Dall’inizio della guerra i veri esperti, come Caracciolo, Mini e Orsini (che da oggi scriverà sul Fatto), spiegano che uno dei primi guai dell’Ucraina è l’enorme quantità di armi. Lo era già prima dell’aggressione russa. Lo è durante le ostilità (difficile distinguere gli obiettivi civili da quelli militari). E lo sarà vieppiù nei negoziati che – come molti, ma non tutti, sperano – potrebbero chiudere la guerra. Per paura di dare ragione a Putin (mission impossible), le nostre Sturmtruppen hanno negato quest’evidenza, finché il loro spirito guida – il sempre lucido Biden – l’altroieri ha confessato: da almeno sette anni, cioè dalla rivolta spintanea che cacciò il presidente filorusso Yanukovich (vincitore delle elezioni nel 2010), gli Usa armano Kiev. E – come osserva Caracciolo – Putin ha attaccato adesso perché tra un anno l’armamento ucraino avrebbe rappresentato una seria minaccia per la Russia. Ora, non contenti, Biden manda altre armi per 1 miliardo di dollari e la Ue per 1 miliardo di euro, senza che nessuno si domandi a chi, visto che l’esercito regolare ne già ha a sufficienza.
Gli scemi di guerra raccontano che armiamo la gente comune per resistere. Ma il trasporto è affidato ad agenzie private di mercenari, che non le consegnano certo al ragioniere di Kiev o al panettiere di Mariupol aspiranti partigiani: le passano a gente del mestiere, come le milizie paramilitari che affiancano le truppe regolari senza che il governo faccia un plissé. Incluso il battaglione Azov, la milizia neonazista inquadrata nella Guardia nazionale, che sventola vessilli con la svastica e bandiere Nato, segnalata da Onu e Osce per crimini di guerra, torture e stragi di civili in Donbass e non solo. L’altroieri un miliziano di Azov s’è fatto un selfie con un mitra Beretta Mg42/59 appena giunto dall’Italia. E il sottosegretario ai Servizi Franco Gabrielli, su Rete4, ha candidamente ammesso che sappiamo bene di armare anche i neonazi, ma “quello è un ragionamento che faremo dopo: ora urge portare Putin al tavolo delle trattative”. Già, ma se ci sarà un “dopo”, chi glielo spiega a quei gentiluomini che devono ridarci le armi? E, se non ce le ridanno, non saranno un ostacolo alla pace, che inevitabilmente passa per il ritiro delle truppe russe e il disarmo di queste opere pie? Non sarebbe il caso, mentre il negoziato procede, di bloccare le armi non ancora partite, onde evitare che al prossimo giro – come al solito – qualche amico divenuto nemico ce le punti contro e ci spari?
Ps. Resta da spiegare la malattia mentale che ha portato tutti i partiti ad aumentare la spesa militare italiana da 26 a 38 miliardi l’anno, quando non c’è un euro neppure per il caro-bollette. Ma lì servirebbe un esercito di psichiatri e la sanità è quella che è.
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