Via libera della commissione Affari Costituzionali del Senato a un emendamento alla legge elettorale che prevede che per conquistare il premio di maggioranza una coalizione debba superare una soglia del 42,5% (oggi invece lo prende la coalizione a prescindere dalla percentuale). A favore dell’emendamento presentato da Francesco Rutelli, oltre al suo gruppo Api, anche la Lega, Udc, Mpa e Pdl. Il senso del provvedimento dell’ex sindaco di Roma? E’ lui a spiegarlo: “Evitare che Grillo prenda il premio di maggioranza”. Contrari Pd e Idv. Si tratta della seconda approvazione, nel giro di poche settimane, che avviene con i voti della “vecchia maggioranza” (cioè il centrodestra che vinse le elezioni del 2008), anche se in questo caso ha avuto la presenza – decisiva – delle forze di centro dell’Udc e dell’Api di Rutelli. Che dice: “Una soglia significativa è la condizione base per evitare avventure. Il Sicilia il primo partito è stato quello di Grillo e la prima coalizione quella di centrosinistra – è il ragionamento dell’ex sindaco di Roma – Occorre una soglia alta per avere un premio di maggioranza per governare altrimenti il rischio è che il primo partito che ottiene il premio è Grillo. Ed è un rischio molto alto”.
Un emendamento anti Grillo, quindi. E Rutelli non lo nasconde. “Qui si tratta – aggiunge – di mettere a punto un sistema che consenta a una coalizione di governare, altrimenti diventa una legge truffa. O c’è una maggioranza coerente e adeguata che ottiene il premio per il governo oppure è bene redistribuire il premio in modo che sia il parlamento a formare la coalizione che sceglie il premier anziché affidare il tutto a un terno al lotto”. Secondo il leader dell’Api “non si può dare il 55 per cento” dei seggi “a chi prende il 30 per cento” dei voti, “sennò lo prende Grillo”.
Tutto ciò accade nella stessa giornata in cui il segretario del Partito Democratico Pierluigi Bersani aveva avvertito: “Sulla legge elettorale non si fanno colpi di mano da parte di maggioranze spurie. Il Pd è pronto a discutere in commissione ma no a votazioni random né a forzature”. Il no a qualsiasi forzatura è per Bersani uno dei due punti fermi. L’altro è la garanzia di governabilità. “Serve attenzione alla governabilità perché l’Italia si trova davanti a tantissimi problemi e la colpa più imperdonabile sarebbe allestire una legge elettorale che in premessa inibisse la governabilità”, ha avvertito. Detto questo, ha proseguito, “siamo assolutamente pronti a discutere. La commissione deve continuare una discussione che porti a una soluzione ben fatta, non con votazioni random e l’idea di forzare la mano che potrebbe avere qualcuno. La soluzione è possibile e noi abbiamo qualche idea”. E sempre oggi il presidente del Consiglio Mario Monti aveva auspicato un accordo tra i partiti anche se aveva avvertito che anche il governo potrebbe avere gli strumenti tecnici per intervenire, in questo sostenendo anche il nuovo appello del presidente della Repubblica.
E invece? Invece è successo proprio quello che Bersani aveva auspicato non succedesse. Così la capogruppo del Pd in Senato, Anna Finocchiaro, usa toni duri: così, dice, è rotto il dialogo. Questo voto ripropone “la riedizione di una strana maggioranza, una strana coalizione magari con un premier tecnico che garantirebbe il Pdl che così non registra una debacle, la Lega e le opposizioni”. A questo punto, continua Finocchiaro, “i lavori della commissione sono compromessi, ora si va in Aula. Noi presenteremo un emendamento per l’Aula se fisserà una soglia al 40% però un premio al 54% oppure un premio al primo partito del 10-12%”. Coloro che hanno votato l’emendamento Rutelli sulla soglia al 42,5% “sono forze politiche – sottolinea – che vogliono consegnare il Paese ad una situazione dove nessuno vince e nessuno perde”. Noi del Pd, invece, vogliamo una legge che dia stabilità al Paese. Purtroppo si sono avverate le previsioni di Bersani”.
Ancor più duro il commento del segretario democratico. “Sia chiaro che se ci si ferma ad oggi noi non ci stiamo non per noi ma per l’Italia, questo impianto va profondamente aggiustato” ha detto Bersani, secondo cui ”evidentemente c’è qualcuno che per paura che governiamo noi vuole impedire la governabilità del Paese. Ma sul punto della governabilità noi non cederemo in nessun modo”. Il segretario del Pd, poi, ha detto la sua anche sul rapporto con l’Udc e con Pierferdinando Casini: “La strada è lunga, ora vedremo quanti sgambetti” ha risposto Bersani a chi gli ha ricordato che il leader dei centristi aveva assicurato che nella riforma elettorale non avrebbe fatto sgambetti al Pd.
