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domenica 26 aprile 2020

Carta straccia. Ecco come l’offensiva al Governo si allarga sui giornali. - Gaetano Pedullà


Facciamo attenzione! Non è solo paradossale, ma decisamente inquietante che si sia scelto proprio il giorno della Liberazione per riportare in una logica di conservazione il governo del Paese, allargando ad alcuni grandi giornali il compito di cannoneggiare il cambiamento preteso dai cittadini alle ultime elezioni, e che seppure affannosamente sta impedendo ai soliti noti di trattare le istituzioni come cameriere. Ai più distratti, a cui sono sfuggite le novità di questo 25 Aprile, e che non danno grande importanza a quanto scrivono i giornali, perché convinti che non contano niente e non li legge più nessuno, mostriamo i puntini da unire per rivelare cosa si nasconde dietro.
I padroni di quella che una volta si chiamava Fiat, a cui l’allora premier Renzi non ebbe nulla da dire mentre traslocavano cuore e portafoglio dell’azienda ad Amsterdam, Londra e Detroit, hanno perfezionato il controllo de la RepubblicaLa Stampa, l’edizione italiana dell’Huffington Post e altro ancora, e cambiato – come è legittimo che sia – i direttori. Ora lasciamo perdere l’opportunità di spiegare come mai questi giornali siano detenuti attraverso un’anomala catena societaria, ma almeno all’esordio c’era da aspettarsi che MolinariGiannini e Feltri (non Vittorio, che preferisce dedicare il suo tempo ad insultare i meridionali, ma il figlio) facessero un po’ di chiarezza su una rotazione di poltrone che persino il loro ex presidente Carlo De Benedetti ha ammesso essere il segno di un cambio di rotta editoriale, di sicuro non a favore di quella parte di Sinistra che ha accettato l’accordo con i Cinque Stelle anche per non consegnare Palazzo Chigi alle destre. In una fase in cui: -1) c’è da investire tanti soldi per far ripartire il Paese dopo il Covid, -2) la maggioranza è in sofferenza e -3) le destre possono continuare a pasticciare perché tanto non si vota, la tentazione di una soluzione tecnica per il governo, magari per completare il lavoro iniziato da Monti, è chiaro che ha tanti estimatori. Se i politici si devono comprare (quando ci si riesce), i tecnici invece sono già al servizio dell’establishment. Perciò figure estranee al sistema, come Conte e soprattutto i Cinque Stelle, devono essere messe alla porta, rimettendo in sella chi può ripristinare l’ordine delle cose, socializzando i conti da pagare e privatizzando quel che resta nel fondo del barile. Così, per far capire dove butta il vento, più dei soporiferi editoriali dei nuovi direttori, su Repubblica brillava la festa della Liberazione ridimensionata in prima pagina rispetto al passato e poi relegata in coda al giornale: un bel segnale a chi ogni 25 aprile ha un attacco di ulcera. Altrettanto esplicito è stato Feltri, riuscito a spiegarci che per oltre 70 anni abbiamo creduto di festeggiare la Liberazione dal nazifascismo mentre invece andavamo ad affrancarci dal comunismo. Il più bravo di tutti, diciamo pure insuperabile, è stato però Giannini, che su La Stampa ci ha fatto deliziare con due perle. La prima era un’autentica fake news, cioè un titolo completamente fuorviante rispetto al testo di un’intervista all’ex capo politico dei 5S, Di Maio, in cui pare che il Movimento abbia deciso di accettare il Mes. Non meno luminosa la seconda perla: un’intervista inginocchiata all’amministratore delegato dell’Eni, Descalzi, ovviamente priva di accenni alla sua questione giudiziaria e ai padrini politici riusciti a farlo confermare nell’ultima tornata delle nomine. Insomma: poteri forti, informazione manipolata, strategia della restaurazione… bisogna essere davvero ciechi per non vedere l’offensiva che è in atto.

giovedì 26 marzo 2020

L’Armata Rossa ci invade e non so cosa mettermi. - Marco Travaglio – IFQ- 26 marzo 2020



