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domenica 18 luglio 2021

Tre scenari per l’epidemia: casi in forte rialzo, ma i vaccini reggono l’urto. - M.T. Island

Turisti a Fontana di Trevi -Roma (La Presse) 

I prossimi mesi saranno una corsa contro il tempo per immunizzare la popolazione ed evitare una nuova ondata che potrebbe bloccare buona parte del Paese a inizio autunno.

Per chi segue le nostre analisi settimanali non è una sorpresa apprendere (e non sono necessari presunti report segreti o riservati per farlo) che entro fine luglio la variante Delta sarà prevalente e che i contagi giornalieri a fine agosto potrebbero arrivare a quota 11.000. Ne abbiamo parlato già la scorsa settimana (indicando un range di 10-12.000) perché i numeri ci portavano in modo inequivocabile proprio in questa direzione.

Ma nel prossimo futuro, oltre che alle infezioni quotidiane e alla loro dinamica di crescita, sarà fondamentale guardare alle ricadute cliniche della Covid-19, ovvero al numero dei ricoveri e dei decessi: che, se molto contenuti rispetto al passato, potrebbero rendere “accettabile” come sta accadendo in Inghilterra la convivenza con il Sars-CoV-2.

In questo momento l’Rt istantaneo, calcolato sulla base dei casi ufficiali con il metodo Kohlberg-Neyman, è a quota 1,3 e proietta un tempo di raddoppio dei casi nell’arco di 11 giorni. Su questo aspetto ci siamo confrontati, come spesso accade, con Stefano Bonetti (Università Ca’ Foscari di Venezia) ed è emerso il comune convincimento che in questa prima fase espansiva il tempo di raddoppio dei casi potrebbe anche essere più breve, perché la curva è in salita verticale e non si è ancora stabilizzata.

Si tratta di un valore molto vicino ai 14 giorni che hanno caratterizzato il tempo di raddoppio dei casi in Uk tra metà maggio e fine giugno: da un punto di vista epidemiologico, al momento, non ci sono ragioni evidenti per credere che in Italia l’epidemia possa avere uno sviluppo radicalmente diverso da quello inglese, soprattutto in senso migliorativo. Ne vedremo di seguito i motivi, delineando tre diversi scenari in vista del prossimo settembre e aggiungendo qualche informazione sulla reale efficacia dei vaccini, per chi avesse ancora dubbi in proposito.

Scenario 1: l’Italia come Uk.

Si tratta dell’ipotesi (insieme a quella di Scenario 3) che riteniamo più probabile ed è basata su una sostanziale corrispondenza della nostra curva epidemica e di quella del Regno Unito, con una sfasatura temporale di 45 giorni: ovvero i dati di metà maggio di Uk corrispondono a quelli di inizio luglio in Italia. Non in valori assoluti, perché i nostri contagiati giornalieri sono più bassi di quanto non fossero in Uk, ma come dinamica dell’infezione: con i primi segnali di una chiara ripresa legata alla diffusione della variante Delta.

La situazione dei due Paesi è molto più simile di quanto si potrebbe sospettare a prima vista: a metà maggio, quando le infezioni hanno ripreso a crescere in modo sostenuto mantenendo un tempo di raddoppio di14 giorni (come abbiamo visto in precedenza) la copertura vaccinale nel Regno Unito era così distribuita: 34% della popolazione protetta con ciclo vaccinale completo, al quale aggiungere un 22,9% parzialmente protetto con la somministrazione della sola prima dose.

In Italia a inizio luglio, al momento dell’inversione della curva epidemica, i valori erano praticamente sovrapponibili: il 34,5% della popolazione aveva completato il ciclo vaccinale, il 21,4% aveva ricevuto solo la prima dose. Come accade per l’espansione del contagio, si conferma anche per la campagna vaccinale uno sfasamento di 45 giorni circa tra Regno Unito e Italia.

Questa particolare situazione ci permette di ipotizzare, sulla base dei dati di Uk, la stima che avevamo già avanzato la scorsa settimana di 10-12.000 nuove infezioni giornaliere entro l’ultima decade di agosto: che coincide con quella (11.000) che inizia a circolare da parte del ministero della Salute. Ma, ripetiamo, prima di farci condizionare dal numero totale dei contagiati manteniamo i nervi saldi e verifichiamo l’impatto reale del virus sulla popolazione (lo vedremo in dettaglio più avanti).

