Caesar non supra grammaticos: anche l’imperatore non aveva potere sulla lingua. Così nessuna legge della Repubblica può cambiare il significato delle parole. Non vogliamo però affrontare questioni di purismo linguistico, ma una grave stortura della normativa sul risparmio in Italia. I venditori porta a porta di investimenti ci provarono subito, quando negli anni ’70 collocavano sciagurati titoli atipici.
Già allora cercavano di presentarsi come consulenti finanziari, per ispirare più fiducia. Ma per fortuna il Testo unico della finanza (Tuf) tenne la barra a dritta, imponendo la corretta denominazione di promotori finanziari. Poi però, con il governo Renzi e il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan, all’industria del risparmio gestito riuscì il colpaccio. La legge di Stabilità 2016 ribattezzò in consulenti i promotori finanziari, senza per altro cambiare la sostanza delle cose. Così ora si fregiano di tale titolo soprattutto venditori, agenti di commercio o dipendenti di banca. In tal modo gli è più facile carpire la fiducia dei risparmiatori, intrappolando i loro soldi in tutta una serie di scatole nere: fondi comuni, polizze vita, piani previdenziali, ecc.
I pochissimi in Italia che davvero campano fornendo consigli ai risparmiatori, meno di 300 persone fisiche e 50 società, sudano quattro camicie per smarcarsi dai venditori porta a porta e sportello a sportello. In particolare dagli oltre 50 mila sedicenti consulenti ma di fatto promotori finanziari.
Raschiando sotto la denominazione ufficiale, tutto conferma che si tratta di venditori, persino il loro inserimento previdenziale. Risultano infatti agenti di commercio che versano contributi all’Enasarco. Se fossero davvero consulenti avrebbero una partita Iva come liberi professionisti. Per di più devono assolutamente agire per conto di un’unica società. Non possono cioè essere multimarca. Potremmo poi citare le gare di vendita delle reti porta a porta e le loro sontuose convention a Dubai o Miami , tutta roba da venditori, non da consulenti. Che poi, parlando coi clienti, diano anche indicazioni o consigli è scontato e irrilevante. Lo fa anche il negoziante di abbigliamento o di vini. In maggiore o minore misura lo fa qualunque venditore. Sono comunque meri venditori anche decine di migliaia di bancari attivissimi allo sportello o in salottini dietro la targa “consulenza investimenti” o espressioni simili.
Ultima precisazione: un consulente (vero) può anche suggerire di stare fermi e tenere provvisoriamente i soldi sul conto, come un legale onesto può consigliare di non fare causa. Invece un venditore, per sbarcare il lunario e magari comprarsi la Ferrari, deve per forza piazzare i prodotti e servizi del suo catalogo. E possibilmente i più costosi e più pericolosi, che gli fruttano provvigioni più alte.
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