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giovedì 1 aprile 2021

Renzi è un senatore italiano: non può accettare soldi esteri. - Filoreto D'Agostino

 

Il noto studioso di scienze politiche, Robert Dahl, ha sottolineato come la credibilità della democrazia si fonda sull’uguaglianza politica intesa come principio di governo giustificato da moralità, prudenza e accettabilità e, per questo, più raccomandabile di qualsiasi alternativa. All’uguaglianza s’informa il complesso di diritti e doveri la cui tutela ed esposizione è affidata anche al principio di trasparenza, utile cartina di tornasole per saggiare la democraticità di un ordinamento.

Per questo ogni Stato si preoccupa di disciplinare opportunamente la trasparenza nell’operato dei pubblici funzionari. Sono così imposti rigidi parametri ai pubblici dipendenti per impedire che accedano a cariche esterne e ricevano compensi senza il consenso della loro amministrazione. L’accettazione di cariche in enti diversi e la percezione dei relativi emolumenti sono assoggettate ad autorizzazione nel quadro di un codice di comportamento secondo il quale il dipendente non accetta, per sé o per altri, regali o altre utilità di valore non superiore ai 150 euro. Per i parlamentari vige l’obbligo di dichiarare quanto ricevuto direttamente o a mezzo di comitati per importi superiori a 500 euro annui.

Come si può valutare, in tale contesto, il ricco emolumento percepito dal senatore Renzi per partecipare al board di una fondazione araba? Le cause della dazione possono essere solo due: la prestazione d’opera o la liberalità. Sulla prestazione d’opera è chiaro che nessun funzionario dello Stato italiano potrebbe ricevere quel munifico corrispettivo. Per conseguirlo il pubblico dipendente dovrebbe inventarsi un’eccellente ragione (inimmaginabile in rerum natura) ed essere autorizzato dalla propria amministrazione, previo concerto con ministero degli Esteri e presidenza del Consiglio. Perché, nei rapporti con enti stranieri, il pubblico funzionario rappresenta lo Stato italiano e deve garantire la non esposizione a perplessità e sospetti a tutela della dignità dell’intero apparato. Il principio va esteso, a maggior ragione, ai parlamentari perché il fondamento del presidio istituzionale è rafforzato. Quegli impedimenti assoluti, cioè, valgono vieppiù per un senatore della Repubblica, soprattutto quando costui si trova a rappresentare la Nazione italiana (art. 67 Cost.) in una fondazione estera regolata fors’anche dalla sharia. Chi ritiene legittimo tale contegno opta per un sistema estraneo al nostro ordinamento costituzionale per l’obiettivo rifiuto dell’uguaglianza e della trasparenza oltre che per l’incoerenza tra funzione esercitata e doveri scaturenti dallo specifico status.

Se si ammette che la qualità di parlamentare consente di superare i limiti della legge (e della decenza istituzionale) validi per tutti gli altri pubblici funzionari, vale allora l’adagio orwelliano secondo cui “alcuni animali sono più uguali degli altri”, con buona pace del principio sancito nell’art. 3 Cost. Intraprendere attività consulenziali è certo lecito dopo aver chiuso la carriera politica, come hanno dimostrato Blair e Schröder. Proprio per i motivi ben presenti ai due ex governanti sarebbe auspicabile che il Senato non continuasse a ignorare la questione. Anche la semplice inerzia può costituire implicito segnale che, per quel consesso, non ci sono problemi di sorta e che, a dispetto dei parametri costituzionali, l’operato del senatore è ritenuto conforme. Sulle liberalità: solo immaginare che si sia trattato di donativo fa arrossire. L’ipotesi va assolutamente respinta a tutela del decoro e della dignità delle pubbliche istituzioni.

IlFattoQuotidiano

venerdì 17 maggio 2019

Cisl, stipendi d'oro: compensi che sfiorano 300mila euro. Espulso il dirigente che ha denunciato il caso.



Scoppia il caso dei megastipendi alla Cisl. Un ex funzionario del sindacato ha denunciato i mega compensi di alcuni dirigenti dell'organizzazione guidata da Annamaria Furlan e per questo verrà espulso.
Nel dossier - rivelato da Repubblica - e firmato da Fausto Scandola un atto d'accusa corredato di nomi e cifre: retribuzioni che sfiorano i 300mila euro l'anno e superano quindi anche il tetto fissato per i dirigenti pubblici (240mila euro).
Ecco alcuni dei nomi e dei mega stipendi citati dal giornale: «Antonino Sorgi, presidente nazionale dell'Inas Cisl, nel 2014 si è portato a casa 256mila euro lordi: 77.969,71 euro di pensione, 100.123,00 euro di compenso Inas e 77.957,00 euro come compenso Inas immobiliare. Valeriano Canepari, ex presidente Caf Cisl Nazionale, nel 2013 ha messo insieme 97.170,00 euro di pensione, più 192.071,00 euro a capo della Usr Cisl Emilia Romagna: totale annuo, 289.241,00 euro. Ermenegildo Bonfanti, segretario generale nazionale Fnp Cisl, 225mila euro in un anno, di cui 143mila di pensione. Pierangelo Raineri, gran capo della Fisascat Cisl, 237 mila euro grazie anche ai gettoni di presenza in Enasarco, più moglie e figlio assunti in enti collegati alla stessa Cisl».
«I nostri rappresentanti e dirigenti ai massimi livelli nazionali - dice Scandola - si possono ancora considerare rappresentanti sindacali dei soci finanziatori, lavoratori dipendenti e pensionati? I loro comportamenti, lo svolgere dei loro ruoli, come gestiscono il potere, si possono ancora considerare da esempio e guida della nostra associazione che punta a curare gli interessi dei lavoratori?».
Lo scorso settembre l'ex numero uno Raffaele Bonanni aveva lasciato improvisamente l'incarico fra veleni sul suo stipendio. Alcune voci avevano infatti riferito che l'ex segretario si fosse aumentato lo stipendio, proprio in vista del ritiro, per far lievitare la pensione.
Furlan, alla guida della Cisl da meno di un anno, ora promette una svolta. «L'organizzazione aveva bisogno di nuove regole e se le è date con il regolamento approvato il 9 luglio, che entrerà pienamente in vigore il 30 settembre escluse d'ora in poi le possibilità di cumulo delle indennità. Abbiamo imboccato la strada della trasparenza - dice a Repubblica - e la completeremo con l'assemblea di organizzazione di novembre».
«Metteremo tutto su internet», annuncia il leader della Cisl. Inoltre, continua, «abbiamo introdotto una norma per cui se un sindacalista ottiene incarichi esterni, il compenso sarà versato direttamente all'organizzazione e non al diretto interessato. Del resto, lo stipendio da sindacalista è più che sufficiente ed è giusto che gli incarichi esterni producano introiti da destinare alle strutture della Cisl». «Infine con una delibera di segreteria immediatamente esecutiva abbiamo provveduto e ridurre in modo drastico le indennità di vertice più alte», sostiene ancora Furlan.
L'espulsione del pensionato che ha denunciato questa vicenda, rileva infine il segretario generale della Cisl, «è stata decisa dalla nostra magistratura interna che è autonoma nelle sue scelte. Non sono tanto decisive le offese personali che mi sono state rivolte nella lettera che mi ha inviato ma la scelta di far circolare quel documento in questo modo gettando discredito sull'organizzazione». Insomma il discredito sul sindacato, secondo Furlan, lo getta chi denuncia i compensi d'oro, non chi stabilisce e incassa quei megastipendi.