Assolto perché in preda a delirio di gelosia. E quindi incapace di intendere e di volere quando ha impugnato un mattarello da cucina e per tre volte ha colpito in testa la moglie che dormiva a letto, accoltellandola poi alla gola e accanendosi infine su altre parti del corpo, con la stessa lama lasciata vicino al cadavere. Parla di “caso unico di assoluzione per gelosia dall’accusa omicidio” la giovane pm di Brescia, Claudia Passalacqua, che aveva chiesto l’ergastolo per Antonio Gozzini, l’80enne docente in pensione, assassino un anno fa della moglie Cristiana Maioli, di 16 anni più giovane.
Sulla base di una doppia consulenza psichiatrica, firmata dal perito di parte e da quello della difesa, la Corte d’assise ha pronunciato una sentenza di assoluzione, “per totale vizio di mente” disponendo il trasferimento dell’imputato in una residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza. Temeva che la moglie lo tradisse. “Convinzioni che si erano riattivate bruscamente in forma di un vero e proprio delirio di gelosia”, scrive il consulente della Procura, Sergio Luca Monchieri, inquadrando “il disturbo delirante” che è stato determinante per escludere totalmente la capacità di intendere e volere e quindi portare all’assoluzione. “Sentenza giusta visto quanto emerso durante il dibattimento. Parliamo di un uomo malato”, ha commentato l’avvocato Jacopo Barzellotti, legale del docente in pensione che da anni soffriva di depressione. Per la Procura invece Gozzini era da condannare al fine pena mai perché “era lucido, ha agito per vendetta nei confronti della moglie che voleva farlo ricoverare a causa della depressione e in tutto questo tempo non ha mai chiesto scusa ”. L’anziano aveva vegliato il cadavere della moglie per oltre 24 ore, avendola, come da sua confessione, ammazzata tra mercoledì 3 e giovedì 4 ottobre, salvo lanciare l’allarme solo il venerdì dopo con una telefonata alla donna di servizio. “Non c’era un motivo particolare per cui ho deciso di uccidere mia moglie. So solo che stavo malissimo: in depressione possono succedere queste cose”, aveva detto l’uomo alla polizia giudiziaria.
Per il pubblico ministero, che ha già annunciato ricorso in appello, “è pericoloso far passare il messaggio che in quel momento, quando ha ucciso la moglie, non era capace di intendere e volere perché geloso”. E le polemiche non mancano. “Ci sembra che con questa sentenza la gelosia e la depressione diventino condizioni legali per compiere impunemente un femminicidio”, commenta la presidente della Rete D.i.Re Antonella Veltri. “Una sentenza che dice in sostanza che se si è depressi e gelosi si possono anche ammazzare le proprie compagne”.
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