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giovedì 17 settembre 2020

Contro i dirottatori del referendum. - Salvatore Settis


Un decalogo - Attenti ai “benaltristi”, alle prediche interessate e ai falsi argomenti: conviene scegliere tra  e NO rimanendo al merito, senza agitare l’apocalisse . E soprattutto, a votare è meglio andarci.

Caro Salvatore, il tuo articolo sul Fatto del 2 settembre mi aveva convinto a votare ‘Sì’ al referendum, ma mi ha anche spinto a leggere tanti altri interventi, per il ‘Sì’ e per il ‘No’. E dopo aver letto tante voci discordanti sono di nuovo perplessa e confusa: ci sono tanti argomenti per tutte le due posizioni, e la discussione è tortuosa e difficile da seguire con tanti risvolti. Non sarà meglio tenersene alla larga, e non andare a votare?

Marianna
Cara Marianna, ti do ragione due volte, ma non tre. Hai ragione quando dici che sul referendum ci sono argomenti tanto per il SÌ quanto per il NO; e hai ragione quando dici che la discussione in merito è spesso tortuosa e confusa.
Ma hai torto se credi che con queste premesse è impossibile scegliere, ed è meglio astenersi. Non votare in un referendum senza quorum come questo vuol dire ‘votare’ per chi vincerà, chiunque sia e quali che siano i suoi argomenti. Vuol dire arrendersi, dichiarare forfait per timore di non capire. Prima di prendere questa strada, prova a ragionare a fondo sui perché del SÌ e del NO. Io provo intanto a proporti qualche criterio per orientarsi nella selva delle argomentazioni, quelle buone e quelle speciose.
Primo criterio. La Costituzione è per sempre. Perciò nei referendum costituzionali valgono solo gli argomenti sul merito della riforma proposta su un punto molto specifico, e nessun altro. Per esempio, la riforma Renzi-Boschi meritava di essere liquidata da un sonoro NO non perché a volerlo fare era quel governo, ma perché pretendeva di cambiare in un colpo 47 articoli della Carta. Nel referendum del 20 settembre la domanda da farsi è una sola: ridurre il numero dei parlamentari è positivo per il funzionamento della nostra democrazia? O è negativo? O indifferente?
Secondo. Meglio non arrendersi alla tribù dei Benaltristi: quelli che davanti a qualsiasi problema, perfino un referendum costituzionale, proclamano: “ci vorrebbe ben altro”. Chi dice che questa riforma non ridurrà le ingiustizie sociali, non cancellerà la disoccupazione né migliorerà sanità e ricerca, scuola e tutela del paesaggio dice il vero, ma usa un argomento che col referendum non c’entra nulla. Controprova: e se vince il NO, quale di questi problemi si risolve d’incanto?.
Terzo. Bisogna insospettirsi davanti a ogni tentativo di dirottamento. Per esempio, se ti dicono: ma se voti SÌ sarai in cattiva compagnia, perché così votano X, Y, Z, ricordati che pochi anni fa la riforma Renzi-Boschi fu bocciata non per la travolgente, isolata forza di una sinistra rivoluzionaria, ma perché votarono NO anche la Lega e Forza Italia. Era una pessima compagnia, ma in un referendum costituzionale deve contare, per te come per ciascun elettore, il merito della decisione da prendersi, e non chi, per ragioni tattiche non sempre impeccabili, ha finito per votare come te.
Quarto. A chi ti dice che più sono i parlamentari e più sono rappresentati i territori, le minoranze o i micropartiti, prova a obiettare: e perché allora non proponete di accrescere il numero dei parlamentari, per rendere il Parlamento ancor più rappresentativo? E come mai non avete protestato quando la Camera approvò questa riforma con oltre il 90% di maggioranza? Perché mai avete aspettato il referendum per esprimere il vostro dissenso? E quale sarebbe secondo voi il numero ideale perché la rappresentanza funzioni al meglio? Il numero odierno di senatori e deputati, a cui si è giunti combinando quanto disposto dalla Costituente con leggi successive, è la pura e insindacabile perfezione? E perché?
Quinto. Se ti dicono “la Costituzione non si tocca !”, rispondi: è proprio vero, e dunque non si tocca nemmeno l’articolo 138, dove si prescrive che la Costituzione può essere modificata, e si spiega come e con quale procedura. Settantacinque anni di Repubblica hanno mostrato che le riforme puntuali, di uno o due o tre articoli, “passano”, anche quando non sono un granché (come quella dell’art. 81 sul pareggio di bilancio), mentre i tentativi di stravolgere la Carta modificandone in un sol colpo 40 o 50 articoli vengono respinti dai cittadini. Lo hanno imparato a proprie spese Berlusconi e Renzi.
Sesto. Chiediti sempre da che pulpito viene la predica. Non è necessario ricordare tutto di tutti, ma molto si può controllare. C’è chi oggi vota NO perché la riduzione dei parlamentari è populista, antiparlamentarista etc.: verifica in Rete, e se trovi che la stessa persona ha sostenuto il contrario due, tre, cinque anni fa saprai in un fiat che non ha ragionato sul merito, ma sulla convenienza del momento.
Settimo. È vero, questa riduzione del numero di parlamentari richiede altre riforme complementari (regolamenti delle Camere, legge elettorale, riduzione della rappresentanza regionale nel corpo elettorale del Capo dello Stato): tutte in ritardo, nessuna approvabile prima del referendum. Segno che anche i fautori del SÌ hanno perso più d’un treno, e hanno badato al merito e alla sostanza meno di quel che avrebbero dovuto. Ma basta per votare NO? Non sarebbe meglio, una volta passata la riforma, stargli col fiato sul collo perché anche le norme “di contorno” vengano approvate?
Ottavo. Ti diranno che il taglio dei parlamentari è una valvola di sfogo della rabbia sociale diretta contro la “Casta”, e che le pittoresche manifestazioni per il SÌ a suon di forbici sono grottesche. Lo penso anch’io. Ma non dobbiamo scambiare questi falsi argomenti dei fautori del Sì come potenti argomenti in favore del NO. Gli uni e gli altri eludono la sola sostanza: quali sono le conseguenze della riduzione del numero dei parlamentari?
Nono. Non esiste un “numero ideale” dei parlamentari, che garantisca la miglior rappresentanza possibile. Di solito i Parlamenti dei Paesi più piccoli sono più affollati (67 deputati per meno di 500.000 cittadini a Malta), e hanno meno membri nei Paesi più grandi (i 330 milioni di cittadini Usa sono rappresentati da 435 deputati e 200 senatori). Stando alle proporzioni di Malta, l’Italia dovrebbe avere 8.040 parlamentari; se volessimo seguire l’esempio americano, ci toccherebbero 80 deputati e 36 senatori. La rappresentatività non si misura sul numero complessivo, ma sui meccanismi elettorali e sull’effettivo radicamento degli eletti nei territori di provenienza.
Ultimo. Comunque deciderai di votare, non cedere mai alla tentazione di coprire di insulti chi non la pensa come te, o di minacciare l’apocalisse se non vince chi la pensa come te. Rileva, quando è il caso, la debolezza di questo o quell’argomento, l’incoerenza delle posizioni, gli errori di fatto di certe affermazioni. Contrapponi i tuoi argomenti, se parli con qualcuno che ha voglia di ascoltare. E va’ a votare, serenamente rimettendoti a quella che sarà la volontà popolare.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/09/17/contro-i-dirottatori-del-referendum/5934321/