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martedì 9 febbraio 2021

Governo Draghi: 8 punti per non dividere. Ma sui nomi vuole mediare poco. - Carlo Di Foggia e Paola Zanca

 

Da calendario, avevano un quarto d’ora a testa. Ma Mario Draghi, al secondo giro di consultazioni con i partiti, ha già imparato a prendere le misure. E dopo dieci minuti, nonostante i tempi già dimezzati, li ha congedati tutti. Gentile, ma fermo: “Ha finito di illustrare il suo programma, poi ha guardato la parete e ha detto: abbiamo solo un minuto. Ma là appeso, non c’era nessun orologio”. Lasciano la Sala della Lupa di Montecitorio un po’ interdetti: il presidente incaricato ha già finito di farli sfogare. Li ha ascoltati al primo giro, ma adesso non è già più tempo. “Ermetico”, lo descrivono. Che tradotto significa che non ha dato ai suoi interlocutori nessuna delle indicazioni che davvero gli interessavano: chi, dove, quando?

Nemmeno un accenno ai tempi per la nascita del nuovo governo. Par di capire, comunque, che non se ne parli prima di venerdì: oggi vede i partiti maggiori, domani le parti sociali e solo giovedì si conoscerà l’esito del voto su Rousseau. Neanche un indizio sulla natura tecnica o politica del governo, anche se ormai il “modello Ciampi”, ovvero il mix tra le due formule, viene dato per assodato anche dal Quirinale. Figurarsi se si è spinto a parlare del “perimetro” della maggioranza, argomento già finito negli archivi d’agenzia. E ai pochi che ieri lo hanno stuzzicato sul tema, raccontano che Draghi abbia risposto con un ragionamento che suona più o meno così: “Io cerco di trovare una mediazione sia sulla sostanza che sulla forma, ma se il problema vero è solo chi ci sta, alzo le mani…”.

Non ha intenzione, insomma di aprire troppe trattative, anche perché – va detto – non c’è nessuno che si sia messo a dettare condizioni. Lui, nel dubbio che qualcuno si svegli, evita di avvicinarsi alle questioni “scivolose” e lascia fuori tutti i cosiddetti temi “divisivi”. Così, ha buttato giù 8 punti sufficientemente vaghi e sufficientemente di buon senso da accontentare l’arco parlamentare che va da Fratoianni a Salvini. Nessuno impegno.

C’è la vocazione “europeista” e l’attenzione all’ambiente che “innerverà” (sic) tutti gli ambiti del programma. Ci sono le riforme evergreen che da 20 anni accompagnano il dibattito pubblico: quella della giustizia civile, del fisco (in teoria già in cantiere con i giallorosa) e della Pubblica amministrazione. C’è il Recovery fund, ovviamente, e c’è il piano vaccinale che deve tirarci fuori dalla pandemia. Parla di scuola e immagina modifiche al calendario per restituire ai ragazzi un po’ del “tempo perduto” quest’anno, nonché nuove assunzioni per evitare di ritrovarsi alla ripresa un’altra volta senza docenti. Questioni che riguardano giugno e settembre: l’impressione diffusa è che sia un “programma emergenziale”, che poi è quello per cui lo ha chiamato il capo dello Stato. Ma risolta l’emergenza, notano con una certa preoccupazione, “il dopo non c’è”.

Qualcosa in più oggi potrebbe arrivare su quel che non ci sarà nel programma. Consapevole dei molti temi divisivi (immigrazione, Mes, giustizia) l’ex Bce potrebbe raccogliere dai partiti le indicazioni sui temi che considerano esplosivi. Molti di questi, va detto, li ha già tolti dal tavolo e così hanno fatto i partiti (Salvini, per dire, non gli chiederà oggi di tornare alla versione originaria dei decreti Sicurezza).

Al netto della vaghezza, Draghi è tornato su alcuni punti economici. In tema di aiuti alle imprese ha spiegato che i ristori vanno bene per tamponare l’emergenza ma servirà un piano di stimoli pubblici per creare lavoro (anche se, per la verità, si troverà a gestire subito i 32 miliardi del decreto Ristori 5, in gran parte già opzionati). L’idea di fondo è che il Recovery rappresenti un embrione di bilancio comune europeo, e su questo bisognerà insistere. Su questo fronte anche dalla Lega potrebbero saltare le ultime resistenze. Oggi la plenaria dell’Europarlamento dovrebbe infatti approvare il regolamento definitivo del piano europeo. Un testo che disegna un’architettura piena di vincoli e controlli sui fondi, e con diversi rischi (chi non rispetta le regole fiscali europee rischia di vedersi bloccati i soldi). Per questo a metà giugno in commissione affari economici la Lega si era astenuta. Ieri filtrava una linea diversa. Ascoltato oggi Draghi, potrebbe arrivare il via libera a Bruxelles.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/02/09/draghi-8-punti-per-non-dividere-ma-sui-nomi-vuole-mediare-poco/6094809/