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lunedì 20 aprile 2020

Coronavirus, sospesi alcuni dipendenti che hanno parlato con i media della denuncia contro Fondazione don Gnocchi. - Valeria Pacelli

Coronavirus, sospesi alcuni dipendenti che hanno parlato con i media della denuncia contro Fondazione don Gnocchi

“Si tratta di un provvedimento palesemente illegittimo e ritorsivo. Nel caso la cooperativa erogasse sanzioni disciplinari, queste ultime sarebbero immediatamente impugnate avanti al Tribunale del Lavoro di Milano”, ha commentato l’avvocato Romolo Reboa, che rappresenta i 18 lavoratori firmatari dell’esposto.

Sospesi dal servizio per aver parlato con i media di una denuncia nei confronti dell’Istituto Palazzolo della Fondazione Don Gnocchi di Milano. È successo ad alcuni dipendenti della cooperativa Ampast che prestavano servizio presso l’Istituto Palazzolo, firmatari di un esposto in cui si chiede ai pm di Milano di indagare “atteso che i comportamenti omissivi e commissivi – è scritto nella denuncia – appaiono cagionare colposamente un’epidemia”.
Sono accuse, queste, che la Fondazione nei giorni scorsi ha respinto con forza definendole “false e calunniose”. Dell’esposto ne aveva parlato ilfattoquotidiano.it in un articolo del 23 marzo scorso. Nel frattempo però alcuni dei denunciati hanno ricevuto una lettera dall’Ampast, che il Fatto ha visionato. È di ieri per esempio quella consegnata ad una dipendente della cooperativa: “Risulta a codesta direzione che la S.V., unitamente ad altri dipendenti e collaboratori, – è scritto nella raccomandata a mano – ha diffuso a mezzo stampa (Corriere della Sera), televisione (Rai, Mediaset, Sky, La7) il testo di una querela sporta nei confronti della nostra azienda e della committente Fondazione Don Gnocchi con l’accusa di aver leso la vostra incolumità. In seguito a tale condotta, la Fondazione ha esercitati, in data 17 aprile 2020, il diritto di non gradimento nei suoi confronti”. “Fermo restando il Suo diritto di tutelare i suoi diritti, nonché il diritto dell’azienda di difendersi, – prosegue la raccomandata – si reputa che la scelta di divulgare le accuse prima ancora che si instauri, sempre che mai si instauri, un procedimento lede l’immagine dell’azienda e della committenza, oltre che minare il rapporto fiduciario con la S.V. e mettere a rischio l’azienda nel rapporto con lo stesso committente”. A questo punto la cooperativa invita la dipendente a “produrre le giustificazioni entro e non oltre il termine di cinque giorni dal ricevimento della presente contestazione”.
Nel frattempo però la dipendente è stata sospesa, anche se con stipendio: “A partire dalla consegna della presente, – si conclude nella raccomandata – lei viene sospesa cautelativamente dal servizio, con diritto di retribuzione, sino a nuova disposizione. Ci si riserva l’adozione degli opportuni provvedimenti, non esclusi quelli di natura disciplinare, all’esito delle giustificazioni o in difetto di loro tempestivo inoltro”. “Si tratta di un provvedimento palesemente illegittimo e ritorsivo. Nel caso la cooperativa erogasse sanzioni disciplinari, queste ultime sarebbero immediatamente impugnate avanti al Tribunale del Lavoro di Milano”, ha commentato l’avvocato Romolo Reboa, che rappresenta i 18 lavoratori firmatari dell’esposto contro la Fondazione.
La fondazione Don Gnocchi in una nota “precisa di aver legittimamente esercitato il proprio diritto contrattuale di ‘non gradimento’ nei confronti della Cooperativa Ampast, ritenendo la presenza di alcuni loro lavoratori all’interno della struttura incompatibile e inopportuna dopo che gli stessi, a mezzo stampa e televisione, avevano espresso giudizi gravi e calunniosi, tali da ledere il rapporto fiduciario con la Fondazione. La Cooperativa, in qualità di datore di lavoro, – conclude la nota – anche a sua propria tutela, ha autonomamente ritenuto di avviare l’iter di contestazione disciplinare, secondo quanto normativamente previsto”.

martedì 10 dicembre 2013

«È tutto pronto»: nuova frase di Riina mette a rischio trasferta milanese di Di Matteo.

