Il nome dovrebbe dire tutto: decreto legge Semplificazioni.
Il contenuto pure: una norma scritta apposta per sbloccare le opere pubbliche con gare di appalto semplificate, eliminare lacci e lacciuoli della burocrazia e velocizzare i tempi delle autorizzazioni della Pubblica amministrazione.
Una norma approvata il 7 luglio ed esaltata da tutte le forze di maggioranza, da Matteo Renzi (“Adesso apriamo i cantieri”) al Pd (“Può risolvere la malattia endemica della burocrazia”, Andrea Marcucci) fino al M5S.
Con un obiettivo: fare da “trampolino di lancio per la ripartenza del Paese” (Giuseppe Conte).
Peccato che i giallorosa di semplificare non hanno alcuna voglia, nonostante il nome del decreto. Ieri nelle Commissioni Affari costituzionali e Lavori pubblici del Senato sono stati depositati gli emendamenti in vista della conversione in legge: in tutto sono 2.750, di cui la metà delle forze di maggioranza. Ben 397 sono targati M5S, 360 del Pd, mentre Italia Viva e LeU si spartiscono 288 e 242 emendamenti a testa. I restanti 1.300 sono firmati dall’opposizione che però, va detto, fa il suo mestiere. Ai limiti del tafazziano, invece, la scelta della maggioranza. L’unica speranza, per il governo, è che il 23 agosto molti emendamenti vengano dichiarati inammissibili. In caso contrario, dal 24 agosto sarà Vietnam parlamentare. E un decreto approvato per semplificare potrebbe finire sepolto sotto una montagna di complicazioni.
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Volevate la prova che di semplificare non c'è voglia?
- Eccovela! -
Le semplificazioni, infatti, non giovano a chi vuole mantenere tutto in sospeso, incomprensibile...
Vi chiedete: perchè?
Perchè le complicazioni giovano alla disonestà mentale di chi vuole, con arguzia e furbizia, poter sguazzare nel marasma dell'interpretazione personalizzata, di chi vuole, quindi, aggirare le leggi a proprio piacimento, senza dover incorrere nelle maglie della giustizia...