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mercoledì 18 settembre 2019

Nidi comunali gratis, il modello San Lazzaro. La sindaca: “Rette azzerate anche grazie a lotta all’evasione e riduzione degli sprechi”. - Eleonora Bianchini

Nidi comunali gratis, il modello San Lazzaro. La sindaca: “Rette azzerate anche grazie a lotta all’evasione e riduzione degli sprechi”

Il Comune di 30mila abitanti alle porte di Bologna è il primo in Italia a non fare pagare le rette dagli zero ai tre anni, indipendentemente dal reddito familiare. Isabella Conti, sindaca dem "anticemento" riconfermata con l'80% dei voti a maggio: "I nidi gratis incidono su natalità, azzeramento del bullismo e occupazione femminile. Sono scuola, per questo devono essere liberi e gratuiti per tutti". E sul welfare carente per il ceto medio dice: "In tanti rischiano di scivolare nella povertà perché non hanno ammortizzatori".
“A chi dice che i più ricchi dovrebbero pagare rispondo che il nido, come l’asilo, le elementari e le medie, fa parte di un progetto educativo più ampio. Di un percorso pedagogico di lungo respiro, che si traduce in minori tassi di abbandono scolastico e azzeramento statistico di rischi di bullismo“. E permette ai genitori di arrivare a fine mese senza l’acqua alla gola. Dall’inizio di questo anno scolastico Isabella Conti, sindaca dem di San Lazzaro di Savena, ha inaugurato i nidi comunali gratis per tutti, indipendentemente da Isee e reddito. Nota per essere un simbolo della lotta alla cementificazione selvaggia anche in aperto contrasto col suo partito, a maggio è stata riconfermata alla guida del comune di 30mila persone alle porte di Bologna con l’80% dei voti grazie alla sua lista civica. Aveva promesso asili nido gratis da settembre 2020, un obiettivo che è riuscita ad anticipare di un anno. Ora la sua è la prima amministrazione in Italia che ha annullato le rette per i più piccoli. A beneficiarne sono 300 bambini in 6 poli per l’infanzia (da zero a sei anni). Il via libera arriva dopo una prima parziale sperimentazione nel 2018 e consente alle giovani coppie di pensare a un figlio con meno ansie e alle donne che hanno avuto un bambino di potere tornare a lavorare. Con la speranza di sollevare la natalità del comune che, in linea col trend nazionale, ha un tasso di “anzianità del 210%. Vuol dire che per ogni ragazzo under 15 ci sono 2,1 over 65. Senza contare che il 12-13% ha più di 75 anni”.
Dal sostegno alle famiglie all’impatto sociale: tutti i benefici – Gli asili nido gratis sono il punto di approdo di un percorso che parte da lontano e che ha al centro una parola: welfare. “Stiamo lavorando a questo progetto già dal 2015. La priorità è quella di sostenere famiglie e giovani coppie, che oggi tendono a rinviare il momento per formare una famiglia. Ormai, infatti, ci si può permettere di pagare un affitto o un mutuo solo da adulti“. Difficoltà reali che si traducono in un calo della natalità, in un Paese che vive il declino demografico record degli ultimi cent’anni. “Anche San Lazzaro è in linea col trend nazionale. Ma oltre ad aiutare le famiglie, abbiamo voluto analizzare la questione dal punto di vista pedagogico“. Supportati dai dati. “È stato provato, ad esempio, che il tasso di abbandono scolastico è inferiore nelle aree di maggiore frequenza di nido e materna. In più, chi va al nido accede prima al linguaggio e quando i bimbi si abituano a convivere con i più piccoli si sviluppa una socialità che azzera i rischi di bullismo. I nidi non sono luoghi di babysitteraggio, ma di formazione. Sono scuola, e come tali devono essere liberi e gratuiti per tutti”.
La lotta all’evasione che paga le rette – Un passaggio fondamentale del percorso dell’amministrazione è stata la riqualificazione di una scuola dell’infanzia danneggiata dal terremoto del 2012. “Non abbiamo voluto chiudere o vendere la struttura, ma investire e sperimentare“. Dalla Regione arrivano 300mila euro e il Comune ne mette altrettanti, viene riaperta nel 2018 e diventa il primo polo per l’infanzia del Comune. Già quando nel 2017 la Regione stanzia 7 milioni di euro per i comuni da investire in ambito welfare nella fascia 0-6 anni, la sindaca decide di investirli nel taglio delle rette per chi ha un Isee sotto i 15mila euro. E a settembre 2019 l’amministrazione anticipa quello che, sulla carta, sarebbe dovuto diventare realtà soltanto nel prossimo anno scolastico. E cioè i nidi comunali gratis per tutti indipendentemente da reddito. Un proposito che diventa realtà “con l’aiuto