Considerando l’analogo livello di protezione vaccinale possiamo utilizzare i dati Uk per arrivare a una possibile proiezione dei ricoverati: una volta stabilizzata la crescita dell’epidemia, anche in Italia dovremmo avere un rapporto “nuovi ricoverati/positivi giornalieri” vicino al 2% (in ulteriore calo con il progressivo incremento delle infezioni) che per fine agosto ci proietterebbe a 200-240 ricoveri giornalieri. Valori che rappresentano un quinto circa dei livelli raggiunti nelle precedenti fasi di massima espansione del Sars-CoV-2.

Ricordiamo, per completezza, che il calcolo del rapporto “nuovi ricoverati/positivi giornalieri” deve essere eseguito dividendo i ricoveri di un determinato giorno per i positivi individuati una settimana prima: considerando quindi la sfasatura dei tempi di cui abbiamo parlato più volte tra infezione, rilevazione della positività, eventuale ricovero ed eventuale decesso (tra la prima e l’ultima voce passa in media un mese).

A proposito dei decessi, proprio considerando questo aspetto, ricaviamo che gli attuali 24 decessi di media giornaliera per settimana mobile in Uk (periodo consolidato con dati ufficiali 28 giugno - 4 luglio) ai fini del calcolo corretto della letalità nel periodo non devono essere confrontati con i positivi individuati nell’ultima settimana mobile, bensì in quella 29 maggio - 4 giugno: ovvero 5.844 di media giornaliera. Il tasso di letalità così calcolato è dello 0,4%: molto più basso rispetto al 2,4% rilevato da inizio epidemia, e probabilmente destinato a un ulteriore ribasso nelle prossime settimane per il progressivo aumento di un denominatore (i positivi individuati) in gran parte costituito da soggetti giovani e a bassissimo rischio.

La spiegazione di questo minore impatto della variante Delta (sebbene più diffusiva e pericolosa) è legata a due aspetti principali:
1) La protezione degli individui vaccinati, anche se contagiati, contro gli effetti clinici più gravi della malattia. Ovvero di individui che rientrano nella casistica dei positivi, ma non in quella dei ricoveri e dei decessi.
2) La circolazione attuale del virus tra le fasce più giovani della popolazione, che sono da sempre scarsamente toccate dalla malattia in forma grave e ancor meno dal rischio di morte.

In Italia il tasso di letalità da inizio epidemia è leggermente più alto di quello di Uk (2,9% contro 2,4%) ma i valori sono tutto sommato compatibili e la differenza si giustifica soprattutto con i 45 giorni di sfasamento che abbiamo visto prima: l’ultimo mese e mezzo ha visto Uk con un’esplosione dei casi (quindi con un aumento del denominatore) mentre in Italia fino al termine di giugno abbiamo attraversato un periodo di costante riduzione dei casi quotidiani (il denominatore è cresciuto pochissimo).

Usando come base di partenza l’attuale tasso di letalità che l’epidemia manifesta in Uk possiamo quindi stimare che in Italia i 10-12.000 contagiati di media giornaliera di fine agosto potrebbero tradursi un mese più tardi, a fine settembre, in 40-48 decessi di media giornaliera. Anche in questo caso saremmo su valori distanti dai picchi registrati nelle prime ondate, che ci hanno portato a sfiorare i mille decessi quotidiani.

Scenario 2: l’Italia meglio di Uk.

Non è lo scenario più probabile, ma merita di essere preso in considerazione. Le possibilità che si verifichi una situazione di questo tipo sono legate essenzialmente a due aspetti:
1) La nostra capacità di contenere il contagio dosando correttamente le misure di mitigazione, incluse eventuali zone rosse ove necessarie.
2) Il mantenimento della capacità di tracciamento dei nuovi casi sul territorio, e dei relativi contatti: al fine di isolare i nuovi focolai, intervenire in modo tempestivo in presenza di cluster e interrompere le catene di trasmissione virali.

Mentre per il primo punto non esistono limiti teorici (nella pratica sappiamo che non tutte le misure sono accettate e accettabili) per il secondo il limite esiste e lo conosciamo molto bene: le nostre attività di contact tracing vanno in affanno quando raggiungono la soglia dei 50 casi settimanali per 100.000 abitanti, che possiamo tradurre per maggior comprensione in una media giornaliera di 4.300 nuove infezioni.

