La figuraccia sui migranti del nostro governo finto sovranista, che fa la faccia feroce con 3-4 navi di Ong con poche centinaia di persone dicendo che non sbarca nessuno, poi distingue tra “fragili” e “carichi residuali”, infine fa sbarcare tutti, mentre tutt’intorno ne arrivano a migliaia su mercantili e barchini e, appena toccano il suolo italiano, ricevono il foglio di via e diventano uccel di bosco, intanto si vanta di avere spezzato le reni alla Francia perché Macron apre un porto a quattro gatti, rischiava di costare caro a Meloni.
Ma la sua fortuna sono i finti antisovranisti europei, molto più sovranisti di lei, che lavorano per lei da prima del voto.
Tipo Macron che, dopo aver cambiato idea tre volte
(sì all’Ocean Viking a Marsiglia, anzi no, anzi sì ma a Tolone),
la attacca (“scelta inaccettabile e incomprensibile”), blocca 3500 rifugiati dall’Italia, invita gli altri governi a imitarlo e schiera 500 uomini al confine.
Il tutto perché Roma osa fare un po’ meno di quello che fa usualmente Parigi.
Che, oltre a proteggere i nostri assassini latitanti, chiude ai migranti i porti e le frontiere di Ventimiglia e del Frejus, insegue e incrimina volontari che assistono donne straniere incinte,
deporta migliaia di rifugiati oltre i nostri confini scaricandoli nottetempo come “carichi residuali” nei boschi di Claviere,
per giunta violando la sovranità italiana.
Nel 2018, quando Macron provò a insegnare l’accoglienza al governo Conte-1, la socialista Martine Aubry insorse:
“Come osi dare lezioni agli altri, quando la Francia è tra i Paesi che fa meno per i rifugiati?”.
Ora tutti inneggiano a Macron capo della resistenza antisovranista, mentre sui migranti e tante altre cose è sovranista quanto Scholz sull’energia e Orbán sui migranti e l’energia.
Un bel regalo a Meloni, che può spacciare la figuraccia per un complotto dell’Ue anti-italiana.
E gabellare se stessa per sovranista, cosa che non è più da quando si è consegnata mani e piedi a Biden per avere il permesso di governare in pace senza uno dei soliti golpettini bianchi made in Usa.
Ieri infatti non ha fiatato quando il console ucraino Andrii Kartysh ha intimato a Sala, a Fontana e al sovrintendente Meyer di cancellare la prima della Scala col Boris Godunov di Musorgskij e “rivedere” il cartellone per ripulirlo da altri “elementi propagandistici”, cioè da opere di musicisti russi.
Tutti putiniani come Musorgskij, nato nel 1839 e morto nel 1881, oltre un secolo prima che Putin salisse al potere.
Un premier sovranista suggerirebbe a questo svalvolato e a chi ce l’ha mandato di non permettersi mai più simili scemenze e di rivolgersi a un bravo psichiatra.
Invece c’è pure il caso che, nella nuova culla del sovranismo, alla prima della Scala l’opera di Musorgskij venga sostituita in corsa dalla fiction di Zelensky.
ILFQ