imprescindibile dei contributi regionali”, spiega Conti, ma anche con una serie di tagli agli sprechiefficientamento energetico e recupero dell’evasione fiscale. “Il Comune ha pagato di tasca propria un milione di euro per la sostituzione di mille punti luce. L’abbiamo fatto senza ricorrere ai privati, tagliando tutti gli interessi che ne sarebbero derivati e ammortizzando i costi. Per recuperare le tasse invece sono andata nel nostro ufficio tributi, dove lavorano in 5. Troppo pochi per fare un lavoro di recupero su 30mila abitanti. Allora abbiamo esternalizzato a una ditta di engineering l’incrocio dei dati per verificare le entrate dal 2016 al 2018. Da lì abbiamo incassato 4 milioni di euro. Insomma, abbiamo fatto quello che si sente sempre dire”. Un’altra strategia per le casse pubbliche, sostiene la sindaca, è stata il taglio degli sprechi all’interno degli uffici comunali: “Spegniamo le luci e l’aria condizionata che non usiamo, ad esempio. E se penso che dal 1999 al 2004 chi governava questo comune ha speso 82mila euro di auto blu e io non ho mai chiesto un rimborso, posso dire che la mentalità è cambiata”. Tutte misure possibili, ci tiene a sottolineare la sindaca, “perché abbiamo un bilancio solido. Capisco che tutto questo non è fattibile per un paesino del Sud che rischia il default. E, oltre ai servizi alle persone, è importante investire nelle infrastrutture“.
I costi della gratuità – “Ho calcolato che per tenere aperti i nidi tra utenze e personale spendevamo 2,5 milioni di euro l’anno. Quello che incassavo dalle rette era di circa 480mila l’anno. Non coprivano neanche il 20%. Mi sono detta che potevamo farcela coi 4 milioni recuperati dall’evasione e i 250mila all’anno di efficientamento energetico“. Nel traguardo della gratuità è stato fondamentale l’apporto della Regione Emilia Romagna, che oggi dà un contributo di mille euro a bambino alle famiglie che hanno un Isee inferiore ai 26mila euro. “Mi sono resa conto che bastava investissi circa 300mila euro l’anno per avere il nido gratuito per tutti”, aggiunge Conti, che specifica come il Comune debba rendicontare “molto attentamente” il contributo regionale. “Vogliamo che questa misura incentivi sempre più i genitori a mandare i loro bimbi al nido. Al momento non abbiamo liste d’attesa, ma sappiamo che una possibilità, che auspichiamo, è l’aumento dei piccoli nelle nostre scuole. Ci stiamo già attrezzando per accoglierli“. Per l’amministrazione di San Lazzaro è anche un modo per abbattere le disuguaglianze, obiettivo dichiarato dal governo e ragione per cui, dice la sindaca, “mi sono trovata d’accordo col discorso di insediamento del Conte 2“.
“In Italia welfare vecchio di 25 anni” – Quella degli nidi gratis, assicura Conti, non è “una misura spot di buon senso ma è strutturale e fa parte della nostra visione di lungo periodo”. Tant’è che la sua amministrazione guarda al futuro con la creazione degli “alloggi cittadini” – “due parole che mi sono inventata io”, precisa la sindaca – per venire incontro a chi oggi non è nella fascia di reddito più bassa, ma è “penultimo” e generalmente escluso dal welfare. “Penso a una giovane coppia, dove lui e lei lavorano, magari hanno un bambino, e prendono poco più di mille euro al mese ciascuno. Devono pagare l’affitto o il mutuo e rischiano di non farcela. Per loro non ci sono misure di sostegno. Anzi, si vedono ‘sorpassati’ da chi ha ancora meno di loro, magari è immigrato, e ha sussidi e casa popolare“. Il problema, dice, “è che oggi si scarica il costo sociale degli ultimi sui penultimi, ma la differenza tra i due non è più, come un tempo, di 25mila euro l’anno, ma di tremila”. Chi è penultimo, così, rischia di scivolare nella povertà senza ammortizzatori sociali. “Vent’anni fa c’era il 10% di ricchi, il 10% di poveri e l”80% di fascia media. Oggi non è più così, ma il sistema di welfare nazionale è rimasto lo stesso. Per le fasce medie, che sono in evidente difficoltà, non esiste”. Quindi l’obiettivo numero due è la casa: “Tra due anni sarà a regime il piano degli alloggi cittadini, ed entro fine anno ne arriveranno già 10. Funzionano diversamente rispetto alle graduatorie delle case popolari, che sono di competenza regionale, e vengono assegnate in base a principi diversi. Sono destinati a giovani coppie, madri sole o vittime di violenza. Sono di proprietà pubblica e con affitti che vanno dai 100 ai 250 euro, e chi ci abita è anche responsabile della manutenzione“. Case che al piano terra avranno anche un nido condominiale.