Al di sopra di questo livello iniziamo a perdere il controllo della presenza del contagio sul territorio e il virus può iniziare ad accelerare: sopra i 10.000 casi al giorno le attività di contact tracing hanno un peso residuale e non riescono a modificare, frenandola, la curva del contagio. È importante tenere presenti questi 3 diversi livelli di attenzione:
1) Sotto i 4.300 nuovi casi giornalieri controlliamo il virus.
2) Tra 4.300 e 10.000 casi giornalieri la nostra capacità di controllo si riduce in modo progressivo.
3) Sopra i 10.000 casi giornalieri il virus circola senza risentire dei nostri sforzi di tracciamento.

Italia meglio di Uk, dicevamo: ma quanto? Considerando la rapidità diffusionale della variante Delta è difficile considerare ipotesi troppo generose, e dobbiamo limitarci a una riduzione massima del 20% dei nuovi casi stimati per fine agosto: arrivando quindi a una media di 8.000-9.600 contagi giornalieri.

Sarebbe un grande risultato, perché ci permetterebbe di rientrare nei parametri del secondo livello di attenzione relativo al tracciamento (come abbiamo visto compreso tra 4.300 e 10.000 casi di media giornaliera) e di frenare almeno parzialmente la corsa del Sars-CoV-2. Permettendo alla campagna vaccinale di raggiungere numeri crescenti senza la piena sovrapposizione (come sta accadendo in Uk) con la fase di massima espansione dell’epidemia.

Scenario 3: l’Italia peggio di Uk.

A questa ipotesi dobbiamo assegnare (con la speranza di sbagliare) una probabilità almeno uguale a quella dello Scenario 1. I motivi sono presto detti:
1) La nostra campagna di testing è largamente insufficiente: eseguiamo una media di 169.513 tamponi al giorno (dato riferito alla settimana epidemiologica 3-9 luglio) contro 1.042.018 di Uk (ultimo dato ufficiale consolidato relativo al periodo 29 giugno - 5 luglio). Impossibile non sospettare che, a parità di test eseguiti, i nostri numeri sarebbero molto diversi di quelli registrati quotidianamente. Per capire quanto sia basso il nostro livello di testing possiamo anche guardare ai 59.800 tamponi di media giornaliera del Belgio: pochi, a prima vista, ma in rapporto alla popolazione residente per pareggiare questo dato dovremmo farne 310.000.
2) Non conosciamo il reale dimensionamento del bacino di replicazione virale, ovvero degli “attualmente positivi”. Lo ricaviamo infatti dai casi emersi con i numeri ufficiali, che abbiamo visto essere quasi certamente sottostimati a causa del basso numero di test eseguiti. È su questo bacino, e non sui positivi quotidiani, che il Sars-CoV-2 fa leva per diffondersi sul territorio: e la sua azione risulta tanto più efficiente quanto più elevato è il numero di soggetti positivi non individuati, che non vengono isolati e possono trasmettere liberamente l’infezione.

Un bacino di replicazione più ampio di quanto finora stimato avrebbe 3 immediate conseguenze:
1) La generazione di un numero di casi (anche sintomatici) più elevato rispetto a quelli ipotizzabili sulla base della dinamica espansiva attuale.
2) La generazione di un numero di ricoveri superiore a quanto ipotizzabile sulla base dei dati Uk (per via del diverso denominatore, ossia dei casi totali individuati).
3) La generazione di un numero di decessi superiore a quanto ipotizzabile sulla base dei dati Uk, per lo stesso motivo esposto in precedenza.

Come abbiamo rilevato all’inizio dell’analisi, inoltre, attualmente il nostro tempo di raddoppio dei casi a livello nazionale è di 11 giorni, ma in alcune Regioni  (per esempio in Veneto) si riduce a 7 giorni.

Nell’ambito di questo terzo scenario concordiamo con le stime avanzate da Sergio Abrignani, immunologo dell’Università Statale di Milano e membro del Cts, che spinge i numeri del contagio fino a 30.000 giornalieri entro fine agosto.

La discontinuità data dall’efficacia dei vaccini

I tre scenari che abbiamo visto sono relativi ai numeri del contagio, ovvero al criterio che abbiamo sempre seguito, in passato, per capire come la Covid-19 stesse impattando sulle nostre vite. Un approccio corretto, in assenza di difese efficaci che non fossero le misure di mitigazione, lockdown inclusi.

La situazione attuale è profondamente modificata dall’arrivo dei vaccini, che finora reggono benissimo l’urto anche contro la variante Delta. Per averne conferma possiamo utilizzare i dati italiani, recentemente diffusi dall’Istituto superiore di Sanità relativamente al periodo 21 giugno - 4 luglio.

