Arezzo come metafora del potere e dei suoi intrecci. Accusa e difesa accomunati dal legame col potere politico del governo Renzi. Uno dei più grandi “difensori” della Banca Etruria è Giuseppe Fanfani, che al Csm è stato eletto su indicazione di Renzi e della Boschi. Da sindaco di Arezzo, prima lasciare l’incarico per trasferirsi al Csm, Fanfani diceva: “La Banca Etruria non si tocca”. Un sindaco aretino si sentiva in dovere di difendere “per contratto” l’icona bancaria cittadina, 186 sportelli e 1800 dipendenti con un modello fondato su un groviglio di interessi intrecciati tra loro.
Giuseppe Fanfani, grande avvocato, nipote di Amintore, anzi Nipotissimo – così lo chiamano ad Arezzo – non solo è stato il difensore “politico” della banca. Ma anche il difensore legale. Ora allo studio Fanfani, il più importante e prestigioso di Arezzo, c’è il figlio che nell’affaire banca Etruria ha un cliente di peso: Davide Canestri, direttore centrale, responsabile del Risk Management. Il reato contestato è ostacolo all’organo di vigilanza.
Giuseppe Fanfani, grande avvocato, nipote di Amintore, anzi Nipotissimo – così lo chiamano ad Arezzo – non solo è stato il difensore “politico” della banca. Ma anche il difensore legale. Ora allo studio Fanfani, il più importante e prestigioso di Arezzo, c’è il figlio che nell’affaire banca Etruria ha un cliente di peso: Davide Canestri, direttore centrale, responsabile del Risk Management. Il reato contestato è ostacolo all’organo di vigilanza.
Fin qui la difesa.
Il procuratore capo di Arezzo, della procura che indaga sul presunto conflitto di interessi degli ex vertici di Banca Etruria, è invece un consulente del governo Renzi. Ne dà notizia il Fatto, in un articolo di Fabrizio D’Esposito: “Per la precisione – scrive il Fatto - la struttura di riferimento di Rossi, da consulente, è il Dipartimento degli affari giuridici e legislativi, che ha come capo Antonella Manzione, l’ex comandante dei vigili urbani di Firenze chiamata dal premier a palazzo Chigi”.
Accusa e difesa, accomunati dal legame col governo. Ma i loro destini si incrociano anche direttamente. Perché il Csm, raccontano fonti di palazzo Marescialli, ha autorizzato l’incarico extra-giudiziario (ovvero la consulenza a palazzo Chigi) di Roberto Rossi e la successiva proroga che ha esteso la consulenza fino al 31 dicembre. Richiesta di proroga arrivata a maggio, dunque dopo il commissariamento dell'istituto di credito.
Da sempre lo studio Fanfani è stato lo studio di riferimento di Banca Etruria, con vari presidenti. Davide Canestri è l’ultimo di una serie di clienti illustri, legati al mondo della banca. Qualche anno fa, proprio grazie alla difesa di Fanfani padre e figlio, furono assolti due direttori di una filiale dell'istituto perché “il fatto non sussiste”. L’accusa era di aver applicato tassi di interesse sopra la soglia di usura. Grazie alla difesa è stata riconosciuta la buona fede dei direttori della banca che si sarebbero sono attenuti scrupolosamente al metodo di calcolo del tasso soglia contenuto, prima del 2008, nelle circolari della Banca d’Italia e dei decreti ministeriali dell’epoca.
Lo scorso 31 ottobre a un convegno su legalità e sviluppo c’erano sia il procuratore Rossi sia Giuseppe Fanfani. L’incarico di Rossi a palazzo Chigi scade a fine anno, il 31 dicembre e prevede una retribuzione di 5000 euro lordi. Tra i documenti rivelati da ilFatto ci sono due attestazioni sull’assenza di conflitto di interessi, firmate dallo stesso Rossi. Oggi la procura di cui Rossi è a capo sta indagando su uno scandalo che può lambire Pier Luigi Boschi, già vicepresidente della Banca Etruria e padre del ministro Maria Elena. Proprio Maria Elena il 31 ottobre era l’ospite d’onore del convegno, con Rossi e Fanfani. Il Nipotissimo, da sindaco di Arezzo, è stato uno strenuo difensore della banca Etruria. Nel maggio del 2014 si schierò appassionatamente contro l’Opa della Popolare di Vicenza: “La decisione della Banca Popolare di Vicenza è inaccettabile”.
Sulla stessa posizione, al suo fianco, c’erano papà Boschi, il vicepresidente, e Lorenzo Rosi, l’ex presidente indagato per conflitto di interesse. Era il maggio del 2014. A settembre sarebbe approdato al Csm. L’operazione è stata gestita personalmente da Maria Elena Boschi e dai suoi colonnelli toscani, il segretario regionale Dario Parrini e il giovane deputato Marco Donati, che ha sempre avuto un ottimo rapporto col Nipotissimo. È il momento da tempo atteso, l’approdo a Roma in grande stile, desiderato sin da quando Francesco Rutelli lo indicò come responsabile nazionale Giustizia della Margherita facendogli coltivare il sogno del dicastero nel secondo governo Prodi. Arriva l’incarico al Csm. In quota Renzi. O meglio: in quota Arezzo.
Ecco come il Puffo fiorentino si assicura lunga vita al governo, attorniandosi di gente accondiscendente.