La svolta ecologica a tavola è fondamentale per aiutare la terra e la nostra salute e non possiamo più fare finta di nulla sapendo, con studi scientifici lo stato delle cose: esiste un cibo che è allo stesso tempo gentile con il corpo e con il pianeta.
È un cibo intelligente, adatto all’Antropocene, l’epoca geologica in cui sono gli esseri umani a influenzare gli eventi della terra.
Il cibo che ci salverà, come racconta l’autrice best seller Eliana Liotta nel suo nuovo libro edito da La Nave di Teseo.
Si sta cambiando in molti settori: la mobilità slow con il cammino per gli spostamenti, la bicicletta, il monopattino, l'autoibrida è una realtà sotto i nostri occhi. Ma certo non basta. Modificare il sistema alimentare, l'industria degli allevamenti e della pesca intensiva è decisivo perché da quel modo di produrre cibo dipende un terzo delle emissioni di gas serra, responsabili dell’aumento delle temperature e dunque del cambiamento climatico. Dobbiamo ricordare che dare una svolta ecologica alla produzione alimentare per frenare inquinamento e clima impazzito significa anche portare a tavola un cibo più salutare e che potenzia il sistema immunitario. Tendiamo a dimenticarcene: siamo parti del tutto. E oggi il cibo rappresenta una via per riformulare un equilibrio tra l’uomo e il pianeta. Con la consulenza dello European Institute on Economics and the Environment (EIEE, Istituto europeo per l’economia e l’ambiente) e il Progetto EAT della Fondazione Gruppo San Donato, il quadro del cibo che si salverà riporta al centro un concetto fondamentale: Siamo quello che mangiamo e quello che mangiamo cambia il mondo.
Intervenire sul sistema alimentare, ecco perchè su basi scientifiche.
Il riscaldamento globale non potrà arrestarsi se non si provvederà anche a modificare il sistema alimentare, ossia quello che mangiamo, allevamento, agricoltura, lavorazione, imballaggio e spedizione, da cui dipende un terzo delle emissioni di gas serra prodotte dall’uomo (studio su Nature dell’8 marzo 2021).
Per contenere nei prossimi anni il riscaldamento globale entro un grado e mezzo o due al di sopra dei livelli preindustriali, non è più sufficiente puntare solo sull’energia pulita e sulla riduzione dei combustibili fossili nelle industrie e nei trasporti, ma è indispensabile una food revolution (Commissione intergovernativa sul cambiamento climatico dell’Onu, 2019).
Le quantità di gas serra che derivano dal bestiame, nel suo insieme, sono pari più o meno alle emissioni di tutti i camion, le auto, i velivoli e le navi del mondo messi insieme (stime Fao).
L’allevamento di mucche, pecore e capre è il responsabile principale delle emissioni di metano, gas prodotto durante la digestione dei ruminanti ed eruttato dagli animali, con un effetto serra superiore, e di molto, all’anidride carbonica prodotta dai trasporti e dalle industrie.
Si devastano immense aree di foreste per lasciare spazio agli allevamenti intensivi e ai terreni agricoli, spesso destinati alla produzione di soia come mangime per gli animali o di palme da olio per l’ingrediente di merendine e altri cibi ultra processati. Almeno tre i pericoli: vengono emesse grandi quantità di carbonio nell’atmosfera quando si abbattono gli alberi delle foreste; si devastano gli habitat naturali aumentando il rischio di insorgenza di nuove epidemie, perché si accorciano le distanze con gli animali selvatici; si eliminano polmoni verdi della terra.
Gli allevamenti intensivi contribuiscono anche alla formazione di polveri sottili, le PM 2,5, le particelle piccolissime in grado di penetrare nei polmoni e di immettersi nel sangue. In Italia, tra il 1990 e il 2018, è diminuito l’inquinamento dovuto ai trasporti su strada, all’industria e alla produzione energetica, ma è aumentata del 10% la quota legata alla zootecnia (indagine Greenpeace).
Se la popolazione dei paesi industrializzati riuscisse a raddoppiare entro il 2050 i consumi di vegetali e dimezzasse quelli di zuccheri, farine raffinate e carni rosse e trasformate, si frenerebbe il riscaldamento globale e si eviterebbero almeno 11 milioni e mezzo di decessi prematuri all’anno dovuti ad abitudini alimentari malsane (Commissione EAT - The Lancet).
La carne rossa fornisce solo l’1% delle calorie alla popolazione della terra, ma rappresenta il 25% di tutte le emissioni che derivano da agricoltura e allevamento (studio su Nature del 27 gennaio 2021). Parallelamente è aumentata la fame nel mondo e tra i fattori chiave ci sono la variabilità climatica e i fenomeni estremi (Fao).
Combattere lo spreco alimentare e puntare sull’innovazione, con un’agricoltura sostenibile o con sperimentazioni come quella sulla carne sintetica, sono tasselli fondamentali di un Antropocene intelligente.
Cinque diete consapevoli.
Il tipo di cibo che si mangia è molto più importante del fatto che sia locale o biologico, così come del tipo di sacchetto che si utilizza per portarlo a casa dal negozio. Secondo le valutazioni dell’Onu, sono cinque le diete più note con un potenziale di mitigazione delle emissioni di gas serra e vantaggiose per la salute. Non bisogna rinunciare del tutto alla carne rossa per fare la differenza: si può scegliere di essere ecocarnivori, riducendone il consumo. Sul portale http://www.allevamento-etico.eu/ si può avere un censimento delle aziende agricole e delle fattorie che fanno allevamento nel pieno rispetto del benessere animale, rispettando i ritmi della natura, evitando loro sofferenze ingiustificate e lo stress che è dannoso anche agli uomini.
Le fonti proteiche vegetali, come legumi, cereali integrali e frutta a guscio, le opzioni più rispettose del clima. In generale, un occidentale medio dovrebbe raddoppiare il consumo di vegetali rispetto ai suoi standard.
DIETA MEDITERRANEA: non esclude alcuna categoria alimentare, prevede vegetali in abbondanza, carne rossa solo una volta alla settimana e un consumo moderato di latticini.
DIETA CARNIVORA CLIMATICA: all’interno di uno stile onnivoro, almeno il 75% del consumo di carne di ruminanti e di prodotti lattiero-caseari viene sostituito da carne di maiale, coniglio, pollo e tacchino. Difatti manzo, capretto, vitello e agnello hanno l’impatto climatico maggiore per grammo di proteine, mentre i vegetali tendono ad averne il minore. Maiale, molti tipi di pesce e pollame stanno nel mezzo, un po’ più su per impatto di carbonio i formaggi.
DIETA PESCETARIANA: prevede il consumo di pesce ma non di carne e in qualche variante nemmeno di latticini.
DIETA VEGETARIANA: esclude carne e pesce ma non uova, latte e latticini.
DIETA VEGANA: ammette solo fonti vegetali.