In particolare segnaliamo:
1) Il ciclo completo di vaccinazione (doppia dose o vaccino monodose) protegge dal rischio di infezione con valori compresi tra il 79,8% e l’81,5% in base alla fascia di età (sono state considerate quelle 12-39; 40-59; 60-79 e over 80).
2) Il ciclo completo di vaccinazione ha un’efficacia variabile contro il rischio di ricoveri nei reparti di medicina generale, sempre in base alla fascia di età, tra il 91,0% e il 97,4%. La protezione maggiore è stata rilevata tra i 40 e i 59 anni.
3) Il ciclo completo di vaccinazione ha un’efficacia del 100% contro il rischio di ricovero in terapia intensiva nelle fasce di età fino ai 59 anni. Ma si mantiene ancora elevatissimo (96,6%) anche tra gli over 80.
4) Il ciclo completo di vaccinazione ha un’efficacia del 100% contro il rischio di morte al di sotto dei 59 anni; del 98,7% nella fascia 60-79 anni e del 97,2% tra gli over 80.

Ci soffermiamo su quest’ultimo dato per rilevare come la scelta dell’Iss di considerare categorie diverse da quelle suddivise per fasce decennali, solitamente utilizzate per il calcolo della letalità e degli altri principali parametri (si veda il Bollettino epidemiologico settimanale), complichi il calcolo del reale impatto sulla popolazione.

Possiamo però tentare una spiegazione semplice e comprensibile considerando la fascia di età 60-79 anni, dove si concentra ancora oggi una quota importante di soggetti non vaccinati nonostante il rischio elevato di contrarre forme gravi della malattia.

Rileviamo innanzitutto che, nel calcolo della letalità, parlare di fascia 60-79 anni significa comprendere individui con un rischio molto diverso: se infatti scorporiamo come da rilevazione Iss (si veda il Bollettino epidemiologico a pagina 15) la fascia 60-69 anni da quella 70-79 anni troviamo un tasso di letalità da inizio epidemia rispettivamente del 2,8% e del 9,4%. L’indicazione di una riduzione del rischio di morte del 98,7% per la fascia unica 60-79 implica quindi un valore inevitabilmente sbilanciato a sfavore dei soggetti con età compresa tra i 60 e 69 anni: che, considerati separatamente, avrebbero come riflesso una maggiore riduzione del rischio.

Nonostante questo, e accettando l’inevitabile distorsione statistica, in termini semplici possiamo dire che ogni 100 decessi registrati tra i 60 e i 79 anni, con il vaccino teoricamente disponibile da inizio epidemia ne avremmo contati 2,5.

Utilizzando questo parametro scopriamo come tra i 60 e 69 anni, invece di 13.078 deceduti, ne avremmo avuti 327; e tra i 70 e 79 anni, invece di 31.990, solo 800. Difficile, davanti a questi numeri del tutto simili a quelli contenuti in studi analoghi condotti a livello mondiale, continuare ad avere dubbi sull’efficacia del vaccino: ma tutto è possibile, in un mondo dove esistono  movimenti che difendono tenacemente la forma piatta (e non sferica) della Terra.

Rispettando in modo totale la libertà di pensiero, sottolineiamo l’importanza di avere a disposizione dati italiani: perché riflettono l’esatta situazione della nostra popolazione, senza le inevitabili per quanto modeste distorsioni che derivano dalla valutazione dei dati raccolti in altri Paesi (legate a differenze demografiche, comportamentali o, negli ultimi mesi, a un diverso livello di protezione ottenuta con le vaccinazioni).

Come si valuta un’epidemia.

In assenza di un vaccino, o di un farmaco in grado di curare la malattia, come abbiamo fatto in passato ci dobbiamo affidare alla valutazione costante del numero delle infezioni: solo limitandole, infatti, possiamo ridurne in modo proporzionale le conseguenze cliniche, in particolare ricoveri e decessi.

La discontinuità indotta dal vaccino ci porta tuttavia a introdurre nuovi criteri di valutazione:
1) Il numero dei ricoveri (in area medica e in terapia intensiva).
2) Il numero dei decessi.

Possiamo capirne il motivo prendendo come esempio una classica epidemia influenza del periodo pre-Covid (come sappiamo in presenza del Sars-CoV-2 il virus influenzale è quasi scomparso nel 2020-21).

