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giovedì 18 dicembre 2025

Il narcisista. -

 

Il narcisista non ha solo bisogno di essere ammirato: ha bisogno che nessuno possa mettere in crisi la narrazione che fa di sé.
La sua immagine pubblica non è un accessorio: è la sua armatura. Quando sente che una vittima potrebbe raccontare la verità,
non cerca il dialogo, non cerca il confronto, non cerca la riparazione. Cerca la delegittimazione. È un meccanismo preciso, antico, automatico: trasformare chi potrebbe rivelare la sua ombra in qualcuno che non verrà creduto. Così la vittima diventa “esagerata”,
“instabile”,
“gelosa”,
“vendicativa”,
“fragile”,
“confusa”,
“problematica “
Il narcisista costruisce intorno a sé una reputazione tanto impeccabile quanto fragile.
Sa che basta una crepa per far crollare il castello, e allora lavora in anticipo: protegge la sua immagine screditando chi potrebbe minacciarla. Non lo fa per cattiveria.
Lo fa per sopravvivenza psicologica.Smontare l’altro serve a conservare il personaggio.
Ridicolizzare la vittima serve a neutralizzare la sua voce. Creare sospetto serve a difendere la sua facciata pubblica. La dinamica è sempre la stessa: se non posso controllarti,
posso almeno renderti non credibile. E in questo schema la vittima resta doppiamente ferita: prima nella relazione, poi nella narrazione. Ma la verità clinica è semplice:
quando qualcuno ha disperato bisogno di screditare gli altri per salvare se stesso,
non è forte, è in frantumi. E ogni volta che una vittima ritrova la sua voce, l’immagine del narcisista traballa. Perché non c’è maschera abbastanza solida da resistere a una verità finalmente detta. Il narcisista e l’immagine pubblica: la difesa contro la vergogna. Per comprendere perché il narcisista scredita le vittime, bisogna capire una cosa essenziale:
la sua identità non è stabile. È costruita su un equilibrio fragile, mantenuto da continue difese contro la vergogna. La vergogna, nel narcisismo, non è un’emozione: è un baratro.
Un vuoto identitario che il soggetto non può tollerare. Per questo deve impedire, a ogni costo, che qualcosa o qualcuno lo avvicini a quel punto di frattura. Quando una vittima comincia a parlare,a nominare l’abuso,
a mostrare ciò che accade dietro le quinte,
il narcisista non vive questo come un confronto: lo vive come una minaccia alla sua sopravvivenza psichica. La sua prima difesa è quella più antica: screditare l’altro prima che l’altro possa rivelare la sua vulnerabilità.
È una dinamica di proiezione e inversione:
ciò che teme dentro di sé lo attribuisce all’altro. Così la vittima diventa “instabile”, “manipolatrice”, “ossessiva”.Le accuse servono a creare un contenitore esterno
per la vergogna interna che non può essere mentalizzata. Il narcisista non mente sempre in modo consapevole. Spesso dissocia.
Scinde le parti di sé: da una parte il Sé grandioso, impeccabile, competente;
dall’altra il Sé fragile, vergognato, impotente.
La vittima, quando denuncia o racconta,
riattiva proprio la parte dissociata:
quella che non deve esistere. Per difendersi, il narcisista deve separarsi dalla responsabilità
e trasferirla altrove. La narrazione pubblica diventa allora un modo per mantenere
una continuità del Sé: coerente all’esterno, scissa all’interno. La vergogna è l’emozione più temuta dal narcisista.
Non la colpa, la colpa ammette un atto.
La vergogna, invece, riguarda l’essere.
Per questo l’attacco alla vittima è così feroce e capillare: serve a evitare che emergano aspetti del Sé che lui stesso non può tollerare.
La logica interna è questa:
“Se tu mi esponi, io ti distruggo.
Se tu racconti, io nego la tua credibilità.
Se tu mostri la mia ombra, io ti dipingo come ombra. Non è cattiveria. È difesa identitaria.
L’immagine esterna per il narcisista funziona come una seconda pelle. È il suo modo di tenere insieme ciò che dentro è frammentato.
Per questo la cura dell’apparenza è ossessiva:
non riguarda il desiderio di piacere,
ma il bisogno di non crollare.
Quando la vittima racconta la verità,
minaccia questa pelle simbolica.
E il narcisista reagisce come se fosse in gioco la sua sopravvivenza.
La vittima viene screditata perché dice qualcosa che il narcisista non può sopportare. Da un punto di vista clinico,
il discredito serve a rendere innocua la testimonianza e a mantenere il controllo della narrazione. Perché dove la vittima parla,
il narcisista perde potere sulla realtà. Screditare non è solo un attacco:
è un tentativo di ricostruire un senso interno di coerenza, compromesso dalla possibilità del giudizio altrui. Il narcisista attacca la vittima
perché l’alternativa sarebbe affrontare la propria vergogna, e questo, per la sua struttura psichica, sarebbe un crollo.
Per questo il lavoro clinico non consiste nello smascherare, ma nel comprendere come queste difese si sono formate
e cosa proteggono. E per questo le vittime
non devono interpretare il discredito come una colpa o una debolezza,
ma come la prova più chiara
dell’incapacità del narcisista di sostenere la verità sul proprio Sé.
Dr. Carlo D’Angelo
Il narcisista esiste in varie persone , nasce per distruggere le sue vittime e vive sereno nella sua cattiveria ❤️

