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giovedì 20 giugno 2024

Diamond Head: una maestosa icona hawaiana forgiata dal fuoco. - Hasan Jasim

 

Diamond Head, una sentinella a guardia delle vivaci coste di Honolulu, è molto più di un semplice sfondo da cartolina. Questo punto di riferimento iconico, con il suo caratteristico bordo del cratere che si eleva a 760 piedi sopra l'Oceano Pacifico, è una testimonianza delle forze infuocate che hanno plasmato O'ahu.

Nato dalle eruzioni esplosive del vulcano Ko'olau tra circa 400.000 e 500.000 anni fa, Diamond Head, noto come Lē'ahi in hawaiano, non è la tipica montagna. È un cono di tufo vulcanico, formato da ceneri e detriti consolidati scagliati verso il cielo durante violente eruzioni. Questa composizione unica conferisce a Diamond Head la sua caratteristica tonalità rosso ruggine e la consistenza friabile e porosa.

Nel corso dei millenni, la natura ha scolpito Diamond Head in una meraviglia affascinante. Il vento e la pioggia hanno scolpito i suoi ripidi pendii e le spettacolari creste, mentre l'erosione ha scolpito l'ormai popolare sentiero escursionistico che si snoda fino alla vetta. Questo percorso, un tempo una salita insidiosa per gli antichi hawaiani, ora offre panorami mozzafiato di Waikiki, Honolulu e della vasta distesa del Pacifico.

Per gli indigeni hawaiani, Lē'ahi aveva un profondo significato culturale. Era un luogo sacro, un luogo di sepoltura per capi e reali e un simbolo della potente dea Pelé. Il suo nome, Lē'ahi, si traduce in “ciglio della fronte”, evocando la sua presenza vigile sulla terra.

L'eredità di Diamond Head si estende oltre le sue origini geologiche e il suo significato culturale. È diventato un simbolo amato delle Hawaii, adornando innumerevoli cartoline, souvenir e persino il grande schermo. La sua silhouette riconoscibile è sinonimo di un'isola paradisiaca, che attira visitatori da tutti gli angoli del globo.

Oggi Diamond Head offre molto più che semplici panorami mozzafiato. Le sue pendici ospitano una varietà di piante e animali, tra cui specie autoctone di foreste secche e uccelli migratori. Escursionisti, fotografi e appassionati di storia si riversano sui suoi sentieri, desiderosi di esplorare i suoi bunker nascosti e i tunnel militari, resti del suo ruolo di vedetta strategica durante la seconda guerra mondiale.

Diamond Head è una testimonianza vivente del potere della natura, un vibrante arazzo intessuto di furia vulcanica, riverenza culturale e fascino moderno. È un luogo in cui immergersi in panorami mozzafiato, immergersi nella ricca storia e connettersi con lo spirito selvaggio delle Hawaii. Quindi la prossima volta che ti ritroverai a contemplare la sua forma maestosa, ricorda, non stai solo ammirando uno sfondo perfetto da cartolina; stai assistendo a una forza della natura impressa nel tempo, un simbolo del paradiso e una storia in attesa di essere esplorata.

https://hasanjasim.online/diamond-head-a-majestic-hawaiian-icon-forged-by-fire/

martedì 17 marzo 2015

Hawaii da sogno: 100% di energie rinnovabili entro il 2040.

Hawaii

HAWAII - Hawaii paradiso incontaminato e meta da sogno. Sì, ma non solo. Se tutto va bene – e l'impegno non è certo da poco – entro il 2040 l'arcipelago del Pacifico più famoso al mondo sarà alimentato da energie 100% rinnovabili. L'idea arriva da Camera e Senato nazionali, che hanno stabilito all'unanimità l'aumento del loro Renewable Portfolio Standard (RPS) dall'attuale obiettivo del 70% entro il 2030 al 100% entro il 2040 appunto. È chiaro che il salto di 12 punti percentuali in appena sei anni è un traguardo notevole, ma il senatore Mike Gabbard, che ha proposto il disegno di legge, rassicura: «Possiamo arrivare al 65% entro il 2030, quindi il 100% è sicuramente fattibile».
UN SETTORE ENERGETICO PARTICOLARE - Ad oggi, il Paese ricava appena il 21% della propria energia da fonti alternative e presenta un mercato energetico che ha davvero poco a che fare con quello del resto degli Usa. Come l'Alaska e il Texas, le Hawaii non possiedono una propria rete elettrica. Nel 2013, sono state il Paese con i prezzi dell'energia elettrica più alti (tre volte superiori alla media nazionale) a causa della forte dipendenza dalle importazioni: tanto per avere un'idea dei numeri, il Paese ogni anno spende da 3 a 5 miliardi di dollari per l'importazione di combustibili fossili. Più di due terzi della produzione di energia elettrica sull'isola deriva dal petrolio importato, mentre nel resto degli Stati Uniti il petrolio conta per meno dell'1% nella produzione di elettricità.
LE COMPAGNIE TRADIZIONALI CONTRO L'ENERGIA PULITA - Nel 2013, la capacità installata di energia rinnovabile (vento, biomassa e geotermica) è stata pari a poco più di 600 megawatt, mentre l'energia eolica ha rappresentato il 42% del totale. L'industria del solare è decollata negli ultimi cinque anni e sta raddoppiando ogni anno. Basti pensare che il Paese ha alcune delle risorse eoliche più importanti al mondo, il sole che splende quasi ogni giorno, le onde e persino un vulcano. Secondo il presidente della commissione Casa, Energia e Ambiente, Chris Lee, le compagnie legate all'energia tradizionale hanno iniziato a spingere contro questa "alternativa più economica", rifiutandosi ad esempio di collegare i pannelli solari delle case sostenendo che ci sono stati «problemi tecnici», cosa non vera. «Lo stesso tipo di tattica ostruttiva per impedire la concorrenza che ALEC ha sostenuto per anni» (ALEC è un'organizzazione che riunisce politici conservatori e grandi interessi corporativi).
ARCIPELAGO A RISCHIO - A questo punto la scelta green delle Hawaii pare non più rinviabile. Le condizioni ambientali dell'isola sono molto precarie: erosione delle coste, barriere coralline che stanno morendo, siccità, inondazioni, condizioni meteorologiche estreme. Secondo il National Climate Assessmen, le Hawaii sono a forte rischio per gli effetti dei cambiamenti climatici: l’aumento del livello dell’oceano provocherà infiltrazioni saline nelle già limitate riserve di acqua dolce. L’aumento delle temperature e il cambiamento dei modelli delle precipitazioni metteranno ancora più a rischio la sopravvivenza degli animali autoctoni, e il turismo, che rappresenta un quarto dell’economia dello Stato, rischia di perdere aree strategiche come Waikiki Beach e da solo potrebbe significare una perdita di 2 miliardi di dollari di introiti l'anno.