Se guardiamo i dati italiani della stagione 2019-20 scopriamo che al momento di massima diffusione virale (quinta settimana 2020) l’influenza aveva generato 761.500 casi: una media giornaliera di 108.785, capace di far impallidire qualsiasi dato finora registrato con la Covid-19.

E che, più in generale, i casi stimati di sindromi influenzali nella stagione 2019-20 sono stati 7.594.500 in poco più di sei mesi: per pareggiare il conto con la Covid-19 (giunta al 17esimo mese consecutivo di diffusione) dovremmo parlare oggi di 20.884.000 casi rilevati, contro i 4.272.163 ufficializzati il 12 luglio 2021.

Perché l’influenza, con numeri molto più elevati, non ha bloccato le nostre attività quotidiane mentre la Covid-19 sta mettendo in ginocchio il mondo? La risposta, anche se triste, è nel numero dei decessi: circa 8.000 ogni anno in Italia per l’influenza, con una letalità dello 0,1%, contro i quasi 128.000 attuali della Covid-19, con una letalità del 2,9% da inizio epidemia.

E anche nel numero dei ricoverati per complicanze dell’influenza, che non sono in numero sufficiente per mettere in crisi il sistema ospedaliero (nemmeno al tradizionale picco di gennaio-febbraio per la terapie intensive), né richiedono procedure di isolamento come quelle adottate per contenere le infezioni da Sars-CoV-2.

Il motivo per cui in Uk stanno riaprendo il Paese è essenzialmente questo: ritengono, grazie al livello di protezione raggiunto con la campagna vaccinale (52,2% della popolazione vaccinata con ciclo completo, oltre a un 16,6% con dose singola) di aver piegato i numeri della Covid-19 a livelli paragonabili a quelli dell’influenza stagionale. Con un numero di decessi ritenuto fisiologico, o in modo più spietato “accettabile”, anche se come detto più volte nessun decesso è accettabile in coscienza per chi ha studiato con l’obiettivo di salvare vite umane.

In realtà Uk, numeri attuali alla mano, sta prendendo un rischio maggiore: il tasso di letalità attuale della Covid-19 è come abbiamo visto dello 0,4%, e non dello 0,1% come l’influenza. Ma le proiezioni della campagna vaccinale, con un numero sempre maggiore di soggetti con protezione totale, potrebbero portare in tempi rapidi (entro fine agosto, secondo  le nostre stime attuali) a una condizione sovrapponibile a quelle dell’influenza stagionale.

Anche i 100.000 contagi al giorno per Covid-19, se privati della loro componente di ricoveri e decessi,  potrebbero quindi risultare una normalità legata ad alcuni periodi dell’anno, esattamente come accade per le sindromi influenzali.

Alta circolazione del virus, un rischio da non correre.

L’epidemia deve essere valutata sotto vari aspetti, che spesso ci portano a risultati molto diversi tra loro. Come abbiamo visto possiamo accettare un altissimo numero di contagiati giornalieri, come facciamo per altre patologie, a patto di non avere ricadute cliniche importanti sulla popolazione.

Ma in presenza di un virus nuovo, come il Sars-CoV-2, non possiamo limitarci a considerare solo questi aspetti: esiste infatti un risvolto legato alla virologia, come abbiamo sottolineato più volte in questi mesi, che ci porta a valutare il rischio legato alla capacità di mutazione del virus. Il Sars-CoV-2, rispetto a molti virus a Rna, non presenta un tasso di mutazione particolarmente elevato: ma quando muta, almeno finora, lo fa trovando soluzioni ad altissima efficienza (per lui).

Ne abbiamo prova con la comparsa continua di nuove varianti caratterizzate da una maggiore capacità diffusionale rispetto alle precedenti: è accaduto con la DG614 che ha colpito l’Occidente nel 2020, e che era un’evoluzione del ceppo originario di Wuhan; con la variante Alfa (ex inglese) che a fine 2020 ha soppiantato la DG614; con la variante Delta (ex indiana) che sta spazzando dalla scena dell’epidemia quella Alfa.

Senza dimenticare le altre varianti al momento al centro dell’attenzione da parte dell’Oms per le possibili implicazioni future sia dal punto di vista della diffusione dell’infezione, sia per la possibile maggiore gravità clinica, sia per l’eventuale capacità di eludere la risposta immunitaria.

