Se il primo che passa va in tv a parlare di giustizia, non si può pretendere che la gente ci capisca qualcosa. Se poi, come l’altra sera su La7, a giudicare magistrati incensurati come Davigo, Greco, Ardita e Storari – messi l’un contro l’altro dalle furbizie depistanti dell’avvocato Amara – si chiama un ex pm radiato e imputato per corruzione come Palamara col suo libro pieno di balle, ti saluto. A completare il casino mancavano giusto i Radicali, a loro modo coerenti: alleati di Craxi nel referendum anti-giudici del 1987, difensori dei ladri di Tangentopoli e dei poveri mafiosi colpiti dai pentiti e torturati con l’ergastolo, alleati di B., poi di Prodi, poi di Mastella&C. per l’indulto, poi di nuovo di B. per un secondo referendum anti-giudici, ora fanno pappa e ciccia con Salvini per un terzo referendum anti-giudici. Con almeno 8 quesiti: “responsabilità civile dei giudici” (che già esiste, ma si vuole intimidirli lasciandoli denunciare dai loro condannati), separazione delle carriere (un classico della commedia dell’arte), abolizione della legge Severino (che fa decadere gli amministratori locali condannati in primo grado, ma purtroppo non i ministri e i parlamentari), riforma della custodia cautelare (la ventesima in 30 anni), delle intercettazioni e del trojan (male fare, paura non avere) e altre scemenze sfuse.
Se nel 1987 il pretesto fu il caso Tortora, ora si usano i casi Palamara e Amara, che nulla c’entrano coi quesiti annunciati. Perché non riguardano errori giudiziari o giudici appiattiti su pm (anzi, toghe che litigano fra loro). Il caso Palamara riguarda un clan di politici, magistrati e membri del Csm che si spartiva i vertici delle Procure. Nessuna delle riforme annunciate l’avrebbe impedito: l’unica soluzione è il sorteggio dei membri togati del Csm e l’abolizione dei laici, cioè politici. Il caso Amara nasce da un dissidio a Milano fra il pm Storari, l’aggiunta Pedio e il procuratore Greco su chi, quando e come iscrivere nel registro degli indagati a proposito della presunta loggia Ungheria svelata dall’avvocato esterno Eni. Prima della riforma Castelli-Mastella del 2007, ogni pm era responsabile delle sue indagini e lo Storari di turno iscriveva chi e quando riteneva giusto, poi ne rendeva conto al giudice. Dal 2007 i procuratori capi sono i sovrani dell’azione penale, con un potere smisurato che ha moltiplicato gli appetiti dei potentati: chi controlla un pugno di procuratori è il padrone di tutta la giustizia. Se si vogliono evitare nuovi casi Amara, basta cancellare la Castelli-Mastella e restituire il potere diffuso ai singoli pm. Ma nessuno ne parla, perché l’obiettivo non è una magistratura davvero indipendente: è una giustizia à la carte, ancor più di quanto non sia.
IlFQ
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