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giovedì 5 settembre 2019

Scienziati americani e giapponesi pensano che le reazioni nucleari a bassa energia siano una cosa seria. - Michael Koziol



Nel modo più assoluto non si tratta di fusione fredda.
Il 2018 è stato un anno speciale per le reazioni nucleari a bassa energia. Le macchine LENR (Low Energy Nuclear Reaction), così come sono conosciute, sono argomento di ricerca di nicchia, ed alcuni fisici pensano si potrebbero spiegare i risultati di un famigerato esperimento tenutosi quasi 30 anni fa che ha partorito l’idea di fusione fredda. Ma quell’idea non ha retto alle verifiche, e solo pochi ricercatori al mondo hanno continuato a cercare di capire la natura misteriosa di quelle strane reazioni generatrici di calore che stavano alla base dell’esperimento.
La loro costanza alla fine potrebbe essere ripagata, dato che alcuni ricercatori in Giappone recentemente sono stati in grado di generare calore in modo costante e ripetibile, e la marina americana adesso sta seguendo da vicino la faccenda.
Lo scorso giugno ricercatori di diversi istituti di ricerca giapponesi avevano pubblicato un articolo nell’ International Journal of Hydrogen Energy nel quale registravano sviluppo di calore dopo avere esposto nanoparticelle di metallo al gas di idrogeno. I risultati sono i più rilevanti nella lunga serie di studi LENR effettuati da istituzioni giapponesi come la Mitsubishi Heavy Industries.
Michael Armand, un fisico chimico della CIC Energigune, un centro di ricerca in Spagna, dice che quei risultati sono difficili da contestare. In passato Armand aveva fatto parte di una squadra di scienziati che non erano stati in grado di spiegare il calore generato dall’esperimento dell’elettrolisi del palladio in acqua pesante, misurazioni che avrebbero potuto essere spiegate dal funzionamento del LENR.
A settembre Proceeding (la rivista della U.S. Naval Institute) pubblicava un articolo sulle macchine LENR intitolato “Questa non è fusione fredda” che gli fece guadagnare il secondo posto nel concorso della rivista sulle tecnologie emergenti.
Quindi cosa succede esattamente? Tutto inizia con il tristemente noto annuncio dei due elettrochimici Martin Fleishmann e Stanley Pons che affermavano di avere notato un aumento di temperatura nel loro apparato sperimentale. Molti fisici di ogni parte del mondo tentarono di riprodurre quei risultati ma senza riuscirci. I due ricercatori furono accusati di frode e la tesi della fusione fredda venne accantonata. Dei pochissimi che riuscirono a riprodurre i risultati di Flieshmann e Pons, alcuni, tra cui Lewis Larsen, cercarono spiegazioni alternative. Larsen è uno degli autori della teoria Widom-Larsen che rappresenta un tentativo di spiegare quei risultati e viene pubblicata per la prima volta nel 2006.

Saturare un metallo come il palladio con idrogeno. Illustrazione: Emily Cooper. 

Quella teoria suggerisce che il calore generato non dipenda dalla fusione degli atomi di idrogeno, così come sostenuto nella fusione fredda, ma che siano protoni ed elettroni a fondersi creando così neutroni.
Eco quello che succede, secondo tale teoria. Si inizia con un metallo (poniamo sia palladio) immerso in acqua. L’elettrolisi spacca le molecole d’acqua, ed il metallo assorbe l’idrogeno come una spugna. Quando il metallo è saturo, i protoni di idrogeno si raccolgono in piccole “isole” sopra alla “pellicola” di elettroni presente sulla superficie del metallo.
E qui c’è la parte più difficile. I protoni sono intrappolati in una trappola quantistica, possiamo immaginare che formino un singolo protone “pesante”. Gli elettroni superficiali si comportano similmente come un elettrone “pesante”. Iniettando energia (può andare bene un laser oppure un fascio di ioni) si offre al protone pesante e all’elettrone pesante abbastanza potenza per obbligare una piccola quantità di elettroni e protoni di fondersi e formare neutroni.
Questi neutroni vengono quindi catturati dagli atomi di metallo circostanti, generando raggi gamma. L’elettrone pesante cattura i raggi gamma ed irradia a sua volta raggi infrarossi, ovvero calore. Questa reazione annichila il luogo dove è fisicamente avvenuta, quindi si forma un minuscolo cratere nel metallo.
La teoria Widom-Larsen non offre l’unica spiegazione per i LENR, ma è stata favorevolmente recensita dal U.S. Department of Defense’s Defense Threat Reduction Agency nel 2010.
Due scienziati indipendenti hanno concluso che si basa su “teorie consolidate” e “spiega le osservazioni di un gran quantità di esperimenti LENR senza ricorrere a new physics [teorie che ricorrono a paradigmi differenti da quelli normalmente usati, NDT] oppure ad un meccanismo ad hoc”. Lamentano comunque come la teoria faccia pochi passi avanti nella direzione di limitare i battibecchi tra i ricercatori LENR ed i sostenitori della fusione fredda.
La teoria offre spunti nello spiegare come mai i risultati siano stati così controversi: creare luoghi a sufficienza per la produzione di una quantità di calore significativa necessita di un controllo nanometrico della forma del metallo. La ricerca sui nanomateriali è arrivava a questo punto solo negli ultimi anni.
Larsen ha fiducia nella sua teoria e nel futuro delle macchine LENR. Oggi, dopo gli eccellenti risultati dei ricercatori ed una maggiore attenzione da istituzioni quali la marina americana, la teoria potrebbe finalmente spiegare i dati sperimentali, primo passo essenziale di una lunga strada che porta ad un uso pratico delle macchine LENR.
L’articolo originale appare per la prima volta nel dicembre 2018 con il titolo “Scientists Reconsider Low-Energy Nuclear Reactions” e viene aggiornato una prima volta il 30 November 2018 e poi il 7 December 2018.