Tutti questi rischi aumentano in modo direttamente proporzionale al numero dei casi sul territorio: perché i virus, non solo il Sars-CoV-2, quando infettano un nuovo soggetto si replicano. E nel farlo commettono, con frequenza differente, un certo numero di errori: quelli che sono alla base delle mutazioni, spesso ininfluenti ma talvolta in grado di garantire un vantaggio al virus con la nascita di nuove varianti.

Esporre il virus alla risposta immunitaria del vaccino, in particolare nei soggetti protetti solo parzialmente con singola dose, espone al rischio di selezionare varianti resistenti (in quanto sopravvissute) alla risposta immunitaria. Per questo motivo, secondo le regole dell’epidemiologia, le condizioni ideali per una rapidissima campagna vaccinale coincidono con le fasi di bassa circolazione del virus.

Non ce lo possiamo permettere, come sappiamo, e dobbiamo fare di necessità virtù cercando di vaccinare a tappeto (come accade in Uk) in un periodo di alta circolazione virale.

Ma non possiamo nemmeno permetterci di fingere di non sapere che far circolare liberamente il Sars-CoV-2, seppur all’interno di una popolazione più giovane e quindi meno esposta al rischio di ricovero e di decesso, è una pessima idea. Per questo motivo dobbiamo cogliere eventuali nuove restrizioni, o agevolazioni per i soli vaccinati, come l’ultimo miglio da compiere per non rovinare quanto fatto finora nel contrasto a un’epidemia che ha messo e sta ancora mettendo in ginocchio il mondo intero.

IlSole24Ore

venerdì 16 ottobre 2020

Coronavirus 'Epidemia in fase acuta. Il virus circola in tutto il Paese'.

 

Lo spiega il monitoraggio dell'Iss. Nuovo record assoluto di casi in Italia, oltre 8mila. Lombardia la più colpita. A Milano RT sopra 2. In Campania, scuole chiuse.

"Si assiste a un'accelerazione nell'evoluzione dell'epidemia, ormai entrata in una fase acuta con aumento progressivo nel numero dei casi" e con "evidenze di criticità nei servizi territoriali ed aumenti nel tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva e area medica che rischiano, in alcune Regioni/PA, di raggiungere i valori critici nel prossimo mese". Lo rileva il monitoraggio settimanale ministero della Salute-Iss. "Si fa appello alla popolazione di rispettare con coscienza e precisione tutte le norme di precauzione previste", si legge ancora. Si raccomanda in particolare di rispettare il distanziamento fisico e l'uso corretto e appropriato delle mascherine e inoltre "di evitare quanto più possibile situazioni che possano favorire la trasmissione quali aggregazioni spontanee e programmate per evitare un ulteriore peggioramento che potrebbe richiedere restrizioni territorialmente diffuse".

Sono 4.913 i focolai attivi, 1.749 quelli nuovi. Aumentano i probabili focolai in ambito scolastico, anche se la trasmissione intra-scolastica rimane complessivamente limitata.

"Il virus oggi circola in tutto il Paese" e a livello nazionale l'indice di contagiosità Rt è di 1,17, calcolato sui casi sintomatici, rileva il monitoraggio relativo al periodo fra il 5 e l'11 ottobre. Nella settimana considerata è stato osservato un forte incremento dei casi, che dal 28 settembre all'11 ottobre ha portato l'incidenza cumulativa a 75 per 100.000 abitanti, contro i 44,37 per 100.00 del periodo compreso fra il 21 settembre e il 4 ottobre.

In 16 Regioni e nelle 2 Province autonome di Trento e Bolzano il valore dell'indice di trasmissibilità Rt è sopra l'1. Il valore più alto si registra in Valle d'Aosta (1.53), seguita da Piemonte (1.39) e Provincia autonoma di Bolzano (1.32). Tre le Regioni con Rt pari a 1 o sotto 1. Si tratta di Basilicata (1), Calabria (0.94), Molise (0.83). Lo evidenzia il monitoraggio settimanale Iss-Ministero Salute. Deci regioni, inoltre, hanno un rischio alto per la tenuta delle terapie intensive: si tratta di Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Puglia, Sardegna, Toscana, Umbria e Valle d'Aosta. Secondo il Monitoraggio del ministero della Salute e Iss hanno una probabilità di superare la soglia del 30% delle terapie intensive occupate da pazienti Covid nel prossimo mese, da alta a massima. Le regioni segnalate con il livello piu' alto di rischio per questo parametro sono la Lombardia, la Liguria.

