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martedì 2 novembre 2021

Calenda-Michetti e i voti a perdere dei poveri romani. - Antonio Padellaro

 

I seicentomila voti a perdere degli elettori romani, quelli ricevuti e poi gettati nel cassonetto da Enrico Michetti e Carlo Calenda, che non siederanno in Consiglio comunale perché hanno di meglio da fare, rappresentano una salutare lezione per chi ancora si ostina a recarsi alle urne ignorando l’evidenza dei fatti.

Benedetta ingenuità, ma come si fa a non rendersi conto che il voto è un apostrofo rosa tra le parole tu non conti niente? Infatti, cos’è il Parlamento dei nominati se non il certificato di un’interdizione legale? Come dire: sbarrate il simbolo del partito, analfabeti che non siete altro, che al resto pensiamo noi. E il governo dei Migliori (come tutti i Migliori che in questi anni si sono succeduti a palazzo Chigi) lo ha forse eletto qualcuno? L’ultima volta che siete andati a votare avete per caso trovato sulla scheda elettorale il nome di Draghi, o quello di Conte, o di Letta, o di Gentiloni, o di Renzi, o di Monti?

L’ultimo premier votato dagli italiani fu Silvio Berlusconi, e ciò non depone a favore del suffragio universale. Si dirà che con tutte le storture e le camarille le Camere sono chiamate pur sempre a rappresentare la volontà dei cittadini. Mica vero a leggere il sondaggio di Ilvo Diamanti sul ddl Zan (la Repubblica), secondo il quale la legge contro l’omotransfobia “piace al 60% degli italiani con punte del 70-85% tra giovani e under 40”. Fantastico, infatti l’hanno affondata.

Si dirà che da Michetti (374 mila voti) e da Calenda (220 mila) non era lecito aspettarsi nulla di diverso visto che hanno cose più importanti da fare. Il primo è impegnato a far sottoscrivere abbonamenti alle sue preziose gazzette amministrative. Al secondo bisogna dare atto di avere mantenuto la carica di europarlamentare “più importante e meglio retribuita ma avrebbe potuto cumularla a quella di consigliere comunale e non ci sarebbe stato nulla di male, a meno di non pensare che anche Calenda subisca l’egemonia ideologica degli anti-casta, coloro che sono soliti definire i ruoli istituzionali ‘poltrone’” (testuale su Repubblica, giornale che alla campagna elettorale di Cumulator ha dedicato più spazio perfino di quello riservato a Renzi d’Arabia).

A questo punto, visto che si parla di comici, come non ricordare la strepitosa battuta di Beppe Grillo? “Non sono andato a votare e mi vergogno. L’ho fatto per protesta. Ma poi ho scoperto che si dividono anche i voti degli assenti e anche le nulle, sì quelle schede su cui scrivono ‘vaffanculo’. Si sono divisi anche ‘l’affanculo’: 30% alla Dc, 17% al Pds eccetera”. (Scusate lo sfogo ma sono un elettore compulsivo e sto cercando di smettere).

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/11/02/calenda-michetti-e-i-voti-a-perdere-dei-poveri-romani/6376163/?fbclid=IwAR2QhUz6q66aNPl_CaX6ZLFyGkkvnblgtr9dBBLPvGk_CdBXStPwEdyIX4o

giovedì 10 giugno 2021

Ecco Mr. Michetti: danni alla Regione per 839mila euro. - Vincenzo Bisbiglia

 

Il sito “Gazzetta amministrativa”.