Prima o poi doveva capitare, ed è capitato: i cosacchi dell’Armata rossa che abbeverano i cavalli alle fontane di San Pietro. Ora non sono più soltanto Nostradamus e la propaganda anticomunista degli anni 50 a dirlo. Lo dice anche La Stampa con uno scoop mondiale che, va detto, avrebbe meritato spazi un po’ meno esigui di un pezzulletto in basso a pagina 6. Ma, si sa, l’occhiuta censura filorussa arriva dappertutto, anche alla corte degli Elkann. Dunque è successo questo: “Sabato scorso è avvenuta una lunga telefonata tra Conte e Putin”, cosa già di per sé grave. “Putin si è impegnato ad aiutare l’Italia nella battaglia al Coronavirus”, fatto quantomai inquietante. “E domenica sera, all’aeroporto militare di Pratica di Mare, sono arrivati 9 aerei Ilyushin con forniture russe e 100 specialisti nella guerra batteriologica”, il che aggiunge orrore all’orrore. Ma non è finita: “Gli esperti mandati da Mosca sono medici militari”, quindi – per quanto la cosa possa sorprendere – fanno “capo al ministero della Difesa russo, non a quello della Sanità”. Non solo: hanno – lo direste mai? – “i gradi di generali, colonnelli, maggiori, tenenti colonnelli” e non si esclude la presenza di qualche maresciallo.
Ora tenetevi forte, perché arriva la botta finale: essi non restano fermi lì a Pratica di Mare, che so, per visitare l’aeroporto o a fare una gita nella vicina ridente Pomezia. No, essi “si muovevano”. E, quel che è peggio, trattandosi di militari, “con mezzi militari”. Non so se mi spiego: “Da Roma in direzione Bergamo, per 600 km, in territorio italiano” (si era anche pensato di imbarcarli nel mar Tirreno verso la Francia su un cargo battente bandiera liberiana e andarli a prendere a Marsiglia, ma poi si è soprasseduto). Il tutto “con la benedizione di Palazzo Chigi”, e ho detto tutto. A questo punto diventa retorico il terrificante interrogativo “chi ha dato indicazione di aprire l’aeroporto di Pratica di Mare?”, perché ci pare di conoscerne vagamente la risposta: Conte, l’uomo che solo tre mesi fa i giornaloni accusavano di averci venduto a Trump in cambio del tweet pro Giuseppi (come presto si sarebbe incaricato di dimostrare per tabulas il famoso “rapporto Barr”, poi purtroppo andato perduto) e che ora, con quella telefonata a Putin, ci ha venduti alla Russia. Il segugio de La Stampa, pur confinato a pag. 6 in basso a sinistra, non ha dubbi: “Tra quelle forniture russe l’80% è totalmente inutile, o poco utile all’Italia. Insomma poco più di un pretesto”. Per fare che? Mettetevi comodi, perché certe notizie è meglio riceverle da seduti.
“Putin ha visto nel Coronavirus un’opportunità per incunearsi anche fisicamente nel teatro italiano e al premier italiano non è dispiaciuto puntellarsi, in questa difficile crisi, accettando tutto ciò pur di consolidare un’ottima relazione personale con la sponda politica di Mosca”. I due s’illudevano di passare inosservati, ma all’astuto ghostbuster stampista non la si fa, infatti li ha subito sgamati nell’atto di “incunearsi anche fisicamente nel teatro italiano” (probabilmente l’Ambra Jovinelli) l’uno e di “puntellarsi con la sponda di Mosca” l’altro (che, godendo solo dell’84% dei consensi, si sente deboluccio). Il piccolo Le Carré de noantri, del resto, non è nuovo agli scoop spionistici. Era già suo quello su una famigerata Mata Hari grillina al soldo di Casaleggio e Putin camuffata dietro l’insospettabile nickname “Beatrice Di Maio”, che poi altri scoprirono essere la moglie di Brunetta. E anche quello che smascherò uno dei più insidiosi fabbricanti di fake news al servizio dei gialloverdi, Marco Mignogna da Afragola, di cui ebbe a scrivere: “L’abbiamo contattato e non ci ha risposto. Dice di lavorare in modo non ufficiale” (in pratica non rispondeva, ma diceva). Qui però, se possibile, la spy story è ancor più scottante, come dimostrano gli interrogativi che il nostro volpone butta lì un po’ a casaccio, come la punteggiatura: “quali forniture esattamente ci hanno spedito i russi, e a che prezzo?”, “quanto sono state pagate?”.
Arcuri fa sapere che è tutto gratis, “regalo di generosità di Putin all’Italia”. Ma non la racconta giusta: “La generosità porta con sé un prezzo alto: uomini della Difesa russa in giro liberamente sul territorio italiano, a pochi passi dalle basi Nato”. E Conte che fa? Invece di farli arrestare e fucilare, non solo ne accetta gli aiuti, ma manda i putribondi figuri addirittura a Bergamo, dove rischiano di fare comunella con altri emissari travestiti da medici di altre due dittature comuniste: Cina e Cuba. Il tutto non certo perché l’Italia abbia bisogno di medici e materiali sanitari, ma perché questo si puntella e quell’altro si incunea. Infatti La Stampa titola: “La telefonata Conte-Putin agita il governo: ‘Altro che aiuti, arrivano militari russi’”. Ora nei palazzi che contano a Roma non si parlava d’altro e stanotte i ministri hanno dormito fuori casa, per precauzione. Tutti a domandarsi chi abbia imbeccato il segugio, alzando il velo sulla colonna di tank dell’Armata Rossa che scorrazza per l’Italia insidiando le basi Nato col “pretesto” di portare medici e aiuti e approfittando della quarantena che tiene lontani gli sguardi indiscreti e rende spedito il traffico sul Grande raccordo anulare. Insomma, chi abbia svelato che l’invasione russa, vagheggiata invano per decenni da Stalin, Kruscev e Breznev, è in pieno corso ora, tra il lusco e il brusco, a opera di Putin e della sua quinta colonna a Palazzo Chigi. Il ghostbuster cita “fonti politiche di alto livello” e, visti i precedenti, c’è da credergli. Resta da capire se si tratti della moglie di Brunetta travestita da cugina di Di Maio o di Marco Mignogna, l’afono parlante. Ma soprattutto se sia poi vero che il coronavirus non attacca le funzioni mentali.