mercoledì 29 luglio 2015

Lo scambio tasse-sanità di Renzi viene da lontano. - Pierfranco Pellizzetti

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Non c’era bisogno di essere un acuto politologo per capire che l’annuncio estivo di Matteo Renzi della manovra anti-tasse è solamente l’inizio di una lunga campagna elettorale per recuperare i consensi perduti. In una sequenza accelerata alla Ridolini: abolizione dell’Ici sulla prima casa nel 2016, diminuzione dell’Irap nel 2017 e poi dell’Irpef un anno dopo. Semmai la domanda era un’altra: da dove il mirabolante premier presume di far saltare fuori la provvista per un’operazione quantificabile in svariate diecine di miliardi.
Poi il dubbio è stato parzialmente sciolto: almeno una diecina di miliardi arriveranno da tagli sulla sanità. E – così – se resta il dubbio sul portato effettivo dell’annuncio, molti altri aspetti della complessiva politica renziana sono venuti alla luce. In particolare la stretta dipendenza dal modello berlusconiano, che ora risulta in tutta la sua pienezza. Non soltanto come priorità accordata all’illusionismo comunicativo; in una visione iomaniaca del proprio ruolo, ridotto a bulimia di potere.
Lo scambio tasse-sanità rivela ben di più: l’identificazione nelle strategie politiche messe a punto a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso dalla destra repubblicana degli Stati Uniti, riconfezionate negli anni Novanta dai vari Tony Blair e Bill Clinton nelle retoriche della (presunta) Nuova Sinistra di Terza Via.
Insomma, emergono con nitidezza le coordinate cultural-politiche del giovane provincialotto di Rignano, sempre sulle orme del ganassa di Arcore; entrambi intenti a recitare la sceneggiatura da Italietta del dopoguerra de “L’americano a Roma”.
Facciamo qualche passo indietro per capirci: nell’Occidente del secondo dopoguerra venne portata a compimento un’opera di ingegneria politico-sociale già teorizzata nell’anteguerra da John M. Keynes e avviata dal presidente Franklin D. Roosevelt con il New Deal. Ossia, una poderosa opera di trasferimenti di risorse verso l’area centrale della società (inducendo al tempo stesso dinamiche ascensionali inclusive) per garantire sicurezza e qualità della vita tramite un vasto apparato di servizi sociali.
In questo modo si utilizzavano le capacità di programmare, organizzare e distribuire i grandi numeri e i grandi volumi, apprese e messe a punto dagli Stati durante i due conflitti mondiali, quale traduzione in modello del cosiddetto compromesso keynesiano-fordista (lo scambio negoziale tra cassi lavoratrici sindacalizzate e borghesia imprenditoriale, avente per oggetto l’accettazione del sistema capitalistico, a fronte della promessa di piena occupazione tendenziale).
Si affermava così in un po’ tutte le realtà occidentali il cosiddetto Stato Sociale, o Welfare State. Il programma con cui la sinistra democratica e/o socialdemocratica arrivò e si mantenne al potere per lustri. Da qui partiva la riflessione, che impegnò a lungo i think tanks conservatori/reazionari: come rompere la “simbiosi welfariana”. Ossia, le mosse per staccare i ceti medi beneficiati dai servizi dal personale politico-burocratico che tale sistema presidiava.
L’uovo di Colombo e – al tempo stesso – il cavallo di Troia furono trovati individuando il punto debole della costruzione: il finanziarsi attraverso la leva fiscale. Psicologi dell’egoismo avido, i progettisti NeoCon puntarono sulla miopia possessiva del “meglio un uovo oggi che una gallina domani”. All’insegna della bieca metafora “infilano le mani nelle tasche dei cittadini”, partì già in quegli anni una campagna comunicativa che metteva a frutto tutte le armi propagandistiche accumulate negli arsenali dell’anti-Stato, propugnatrici dell’inesistenza del sociale. La febbre distruttrice trovò inizialmente il proprio speaker nell’attore sul rimbambito Ronald Reagan, già distintosi come pioniere della tematica quale governatore della California, portandolo alla presidenza degli Stati Uniti. Poi dilagò, arruolando tutti gli arrampicatori sociali impegnati in politica; nell’avvenuta cancellazione dei confini tra le varie posizioni e i vari schieramenti.
Questa la premessa di una lunga fase storica che Thomas Piketty ha soprannominato “i Quaranta ingloriosi”. In cui si è fatto macelleria sociale (mentre si propugnava l’intento mendace di combattere la presunta macelleria fiscale), si sono favoriti mastodontici ri-trasferimenti di ricchezza al vertice della piramide sociale, si è sbaraccato l’apparato sicuritario (Habermas diceva che “i servizi sono le stecche del corsetto della democrazia”) con l’assenso masochistico dei diretti beneficiari; lasciatisi turlupinare da chi faceva loro intravedere una succulenta bistecca virtuale, riflessa nello stagno della disuguaglianza imperante in questi anni.
Una vergognosa ricetta di successo, con cui Silvio Berlusconi si presentò sulla scena politica alla fine della Prima Repubblica (lo slogan vittorioso “meno tasse per tutti”); che ora riprende il neofita Matteo Renzi. Mentre si abbatte a colpi di piccone la scuola pubblica, si combattono i diritti del lavoro per consentire la gestione del business con molto bastone e un po’ di carota a un ceto manageriale incapace, si intende disarmare la magistratura inquirente perché non trovi collusioni tra malaffare e personale di partito, si lascia intuire ai malati che per salvare la pelle è meglio ricorrere alla sanità privata.
Il tutto a fronte di promesse non mantenibili (stante il pauroso deficit che ci opprime) di alleggerimenti futuri. Nell’intento immediato dell’epigono toscano di un americanista brianzolo di fare l’en plein alla roulette elettorale.