Due Mondi - Le “cronache marziane” sono passate da minaccia a frontiera di nuova vita.
Perseverance è approdata il 18 febbraio nell’entusiasmo generale. Curiosity è lì dal 2012, mentre in orbita ruotano Hope degli Emirati arabi uniti e l’europeo ExoMars, tra gli altri satelliti. Presto arriverà il primo rover cinese, mentre sulla Terra la Space X di Elon Musk testa missili e idee per viaggi interplanetari. Oggi Marte appare affollato, ma c’è stato un momento, nei vent’anni trascorsi tra la missione Viking del 1976 e Pathfinder del 1997, in cui il pianeta rosso non interessava più a nessuno. Cos’era successo? Una delusione. Viking aveva certificato che il pianeta era privo d’acqua, rompendo così un motore che per 150 anni ha alimentato la curiosità umana, non solo scientifica: la domanda “c’è vita su Marte?”.
Vita marziana. Il primo a porre seriamente il quesito è stato l’astronomo italiano Giovanni Schiaparelli, che tra il 1877 e il 1878 aveva creduto di osservare canali rettilinei, artificiali, sulla superficie di Marte e tracciò varie mappe. Un effetto ottico, che però è rimasto a lungo incastonato nel pensiero scientifico. “Fino agli anni 50 e 60 le idee, comunque realistiche, di Schiaparelli erano ancora enormemente in voga”, spiega Marcello Coradini, planetologo e responsabile dei programmi d’esplorazione del Sistema solare dell’Esa, che ha guidato la missione ExoMars ed è autore del saggio Marte, l’ultima frontiera (Il Mulino). “Per preparare le prime missioni sul pianeta rosso – continua Coradini – la Nasa usava praticamente la stessa mappa di Schiaparelli. Se dovessimo descriverlo come fenomeno culturale, direi che la Nasa ha preso il testimone dalle mani di Schiaparelli”.
Anche la statunitense Sarah Stewart Johnson, che ha lavorato alle missioni Spirit, Opportunity e Curiosity, in un libro recente (quasi omonimo: Marte. L’ultima frontiera, Sperling & Kupfer) ricorda che “il mistero di quelle formazioni lineari fu uno dei motivi per cui nel 1969 la Nasa decise di lanciare una coppia di sonde verso Marte”.
Tra scienza e finzione. La vita su Marte ha alimentato un immaginario che si è evoluto in parallelo tra scienza e finzione. Nel 1880, due anni dopo le ricerche di Schiaparelli, esce il romanzo Across the Zodiac di Percy Greg, in cui un esploratore scopre che il pianeta rosso è abitato da esseri molto simili a noi, che si rifiutano di credere che il visitatore venga da un altro pianeta. Quasi subito i marziani diventano pericolosi. Opera iniziatrice è La guerra dei mondi di Herbert George Wells (1898), riadattata da Orson Welles nel celebre sceneggiato radiofonico nel 1938 e poi in pellicola da Steven Spielberg. Di fatto è la prima invasione extraterrestre della storia letteraria, dove, peraltro, l’unica cosa che salva i terrestri dall’inesorabile avanzata marziana è un batterio. Quando la Terra precipita nella spirale delle guerre mondiali, Marte si offre come specchio in cui riflettere criticamente sulla società. Succede nella trilogia Sotto le lune di Marte dell’ex militare Edgar Rice Burroughs (1912-1919): un capitano viene teletrasportato su Marte e trova un mondo morente e una civiltà dilaniata dalla guerra tra fazioni divise dal colore della pelle.
Marziani tra noi. Dopo la seconda guerra mondiale comincia la corsa allo spazio e nella cultura di massa è la fase dell’Invasione degli ultracorpi (romanzo del 1954 e film del 1956) e delle epiche extraterrestri alla Star Trek. Anche solo per associazione cromatica, Marte è spesso metafora del “nemico” comunista (esiste in effetti un’utopia socialista marziana: la scrisse Bogdanov nel 1908), ma altre volte serve a criticare la società del consumismo, come nel Pianeta rosso di Robert Heinlein o nelle Cronache marziane di Ray Bradbury. Filone prolifico è anche quello della colonizzazione, di cui è icona I fondatori di Isaac Asimov, primo romanzo sulla “terraformazione” di Marte. “Perché non abbiamo pensato ai crateri?” disse il re della fantascienza guardando una fotografia scattata dalla sonda Nasa Mariner 4, che per prima fotografò il pianeta rosso nel 1965. Come a ogni grande narrativa, le storie marziane hanno avuto il loro risvolto parodistico. Dal gioviale Marziano a Roma di Ennio Flaiano, che si ritira sopraffatto dall’indolenza dei terrestri capitolini, al cult Mars Attacks! di Tim Burton, parodia dell’action movie sull’invasione aliena. Fino a Fascisti su marte di Corrado Guzzanti, che sceneggia una farsesca invasione nera del pianeta rosso in un mix di satira politica e parodia delle cronache marziane.
Nuova frontiera.Dopo la delusione del 1976 sono state altre le suggestioni scientifiche che hanno ispirato l’epica spaziale. L’esplorazione intergalattica, i buchi neri e i paradossi della gravità. Diventato un “sasso” qualunque, il pianeta rosso ha ispirato meno, restando ancorato all’immaginario anni 70. Oggi, però, la seconda corsa allo spazio promette di portare gli astronauti su Marte: di certo gli autori stanno prendendo nota.
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