sabato 6 marzo 2021

Sono pure io un coglione come Nicola. - Antonio Padellaro

 

In fondo, nel Pd, le frequenti decapitazioni e gli autoaffondamenti dei segretari (7 dal 2007) appartengono alla natura stessa di un partito che nella guerriglia tra le diverse tribù trova la sua ragione d’essere. Per cui nelle dimissioni di Nicola Zingaretti la vera novità è più che altro il modo, colpiscono le parole usate, quel “provo vergogna” verso chi si dedica alla caccia alle “poltrone” quando fuori “c’è la pandemia”. Che cosa doveva dire di più per essere creduto nel suo sdegno visto che l’atto d’accusa verso il partito che dirige è così feroce che forse perfino Salvini e Meloni avrebbero qualche problema a sottoscriverlo? E invece no, non è bastato a evitargli il sarcasmo dei tanti retroscenisti di palazzo, che a furia di frugare nei ripostigli del Nazareno devono aver trovato i costumi di Arlecchino e di Pulcinella comprovanti che quelle di Zingaretti sono classiche dimissioni mascherate.

Altrimenti perché scrivere che il segretario “si è dimesso a sorpresa nella speranza di raggiungere una tregua interna ed essere così riconfermato per acclamazione nell’Assemblea nazionale già convocata per il 13 marzo” (Il Giornale)? Oppure chiedersi: “Zingaretti, dimissioni o finta?” (La Verità). O aggiungere un beffardo “per ora” alla notizia che il fratello di Motalbano “lascia la guida del Pd” (Libero). Sulla stampa nazionale è tutto un ammiccare, un darsi di gomito quasi fosse scontato che le pagliacciate fanno parte del gioco e che stare al gioco significa spiegare al popolo bue, in questo caso gli incolpevoli elettori Pd, di non allarmarsi più di tanto. Perché poi, come sempre, finisce tutto a tarallucci e vino. Una reazione comprensibile dopo che un predecessore di Zingaretti giurò e spergiurò che davanti alla sconfitta del suo referendum avrebbe abbandonato la politica per sempre, e invece eccolo ancora lì che fa saltare in aria i governi altrui e ci sputtana nel mondo omaggiando (a gettone) principi arabi poco raccomandabili. Del resto, la costante assenza di verità ha fatto sì che mentre una certa politichetta da marciapiede spera di sopravvivere continuando a turlupinare i gonzi (il leader leghista che si scopre filo Ue, per dire l’ultima), a Palazzo Chigi è arrivato nel frattempo un signore che se volesse potrebbe governare da solo, senza perdere tempo con i partiti bari. Ragion per cui se Zingaretti mantenesse (come sono convinto che manterrà) la sua decisione, passerà, con il vigente sistema di valori, per un coglione inadatto alle asprezze e ai cinismi della politica. In tal caso, per quel che vale, sarò lieto di sentirmi un coglione anch’io. Orgogliosamente.

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