"Aumentano i casi di Covid-19 nel nostro Paese questa volta sensibilimente rispetto alle settimane precendenti. E l'Rt è significativamente superiore ad 1. Si verificanio focolai e si registrano casi sporadici un po' in tutte le regioni italiane e stanno aumentanto i ricoveri ospedalieri, più lentamente i ricoveri in terapia intensiva, anche se ancora non si registra da questo punto di vista una particolare criticità". Lo ha detto il direttore generale prevenzione del ministero della Salute, Giovanni Rezza commentando i dati del bollettino settimanale. "In questo momento - spiega - è necessario prendere misure, tenere comportamenti prudenti, evitare aggregazioni ed eventi sia pubblici che privati, comprese quelle che sono le attività extrascolastiche e prestare attenzione anche a quelle all'interno delle mura domestiche". Infine ribadisce la necessità di "continuare a prendere tutte le precauzioni a cominciare dal distanziamento fisico, tenere le mascherine sia in luogo pubblico che all'aperto e curare l'igiene delle mani".

Invito alle Regioni, "in raccordo con il ministero della Salute, a realizzare una rapida analisi del rischio, anche a livello sub-regionale, e di valutare il tempestivo innalzamento delle misure di contenimento e mitigazione nelle aree maggiormente affette": si legge nel monitaggio settimanale di ministero della Salute e Iss. Si rileva inoltre che "si evidenzia una nuova fase epidemiologica con un aggravio del lavoro dei servizi territoriali che potrebbe riflettersi in breve tempo in un sovraccarico dei servizi assistenziali".

E' infatti nuovo record assoluto di contagi in Italia per il Coronavirus: secondo il bollettino del Ministero della Salute in 24 ore si sono registrati 8.804 casi (ieri 7.332). I morti raddoppiano in un solo giorno da 43 a 83. I tamponi ancora al record, quasi 163 mila. 

Tra le Regioni con più contagi giornalieri da coronavirus la Lombardia ne ha 2.067, seguita dalla Campania con 1.127 e dal Piemonte con 1.033. Il Veneto ne ha 600, il Lazio 594, la Toscana 581.

I pazienti in terapia intensiva per il Covid in Italia aumentano di 47 unità in 24 ore, arrivando a quota 586, secondo i dati del ministero della Salute. I ricoveri in reparti ordinari crescono invece di 326 unità, raggiungendo la cifra di 5.796. Gli attualmente positivi a livello nazionale aumentano in 24 ore di 6.821 unità, arrivando a 99.266. I pazienti in isolamento domiciliare sono ora 92.884, con un aumento di 6.448 unità. I guariti e dimessi sono ora 245.964, con un incremento di 1.899 persone.

Niente lezioni in presenza nelle scuole primarie e secondarie in Campania fino al 30 ottobre. Sospese le attività didattiche e di verifica in presenza nelle Università, fatta eccezione per quelle relative agli studenti del primo anno. "E' una decisione gravissima e profondamente sbagliata", commenta il ministro dell'Istruzione, Lucia Azzolina. "Sembra ci sia un accanimento del governatore contro la scuola. In Campania lo 0.75% degli studenti è risultato positvo a scuola e di certo non se lo è preso a scuola. La media nazionale è 0.80. Se c'è crescita contagi non è di certo colpa della scuola".

Intanto I reparti di pronto soccorso degli ospedali Sacco e Fatebenefratelli di Milano hanno deciso di accettare solo malati con Covid-19 e dirottare su altri ospedali milanesi i pazienti con altre patologie.  La decisione è stata presa per tutelare i malati non Covid con patologie urgenti indifferibili e riorganizzare così i reparti. "Da due giorni l'indice Rt nella zona della Città metropolitana di Milano ha superato 2 e preoccupa la tendenza". Lo ha detto il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, al termine del vertice in Prefettura sull'aumento dei contagi. "Dal mio punto di vista per capire dove intervenire bisognerebbe sapere dove nascono i contagi", ha aggiunto.

