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venerdì 28 gennaio 2022

No, tu no, però forse anche sì: il nome flambé. - Antonio Padellaro

 

Di Elisabetta Belloni parlano bene in tanti. Da Mario Draghi, che l’ha voluta alla guida dell’Intelligence (entrambi allievi dei gesuiti all’Istituto Massimo). A Luigi Di Maio, che assai l’apprezzò come segretario generale della Farnesina (“è mia sorella”, bum). Per non parlare di Giuseppe Conte, tra i primi a candidarla. Dovrebbe piacere a Enrico Letta (che però tiene la bocca chiusa nella consueta modalità subacquea). Mentre (udite udite) non dispiacerebbe affatto a Giorgia Meloni. Dunque è tutto fatto, sarà lei la prima donna al Quirinale in un clima di ritrovata stabilità di governo, e dunque con buona pace del premier che più facilmente manderebbe giù il rospo della mancata elezione? Manco per niente, perché almeno a sentire ieri sera gli aruspici di Montecitorio che compulsano in presa diretta i cattivi umori di Montecitorio, “la Belloni sta tramontando”.

Come mai e perché? Mistero assoluto, a meno che non stia pesando sul futuro delle istituzioni il giudizio pallonaro di Clemente Mastella: “È come se un portiere volesse fare il centravanti” (il brasiliano Ceni con 120 gol in carriera e il paraguaiano Chilavert con 60, stanno a dimostrare che è possibile). Insomma, in quattro giorni di votazioni e quattro scrutini la politica dei partiti, così ansiosa di riacquistare ruolo e centralità contro l’invadenza dei maledetti tecnici, si è distinta esclusivamente nella nobile arte di bruciare i candidati altrui. Draghi no, perché il M5S, Salvini e una parte del Pd preferiscono lasciarlo dove sta. Casini no, perché Berlusconi non dimentica i tradimenti del passato e perché, dice Salvini, ha in tasca la tessera del Pd. Cassese no, perché i grillini non dimenticano come sparò contro i Dpcm di Conte e contro Conte medesimo. Cartabia no, perché i grillini non dimenticano la “schiforma” della Giustizia. Il trio Moratti, Pera, Nordio no, perché nel frattempo si sono dimenticati di loro. Amato no, perché la destra ne diffida (e pure i grillini). La Casellati no, perché ne diffidano in troppi, trasversalmente. Mattarella bis no, perché è lui a diffidare di chi lo sta votando. Nel generale impallinamento, gli aruspici di Palazzo sostengono che, attenzione, anche chi è stato carbonizzato dai veti incrociati potrebbe tornare a essere commestibile per il Colle. Avremo un presidente flambé?

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