Altri frammenti di conversazione sbobinati dalla Dia e inviati con urgenza al ministro dell'Interno Alfano: mercoledì il magistrato dovrebbe essere nel capoluogo lombardo.

PALERMO - Ore e ore di conversazione intercettate. E un'altra, l'ennesima, frase intimidatoria pronunciata dal boss Totò Riina nel carcere di Opera: «È tutto pronto, e lo faremo in modo eclatante». Per gli investigatori della Dia il padrino corleonese, mentre parla con un boss della Sacra Corona Unita, si riferisce al pm Nino Di Matteo, o meglio all'attentato che Cosa Nostra starebbe preparando per fermare il magistrato che indaga sulla presunta trattativa Stato-mafia. Come riporta stamane Il fatto quotidiano, questa frase sarebbe stata captata venerdì scorso dagli investigatori che stanno sbobinando le intercettazioni di Riina. Parole, quelle del boss, che farebbero pensare che il progetto di attentato al magistrato sia giunto a una fase esecutiva. È per questo che la notizia è stata comunicata subito alle Procure di Palermo e a quella di Caltanissetta, che indaga sulle intimidazioni al pm. E potrebbe far saltare la trasferta milanese del pm in programma per domani, mercoledì.
DA ALFANO - Sabato scorso i vertici dei due uffici giudiziari si sono riuniti e hanno deciso di rivolgersi al ministro dell'Interno Angelino Alfano, che li ha ricevuti domenica. Come prevede la legge in casi eccezionali, i magistrati hanno consegnato al ministro le intercettazioni di Riina: il codice di procedura penale stabilisce infatti che l'autorità giudiziaria possa trasmettere copie di atti di procedimenti penali e informazioni al ministro dell'Interno ritenute indispensabili per la prevenzione di delitti per cui è obbligatorio l'arresto in flagranza. Nella frase sentita venerdì Riina, che in un'altra conversazione aveva anche detto al boss della Sacra Corona Unita riferendosi a Di Matteo «tanto deve venire al processo», non farebbe riferimenti specifici a Milano, dove il pm è atteso per raccogliere una deposizione del pentito Giovanni Brusca. Ma la trasferta nel capoluogo lombardo è stata organizzata ed è nota da settimane, quindi ci sarebbe stato tutto il tempo di mettere in piedi eventuali atti intimidatori. Inoltre le condizioni di sicurezza dell'aula bunker non sarebbero ritenute ottimali. Di Matteo è già sottoposto a protezioni di «livello 1 eccezionale»: nell'ultimo Comitato Nazionale per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica che si è svolto a Palermo alla presenza di Alfano, si è discusso anche di potenziare la vigilanza attraverso spostamenti in un Lince blindato e dotando la scorta del pm del bomb jammer, un dispositivo che neutralizza congegni usati per azionare esplosivi.È per questo motivo che la trasferta di domani potrebbe saltare:all'udienza saranno in ogni caso presenti il procuratore Francesco Messineo, l'aggiunto Vittorio Teresi e i sostituti Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene.

giovedì 12 settembre 2013

Valsusa, brucia un’altra azienda. Il titolare era ospite da Virus per denunciare violenze.



Fernando Lazzaro, patron della Italcoge di Susa, azienda che ha lavorato alla costruzione del tunnel dell’Alta velocità, ieri sera era ospite del format condotto da Nicola Porro proprio per parlare del clima intimidatorio che gli imprenditori coinvolti nei lavori respirano in Valle. Poche ore dopo il suo intervento su Rai Due, ignoti si sono introdotti nella sua azienda per dare alle fiamme contanier e una pala meccanica. Gli investigatori hanno poi ritrovato bossoli di lacrimogeni davanti agli uffici della ditta e sono comparse scritte NoTav sui muri. Secondo il senatore Pd Stefano Esposito, fervente sostenitore del tunnel, il motivo per il quale è stata colpita l’azienda di Lazzaro è proprio la sua ospitata televisiva: “E’ la più classica delle ritorsioni, in perfetto stile mafioso”

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/09/12/valsusa-brucia-unaltra-azienda-titolare-era-ospite-da-virus-per-denunciare-violenze/244403/