IMPENNATA IN CAMPANIA OLTRE 1.100 POSITIVI. DE LUCA VERSO LA STRETTA.
Il numero delle persone positive, in Campania, supera la quota mille. Secodo quanto rende noto l'Unità di crisi della Regione Campania, nelle ultime 24 ore i positivi sono 1.127 (il giorno prima erano stati 818) su un totale di 13.780 di cui. I casi sintomatici sono 72; quelli asintomatici sono 1.055. Ad oggi il totale dei positivi è di 21.772 casi su un totale di 723.005 tamponi. Nove le persone decedute negli ultimi 5 giorni ma registrati ieri; 317 le persone guarite nelle ultime 24 ore. Quanto al report posti letto su base regionale, questi i dati. Posti letto di terapia intensiva complessivi: 110; occupati: 66. Posti letto di degenza complessivi: 820; occupati: 762. Il governatore della Campania Vincenzo De Luca è al lavoro con gli esperti della sanità e dell'Unità di crisi, per varare ulteriori misure di contenimento dopo l'impennata di contagi registrata nelle ultime 24 ore. Il dato ha fatto superare anche il saldo di 800 unità tra nuovi contagi e guariti  che De Luca aveva indicato come soglia per "chiudere tutto". Le misure allo studio non andrebbero però verso un lockdown locale ma imporrebbero limitazioni in materia di trasporti e vita sociale.

NEL LAZIO OGGI 594 NUOVI CASI E 7 MORTI.
"Nuovo record di tamponi oggi nel Lazio su quasi 16 mila sono 594 i casi positivi, 7 i decessi e 45 i guariti". Così l'assessore regionale alla Sanità Alessio D'Amato. "Nella valutazione settimanale il valore RT è a 1.14" prosegue.

IN ABRUZZO 203 NUOVI CASI, MAI COSI'.
Con 203 nuovi casi di coronavirus emersi nelle ultime ore, l'Abruzzo registra il record dall'inizio dell'emergenza. Il dato, infatti, supera quello del 29 marzo, quando i positivi furono 160. Il totale regionale sale a 5.648. I nuovi casi sono emersi dall'analisi di 3.222 tamponi, altro numero record: mai ne erano stati eseguiti così tanti in 24 ore. Pesa, sul bilancio quotidiano, la situazione di una Rsa di Avezzano (L'Aquila): 83 dei nuovi casi fanno riferimento a quella struttura. Ci sono anche due decessi recenti: il bilancio delle vittime sale a 491.

IN VENETO 600 POSITIVI E 11 VITTIME.
Ancora una giornata nera per i numeri del Covid in Veneto, con 600 nuovi positivi (ieri erano +657), che portano il dato complessivo dall'inizio dell'epidemia a 33.573. Pesante il bilancio delle vittime, 11 in più,; il numero totale dei morti (tra ospedali e case di riposo) raggiunge i 2.237. Lo afferma il bollettino della Regione. Si aggrava anche il conteggio dei ricoveri, 375 (+16), e dei pazienti inj terapia intensiva, 45 (+5). Salgono infine i soggetti in isolamento domiciliare, 12.972 (+138).

NELLE MARCHE 140 POSITIVI IN 24ORE, 26 SINTOMATICI.
Nelle ultime 24ore sono 140 i postivi al coronavirus rilevati nelle Marche dopo i 166 riscontrati ieri, numeri simili a quelli registrati tra fine marzo e inizio aprile. Lo comunica il Servizio Sanità della Regione Marche. Nell'ultima giornata testati 2.674 tamponi (1.451 nel percorso nuove diagnosi e 1.223 nel percorso guariti). Dei nuovi positivi 42 sono in provincia di Ancona, 32 in quella di Fermo, 25 in provincia di Macerata, 23 in provincia di Ascoli Piceno, 18 a Pesaro Urbino. I casi comprendono soggetti sintomatici (26), contatti in setting domestico (37), contatti stretti di casi positivi (20), rientri dall'estero (2; Albania e Moldova), casi da screening nel percorso sanitario (2), setting lavorativo (6); contatti in ambiente di vita/divertimento (19), contatti in setting assistenziale (7), contatti in setting scolastico/formativo (14). Riguardo ad altri sette casi si stanno effettuando le indagini epidemiologiche.

TRE COMUNI VALDOSTANI VERSO LA ZONA ROSSA.
Nelle prossime ore il Presidente della Regione Valle d'Aosta, Renzo Testolin, dichiarerà la 'zona rossa' in alcuni comuni della media valle. Secondo quanto appreso dall'ANSA, il provvedimento riguarderà i comuni di Saint-Denis, Chambave e Verrayes. In queste zone l'indice di contagio Rt risulta superiore ai limiti stabiliti dalla normativa.

https://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/sanita/2020/10/15/coronavirus-dati-del-15-ottobre-2020_adb08597-70e0-46ba-8e87-1f423b08c14e.html