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giovedì 27 giugno 2019

Così gli scafisti comprano e vendono i migranti Milioni di dollari verso le casse dell'Is. - (aprile 2015)

Così gli scafisti comprano e vendono i migranti Milioni di dollari verso le casse dell'Is

Per il procuratore di Palermo, Franco Lo Voi, è necessario seguire quella montagna di denaro per mettere in ginocchio un sistema criminale perfetto. I sospetti sui contatti tra gli schiavisti e le"istituzioni" locali libiche.


Dietro alle tragedie dei migranti c’è un sistema criminale perfetto, un sistema transnazionale che non lascia nulla al caso ed è in grado di fornire servizi e assistenza mirati in base a quanto ciascun disperato è disposto a pagare. Alla base di tutto c’è un giro di denaro incalcolabile: per arrivare dal centro Africa alla Libia si pagano dai 4000 ai 5000 dollari; per attraversare il Canale di Sicilia se ne devono spendere tra 1000 e 1500. Ma il servizio non finisce qui: l’assistenza viene fornita anche in Italia, organizzando la fuga dai centri di accoglienza (da Siculiana, in provincia di Agrigento, e dal Cara di Mineo), con dei veri e propri servizi taxi e garantendo ospitalità per una o due notti (costo compreso tra i 200 e i 400 dollari). Infine, l’intero asset si conclude con i servizi di trasporto verso i paesi del centro e Nord Europa, la meta finale più scelta: anche questo transfert si paga carissimo, sino a 1000 dollari, nonostante vengano utilizzate le normali linee degli autobus o le ferrovie.

Esiste anche un “decalogo” per il migrante, che viene istruito dagli organizzatori del traffico su come comportarsi e come sottrarsi, se possibile, alle procedure di fotosegnalazione e agli accertamenti di rito. La ragione della clandestinità degli spostamenti, nel territorio nazionale, è legata alle procedure di Schengen: una segnalazione in Italia comporterebbe un procedimento amministrativo nel paese dove è iniziato, mentre i migranti preferiscono trasferirsi nei paesi del Nord Europa, per ricongiungersi a parenti e congiunti, lì residenti. Sono tutti dati che emergono dall'inchiesta della Dda di Palermo sui migranti, una rete di connessioni tra Italia (con basi in Sicilia, nel Lazio e in Lombardia), Libia e Sudan.

Sulle sponde della Libia ci sarebbero almeno 500 mila profughi siriani in attesa di compiere l’ultimo tratto del viaggio della speranza. In ballo ci sono centinaia di milioni di dollari: “A chi finiscono queste somme di denaro?”. E' l’interrogativo  lanciato dal procuratore di Palermo Franco Lo Voi, nel commentare l’inchiesta sulle rete del traffico di migranti che ha portato all’emissione di 24 ordinanze di custodia cautelare. L’indagine, condotta dallo Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, ha svelato i volti dei trafficanti, le modalità operative in Africa e sul territorio italiano e ha decapitato la rete dei collaboratori che operava sul territorio italiano.

Quella smantellata, spiegano magistrati e investigatori, è una delle reti che operano nel settore del traffico di migranti verso le coste della Sicilia. Un primo passo, non definitivo. Ma già i tasselli di quel puzzle di morte che è il traffico di migranti si inizia a comporre.

Dal porto di Zuwara in Libia alla Sicilia arrivano in migliaia, e in migliaia, come le cronache raccontano, ci lasciano la pelle. Per i magistrati siciliani, ormai linea di frontiera dello Stato nel contrapporsi ai mercanti di morte, si tratta di un “traffico inarrestabile”, la cui trama è stata svelata, solo in parte, grazie all’attività degli uomini del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato guidata da Renato Cortese. Solo in parte perché, proprio come suggeriscono i dubbi del Procuratore Lo Voi, il prossimo passo sarà verificare dove finisca quella montagna di denaro. Ed è forte il sospetto che quei fondi siano parte del tesoro accumulato dalle frange islamiste che si contendono i resti della Libia. Perché la rete che controlla i traffici di esseri umani dalla sponda sud del Mediterraneo hanno contatti con le “istituzioni” locali o con quel che ne resta. Lo dimostrano alcune intercettazioni catturate dalla voce di Medhanie Yehdego Mered, il “Generale” che controlla il fronte libico, insieme al suo alter ego Ermias Ghermay . E’ proprio Medhane al telefono, a spiegare ad uno dei suoi clienti che ha dovuto corrompere dei poliziotti libici per far uscire dal carcere "quelle persone". Erano migranti in attesa di partire ed erano stati arrestati. Medhane sostiene di aver pagato 40.000 dollari per ottenere la loro liberazione e parla di “accordi” con la polizia locale.

Per loro i migranti sono pacchetti da spostare da un posto all’altro. L’inchiesta della Procura di Palermo svela anche che interi gruppi di viaggiatori vengono “acquistati” e inviati verso le coste della Libia dove è previsto, in alcuni casi, un servizio di vigilanza con guardie armate.

Anche sul piano finanziario, l’inchiesta di Palermo racconta fatti inediti: i pagamenti per l’acquisto dei viaggi della speranza avviene con i sistemi di trasferimento monetario ma anche con l’hawala, il sistema di transazioni sulla parola che si basa in gran parte sulla legge islamica.

Le indagini continuano. E non saranno semplici: “E’ tutto molto complicato – spiega il pm di Palermo, Gery Ferrara – perché ci siamo dovuti confrontare con un contesto difficile da decrittare, con personaggi di spessore criminale che comunicano tra loro con tanti dialetti diversi uno dall’altro. Per questo, tra le tante cose, è necessario che venga attivato al più presto un albo degli interpreti”.