Il Pd, proprio perché aveva odorato l’aria di sconfitta in commissione, era rimasto a consulto per oltre un’ora, alla Camera, sulla riforma della legge elettorale prima della seduta in commissione. All’incontro hanno partecipato, tra gli altri, i capigruppo Dario Franceschini e Anna Finocchiaro, Maurizio Migliavacca, Luciano Violante, Gianclaudio Bressa. La linea emersa dalla riunione era stata quella di continuare a trattare sulla riforma per evitare che il Pd si ritrovi isolato da un nuovo asse Pdl-Lega-Udc. Il rischio è infatti, si ragiona in ambienti dei democratici, quello di un voto sulla riforma senza il Pd che potrebbe dare il destro agli altri partiti di intestarsi, indipendentemente dall’esito finale del provvedimento, la volontà di riformare l’attuale legge indicando i democratici come quelli che vogliono mantenere il Porcellum. In realtà il problema, secondo il Pd, non era tanto il premio di maggioranza alla coalizione (42,5%, appunto) quanto l’appendice che i democratici vorrebbero: se nessuno conquisti il premio di coalizione scatterebbe il premio (del 10%) al primo partito. In tal senso, il Pd ha fatto intendere che presenterà un proprio emendamento ad hoc non in Commissione, bensì in Aula.
In questo bailamme Pierferdinando Casini trova modo comunque per esultare: “Stanno maturando le condizioni per un accordo sulla legge elettorale. Finalmente”. ”L’individuazione di una soglia era cosa sacrosanta dopo i rilievi della Corte Costituzione” dice Casini. Per il leader dei centristi il testo è “migliorabile”. E non ha nulla a che vedere con il Monti-Bis, sostiene. Questo sulla legge elettorale, spiega, è “un work in progress. La norma è perfezionabile in Aula, si troverà un’intesa” ed anche nel Pd “lo sanno benissimo che alla fine un accordo si trova”. “Bisognava trovare un punto, altrimenti non se ne usciva” commenta. E il voto contrario del Pd? “Ci sono reazioni di facciata e altre di sostanza. A me interessano le seconde”. Poi sbotta su Twitter: “Basta sceneggiate sulla legge elettorale. Una soglia minima per il premio di maggioranza la chiede anche la Corte Costituzionale. Il Pd, invece di protestare, colga l’ottima occasione per migliorare il lavoro della Commissione. Siamo disponibili a ogni ragionevole modifica”. La ritrovata intesa tra Pdl e Udc è testimoniata anche da un altro fattore: Casini dice le stesse identiche cose (con le stesse identiche parole) di un colonnello del Popolo della Libertà: Fabrizio Cicchitto. “Al netto del confronto avuto col Pd che ci auguriamo possa trovare nei lavori successivi una ricomposizione, comunque è positivo che in Commissione al Senato ci sia stata una decisione perché mette in moto un meccanismo innovativo rispetto all’attuale legge elettorale e quindi crea le condizioni per scriverne un’altra. Ci auguriamo che anche il Pd colga questa occasione per contribuire a scrivere una nuova legge elettorale in una situazione nella quale l’alternativa è il mantenimento della legge attuale”.
Non la pensa così Nichi Vendola, che coglie l’occasione per tornare ad attaccare duramente il leader dell’Udc. ”Al Senato è andata in scena la ‘Notte dei morti viventi’” ha detto il numero uno di Sel, secondo cui “si è ricostruito il centrodestra sulla base della disperazione e con l’obiettivo di rendere ingovernabile il Paese” Poi la stoccata a Pierferdinando Casini che per Vendola “evidentemente ha sentito il richiamo della foresta. Della serie, va dove ti porta il cuore…”.
Acqua sul fuoco, invece, da Gaetano Quagliariello che ha spiegato il timing di quanto accaduto a Palazzo Madama. ”La settimana scorsa ho chiesto una pausa per cercare degli accordi, oggi sono arrivato qui e non ho trovato novità; se ci fosse stata unanimità non ci saremmo tirati indietro su un’ulteriore proroga” ha detto il vice capogruppo del Pdl al Senato. Che poi ha specificato: “Abbiamo votato la soglia ma questo non implica che questo testo non possa essere allargato e specificato. Non abbiamo ancora stabilito cosa accade se non si arriva alla soglia e se si misura con seggi o voti. Diciamo al Pd di scendere dalla torre d’avorio dalla quale ci giudicano per cercare una soluzione per contemperare stabilità e rappresentatività. Per quello che ci riguarda – ha aggiunto Quagliariello – non c’è stata una rottura. C’è l’Aula ma ci sono anche le proposte dei relatori che possono essere ancora fatte in commissione”. E se arrivasse una proposta sul modello D’Alimonte? “Questa proposta – replica Quagliariello – non è ancora arrivata. Se arriverà la valuteremo, se viene fuori non c’è alcuna preclusione”.