Per una serie di abbonamenti, accessi web e servizi di formazione del personale, ora alcuni ex politici della Regione Lazio rischiano che venga contestato un danno erariale di oltre 800 mila euro. Perché quei servizi – finiti nel mirino della Corte dei conti – secondo la Finanza sono stati acquistati in passato a prezzi gonfiati o in altri casi erano fruibili gratuitamente. Chi vende è la società Gazzetta Amministrativa Srl, legata alla Fondazione Gari, presieduta da Enrico Michetti, da ieri candidato del centrodestra come sindaco di Roma, voluto da Giorgia Meloni. La società gestisce il portale Gazzetta Amministrativa.it. Nel mirino dei pm contabili – che, come rivelato dal Fatto hanno aperto un fascicolo – ci sono finiti i soldi spesi in gran parte fra il 2010 e il 2012 dal Consiglio regionale della Regione Lazio (allora guidata dalla Polverini). Spese che secondo la Gdf potrebbero aver causato un danno erariale di 839.540 euro. I rilievi che non riguardano direttamente né l’imprenditore-candidato né la Gazzetta Amministrativa Srl, ma l’ente pubblico che ha acquistato i servizi.

Gli investigatori in un’informativa del 30 marzo hanno ripercorso dunque tutti i pagamenti della Pisana. Un affidamento riguarda “servizi online di supporto tecnico-giuridico all’Amministrazione regionale degli enti locali, nel triennio 2011-2014”, mediante l’attivazione di 1.500 accessi riservati al portale. Costo totale: 810 mila euro. Il pacchetto di accessi al sito fu acquistato in seguito a un protocollo d’intesa firmato il 5 aprile 2011 dall’allora presidente del Consiglio regionale, Mario Abbruzzese (ex FI): a suo carico i finanzieri ipotizzano un danno erariale (non ancora contestato dai pm contabili) di 701.100 euro, in solido con l’allora segretario generale, Nazzareno Cecinelli, che ratificò la convenzione. Per gli inquirenti, alcuni dei servizi contrattualizzati con il Consiglio regionale “potevano essere fruiti gratuitamente”. Non solo. Dalle verifiche è emerso che la Gazzetta Amministrativa srl aveva autorizzato ben 9.309 accessi riservati, “sintomatico – scrive la Gdf – di un minor valore degli accessi riservati acquistati”, il cui costo i militari quantificano in 29 euro l’anno, contro i 180 euro “riconosciuti dalla convenzione”. La Regione, per la Gdf, avrebbe dovuto pagare 108.900 euro, contro gli 810.000 euro bonificati.

Il secondo affidamento riguarda un “servizio formativo” per 430 dipendenti della Regione Lazio, come stabilito da una delibera del 2012, firmata da Abbruzzese e ratificata da Cecinelli. Per la Finanza, “per i 2 corsi erogati in convenzione, nel periodo 2012-2013, sono stati richiesti dalla società e pagati dall’Ente regionale 365.000 euro, ovvero 182.500 euro per edizione/corso”. Il problema è che, successivamente, la società aveva proposto un pagamento “in via forfetaria” rifiutato dalla Regione: “Se nell’atto convenzionale – si legge – fossero state applicate le stesse condizioni economiche poi proposte dalla società appaltatrice (…) i 2 corsi erogati e pagati avrebbero avuto un costo di 240.000 euro invece di 365.000”. La Finanza ha analizzato anche l’acquisto di 320 abbonamenti annuali alla rivista trimestrale “Gazzetta Amministrativa dei Comuni e delle Province d’Italia”, comprati dalla Regione nel 2007 (presidente Marrazzo). Per i militari il prezzo finale degli abbonamenti è gonfiato, non essendo stato applicato lo sconto del 25%, previsto in listino, per chi acquistava più di 100 copie. Nei giorni scorsi sui servizi acquistati dalla Pisana la fondazione Gari ci ha scritto: “Trattasi di attività espletate da soggetto distinto e diverso dalla Fondazione, (…) eventuali verifiche della Corte dei conti (…) potrebbero riguardare unicamente l’operato del soggetto pubblico e giammai il soggetto privato che ha svolto regolarmente le attività”. Sono le spese della Regione Lazio a finire nel mirino dei pm contabili. Non la società che ha erogato i servizi, per la Finanza però acquistati a prezzi gonfiati.

ILFQ