Ieri erano i 100 commissari “per salvare il Paese”, oggi una task force “di consulenti romani che moltiplica le poltrone”. Ieri erano strutture di missione che hanno “segnato una svolta nella storia d’Italia”, oggi addirittura “strutture parallele che esautorano i ministri e i Servizi segreti”.
In politica, si sa, cambiare idea è diventata una questione di prammatica. Talvolta è considerato un pregio. E poi, considerato il personaggio in questione, ovvero Matteo Renzi, le giravolte politiche ormai non sorprendono più nessuno.
Ma prima di minacciare la caduta di un governo contro la governance prevista da Palazzo Chigi per gestire i 209 miliardi del Recovery Plan, forse il leader di Italia Viva si dovrebbe ricordare di quando a lui i commissari e le “Unità di missione” sotto la diretta gestione di Palazzo Chigi piacevano tanto. La premessa è d’obbligo: lunedì il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha portato in Consiglio dei ministri la bozza della norma sulla governance per il Recovery Plan che, come richiesto dall’Ue, istituisce nell’ambito del Ciae (Comitato interministeriale per gli Affari europei sotto Palazzo Chigi) il comitato esecutivo formato dallo stesso Conte e dai ministri Roberto Gualtieri e Stefano Patuanelli che nomina altri sei supermanager, uno per ogni “missione”. Questi a loro volta possono incaricare altri tecnici per ogni capitolo e, in diversi casi, operare in deroga alla legge (tranne a quelle antimafia e penale). Insomma, una struttura che assomiglia al cosiddetto “modello Genova” con cui è stato ricostruito in soli due anni il ponte Morandi grazie al commissario Marco Bucci. Ma la struttura di Chigi non avrà i compiti di diretta progettazione delle opere, non sarà nemmeno il soggetto attuatore (in mano a ministri, Regioni e Comuni), ma di controllo, e come extrema ratio di sostituzione, nei confronti delle amministrazioni in ritardo sull’attuazione dei progetti che potrebbe mettere a rischio i finanziamenti.
Ma Renzi proprio non ci sta: da 48 ore ha alzato il muro contro Conte (“Voteremo contro”) e i suoi ministri lasciano le riunioni del Cdm minacciando sfaceli (“Sono pronta a dimettermi” ha detto ieri Elena Bonetti). L’accusa dei renziani è quella di voler “esautorare” i ministeri con “consulenti e tecnici” dando “pieni poteri” al premier. Peccato che sotto il suo governo, l’allora premier elogiava i commissari straordinari da lui nominati per aver “salvato il Paese” e le strutture di missione fioccavano: almeno quattro con decine di tecnici che costituivano “ministeri ombra” sotto il controllo Palazzo Chigi. La prima, nel maggio 2014, fu quella chiamata “Italia Sicura” contro “il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche” presieduta da Erasmo D’Angelis – con due manager, una decina di dipendenti e un numero variabile di consulenti – che si occupava di coordinare (Renzi direbbe “esautorare”) i ministeri delle Infrastrutture, Ambiente, Agricoltura, Economia e Beni culturali (oltre a 3.600 enti locali) per contrastare il dissesto idrogeologico. Nel 2018 il governo Conte-1 ha chiuso la struttura riportandola sotto le competenze del ministero dell’Ambiente. Nell’ambito di “Italia Sicura” il governo aveva istituito anche la struttura “Scuole Belle-Sicure” per la “riqualificazione dell’edilizia scolastica” coordinata dall’architetto Laura Galimberti e diretta dal renziano Filippo Bonaccorsi, ex presidente della società dei trasporti di Firenze Ataf. Poi, nel giugno 2014, arrivò la “Struttura di missione per il coordinamento dei processi di ricostruzione e sviluppo dei territori colpiti dal sisma del 6 aprile 2009” diretta dall’ingegner Fabrizio Curcio e, a fine 2015, la struttura diretta dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Tommaso Nannicini ispirata alla Strategy Unit di Downing Street sotto il governo di Tony Blair che – insieme a una decina di tecnici della Banca d’Italia, della Ragioneria e altri economisti – facesse da trait d’union tra Palazzo Chigi e il Tesoro. Senza considerare tutti i commissari straordinari nominati dallo stesso Renzi o da lui riconfermati: da Salvo Nastasi per la riqualificazione di Bagnoli a Beppe Sala per l’Expo di Milano.
E si arriva a febbraio scorso quando Italia Viva ha presentato il cosiddetto “Piano choc” per sbloccare opere per 120 miliardi. In che modo? “Il governo individui interventi infrastrutturali prioritari per i quali disporre la nomina di Commissari straordinari (si legge all’articolo 2 del piano). I Commissari sono responsabili di tutto il processo che va dalla progettazione all’esecuzione sul modello del Commissario di Genova e dell’Expo”.
L’idea era di nominarne 100. Un progetto, quello di Renzi, ancora più accentratore di quello odierno. Ma se lo fa Conte sono “poltrone”, se lo fa lui diventano “cantieri”.
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