venerdì 6 agosto 2021

Tanti elogi a Renato: così l’agente Betulla è ritornato a Palazzo. - Romana Allegra Monti e Giacomo Salvini

 

Neo-assunto. Il giornalista ha scritto diversi articoli celebrativi su ministro e governo.

Niente da dire: Renato Farina alias “agente Betulla”, si è conquistato sul campo l’assunzione come consulente giuridico del ministro Renato Brunetta. Da quando il governo Draghi si è insediato, sulle colonne di Libero il giornalista un tempo al servizio dei Servizi ha elogiato e celebrato le magnifiche gesta del premier, del commissario straordinario Figliuolo e di tutti i suoi ministri (tranne uno: Speranza, da lui considerato un pericoloso bolscevico). Ma ancora più di Draghi, Betulla ha dimostrato un particolare affetto nei confronti di Brunetta che, 6 mesi dopo, lo ha portato con sé al ministero della Funzione Pubblica.

Il 14 febbraio, dopo il giuramento, Libero apre il giornale con un titolo al limite del grottesco: “Brunetta ministro di alto profilo”. Svolgimento di Farina: “È la garanzia del ‘nessun dorma’”, “Il migliore che sia capitato all’Italia nel settore della Pubblica amministrazione”, “un professore di rilievo internazionale”. E ancora, il ritratto di Brunetta è un lungo florilegio di note biografiche in cui il ministro appare come il nuovo De Gaulle: “Nasce da famiglia poverissima”, “ha dovuto conquistarsi il diritto di svettare, trasformando le difficoltà in trampolino delle volontà”, “la carriera universitaria sfolgorante” e “una spasmodica lotta ai fannulloni”. Poi, la rivelazione di Farina: “Confesso, non parlo per sentito dire, non ho letto il suo profilo di Wikipedia: lo conosco”. Infatti hanno curato insieme una collana di libri su Libero e per cinque anni sono stati nello staff alla Camera di Forza Italia. E così il giudizio non può che essere imparziale e pungente: “Mi sono convinto per esperienza – scriveva Farina il 14 febbraio – che quest’uomo sia uno dei pochi giganti del pensiero in circolazione”. Un Nobel mancato. Betulla tesse le lodi anche dell’autrice della futura riforma della giustizia, a suo dire denigrata dal centrosinistra: “La Cartabia – scrive Farina il 16 febbraio – è riuscita a far funzionare come un orologio svizzero la Corte costituzionale che con lei, anche se positiva al Covid, marciava al galoppo”. E dal galoppo al galoppino, è un attimo.

L’inarrestabile Farina appunta al petto di Draghi e Cartabia una medaglia al valore per la cattura dei “brigatisti e assassini che se la spassavano in Francia”, definendola una “grande operazione” con un titolone sull’edizione di Libero del 29 aprile 2021. Come se li avessero catturati loro, a mani nude. Certo il soggetto preferito del suo lambire è il sommo Draghi, che affianca in ogni fondamentale e cruenta battaglia, come quella contro l’eccessivo utilizzo di parole inglesi: “Smart working, babysitting… chissà perché dobbiamo usare tutte queste parole inglesi”. Una frase che Farina definisce come “memorabile, penetrata negli animi ben oltre la crème intellettuale. […] Un sano moto di rivolta, in fondo patriottica”. Lo ha incensato persino quando, in occasione della Giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid, Draghi ha chiuso la porta ai giornalisti (quindi la sua categoria, almeno sulla carta). Ma non basta. Quando il governo annuncia le riaperture di bar e ristoranti del 26 aprile, il merito di questo incredibile risultato è di Draghi e del suo “algoritmo di buon senso e e buon governo: salute + serenità sociale, fiducia nei cittadini + ragionevolezza = apertura progressiva”. Qualsiasi cosa voglia dire. Ma che ne pensa Betulla delle nomine volute dal premier? Su Libero del 21 aprile, Farina definisce Figliuolo come “l’uomo scelto perché stimato universalmente quale campione di logistica militare”. Mica come Arcuri. Lui ha le medaglie sul petto: “Figliuolo risolve i problemi quando fischiano i proiettili o sono lì per arrivare i missili”. Uno così non poteva che meritare una promozione.

ILFQ