittime di abusi raccomanda tra l’altro di evitare domande suggestive, contestata da una minoranza di operatori riuniti nel Cismai. “Tuo padre ti aveva proposto sesso e violenza – diceva Foti in una seduta registrata a un’adolescente –. Tua madre non ti ha assolutamente proposto sesso e violenza …. ma comunque ti propone anche lei un modello, cioè ehhh… magari da rivedere un attimo”. Ora risponde di lesioni per aver provocato alla ragazza, secondo altri periti, un “disturbo di personalità borderline” e un “disturbo depressivo con ansia”. Risponde anche di frode processuale, benché il Riesame l’abbia escluso in sede cautelare.
In senso tecnico, però, i principali imputati sono l’ex responsabile dei servizi sociali, Federica Anghinolfi, e l’assistente sociale, Francesco Monopoli, che si fidavano solo di Foti e Bolognini. Un infinito elenco di relazioni ai giudici minorili oggetto di accuse di falso e depistaggio. Alteravano sogni, disegni, racconti e circostanze. E consegnavano i minori, per la psicoterapia, al centro “La Cura” di Foti: 135 euro a seduta. In un caso Anghinolfi ha ottenuto l’affido di una bambina a una coppia di donne che conosceva, ben retribuite con soldi pubblici. Drammatiche intercettazioni: “Vuoi fare come i tuoi genitori che hanno fatto delle scelte che hanno portato tanto male a te?”, le diceva un’affidataria. Ogni gesto dei genitori naturali, negli incontri protetti, era interpretato secondo lo schema solito: “Il padre l’ha baciata sulla bocca e riferisce che è molto diverso dal bacio che darebbe a una donna”. La piccola diceva: “È il mio papà, non c’è niente di male”.
Anghinolfi non si è mai fatta interrogare. Il suo avvocato, Oliviero Mazza, chiede di trasferire il processo altrove: “Reggio Emilia è incompatibile, la mia assistita continua a ricevere insulti e minacce di morte. Risponderemo sulle presunte irregolarità della gestione affidi, a tutte e 90 circa le ipotesi di reato. Mi pare molto semplice ex post dire che l’intervento è stato eccessivo, ma il compito dei servizi sociali è quello di attivarsi prima, sicuramente ci sono stati casi in cui a posteriori il sospetto si è rivelato infondato, ma non è compito della mia assistita accertarlo. Sulle presunte pressioni o minacce rivolte ai suoi sottoposti risponderemo nel merito, spesso si parla in libertà e si tende a esagerare”. Vedremo. Infine c’è il sindaco Andrea Carletti del Pd, che risponde con Foti e Anghinolfi dell’affidamento senza gara del servizio di psicoterapia al centro “La Cura”.
“Agli psicologi sembrava interessare solo quello: ‘Papà ti ha toccato? È per questo che stai male vero?’”, ha raccontato una ragazza ormai maggiorenne, allontanata dal padre. “Io non ho mai parlato di abusi sessuali”, dice. Ma secondo diverse relazioni dei servizi sociali ne aveva parlato eccome. Un certo disagio c’era, sono segnalati “atti di autolesionismo a scuola”. Una volta, ha raccontato lei stessa, si era tagliuzzata un braccio con le forbici, “poi – ha spiegato – mi sono pentita”. A 14 anni la ritenevano “chiusa” e “aggressiva”, sintomi tipici di un’adolescenza complicata che se finisci nelle mani sbagliate difficilmente migliora.
Sono 24 gli imputati, una giovane assistente sociale ha già patteggiato un anno e otto mesi per falso. Sono una dozzina, tra cui tre coppie di fratelli, i minori e gli ex minori coinvolti nei provvedimenti di sospensione o revoca della potestà genitoriale, a volte del solo padre. Tutti revocati prima o dopo l’inchiesta. L’ultimo nel luglio scorso.
Magari non era un “sistema” diffuso, ma in Val d’Enza funzionava così ed è stato l’eccesso di richieste di allontanamento (per l’85% respinte) a suscitare l’attenzione del procuratore Marco Mescolini e della pm Valentina Salvi. Non sono emerse collusioni dei pm e dei giudici minorili di Bologna, finiti lì per lì nella bufera. Il presidente del Tribunale dei minori, Giuseppe Spadaro, ha perso il treno che l’avrebbe portato alla Procura minorile di Roma; dovrà decidere il plenum se nominarlo a Trento come proposto all’unanimità dalla commissione, relatore Piercamillo Davigo in uno dei suoi ultimi atti a Palazzo dei Marescialli. L’inchiesta amministrativa del ministero della Giustizia non ha dato luogo a procedimenti disciplinari a carico dei magistrati minorili e lo stesso dicastero oggi si costituirà parte civile per i reati di frode processuale, falsa perizia, depistaggio.
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