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giovedì 12 maggio 2022

CartaBianca e noi con l’anello al naso. - Antonio Padellaro

 

“Questa sinistra che passa la vita a cercare di tappare la bocca a tutti, io me la ricorderò quando vincerà la destra, ci farà un culo così e avrà pure ragione. Perché vincerà, la destra, prima o poi”.

Chiara Geloni

Avere l’anello al naso o la sveglia al collo sono pessime espressioni di stampo colonialista che si divertivano a descrivere i popoli africani come gente ingenua e sprovveduta. Chiedo perciò preventivamente scusa se riguardo alle indiscrezioni sul bavaglio che Palazzo Chigi intende mettere a CartaBianca (affidato alla premiata coppia Fuortes&Orfeo) sto per scrivere: questi pensano che gli italiani abbiano l’anello al naso. Poiché soltanto una visione polverosamente arcaica (e anche abbastanza desolante) del rapporto tra chi fa televisione e chi la guarda può aver partorito certe pillole di pedagogia pronta per l’uso (come la xamamina per il mal d’auto) del tipo: “Il talk show per l’approfondimento giornalistico del servizio pubblico non è l’ideale” (l’ad Rai). La prima, immediata obiezione potrebbe essere che un’azienda con i conti, diciamo così, ballerini, dovrebbe prima di tutto badare agli ascolti, soprattutto se eccellenti, come nel caso della trasmissione condotta da Bianca Berlinguer. Se non fosse che: 

1) Sugli approfondimenti dell’aggressione russa all’Ucraina il giudizio del pubblico viene considerato, ai piani alti di Viale Mazzini, una variabile del tutto dipendente. Perché se per ipotesi quella fastidiosa entità (i telespettatori) volessero ascoltare un punto di vista diverso dal catechismo belligerante, i casi sono due. O è sbagliato il pubblico (che non si può abolire, ma desertificare questo sì). Oppure è sbagliato il talk che, appunto, “non è l’ideale”, e che va dunque trasformato in cartastraccia. 

2) Anche perché un sondaggio Swg pubblicato da “Libero” svela che le notizie veicolate dai media sulla guerra sono ritenute “attendibili poco o per niente” dalla maggioranza degli interpellati: a cominciare dalle perdite di Mosca, dalla reale efficacia delle sanzioni e dallo stato di salute di Vlad. Titolo di “Libero”: “In tv sfonda il pensiero unico di Putin”. Infatti, se la gente non abbocca sarà sicuramente al soldo del Kgb. 

3) A dimostrazione che gli ascolti possono essere perfino perniciosi, nel palinsesto Rai brillano alcuni preziosi modelli di impatto zero, nel senso che mentre si pensa di abolire CartaBianca vanno in onda alcuni programmi (sul flauto del dio Pan o sul lato nascosto dell’onorevole Zuzzurini) paragonabili a quelle specie rarissime avvistate dopo lunghi appostamenti dai birdwatching, come il gipaetus barbatus o l’ululone appenninico. Leccornie che hanno evidentemente il loro perché. Infine, un paio di consigli non richiesti agli strateghi di Palazzo Chigi. Se proprio non gli garba ciò che dice il professor Alessandro Orsini (un nome a caso), cerchino allora qualcuno in grado di controbattergli efficacemente qualcosa di sensato e di documentato. Esiste sempre lo strumento della legge marziale che necessita, è vero, di una dichiarazione formale di guerra alla Russia (un’altra spedizione di armi pesanti ed è fatta). Ma che può immediatamente zittire i rompicoglioni, con le buone o con le cattive. Sempre meglio della sveglia al collo che segna l’orario di ottant’anni fa.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/05/08/cartabianca-e-noi-con-lanello-al-naso/6583916/?fbclid=IwAR1Y0-Junx0sR7ttNmGzhbWCyTBLme9DX7w0TW2pdnJZztUptrcua4thWlU

venerdì 29 marzo 2019

“Il partito sbagliato” - Marco Travaglio

Quando si analizza il calo dei 5Stelle nei sondaggi e nelle urne, si parla sempre dell’alleanza con la Lega, degli errori, delle gaffe, degli scandali. Tutto vero. Ma non si parla mai del trattamento speciale, ad movimentum, che riserva loro la stampa. Che sarà anche meno letta di un tempo, ma rimane il principale produttore di contenuti, poi ripresi e irradiati da tv, radio e siti web. Da dieci anni, cioè da quando nacquero, i 5Stelle sono l’obiettivo unico del tiro al bersaglio concentrico da destra, dal centro e da sinistra. Una caccia all’uomo che dipende dal loro essere contro tutti. Ma anche dalla loro refrattarietà e incompatibilità con tutti i poteri che regnano sulla politica e sull’informazione al seguito.  Così lo sputtanamento è a senso unico. E chi, come noi, si sforza di trattare tutti allo stesso modo a parità di notizie, passa pure per simpatizzante di questo o di quello. Perché, quando c’è di mezzo un 5Stelle, tutte le categorie di pensiero e le prassi consolidate non valgono più, anzi vengono ribaltate. Anche sui fatti meno importanti. Appena eletto segretario Pd, Nicola Zingaretti ha sbagliato un congiuntivo: fosse stato Toninelli o Di Maio, sarebbe stato sbeffeggiato con appositi video e articoli. Invece Repubblica, che non si perde un errore pentastellato, ha ripreso la frase di Zinga, ma gli ha corretto il congiuntivo: non sia mai che qualche lettore possa dubitare della sua infallibilità. 
Lo stesso gioco sporco investe le scelte politiche: c’è chi ha sempre ragione e chi ha sempre torto. Gli stessi giornali (tutti) che nel 2012 avevano plaudito al No del governo Monti alle Olimpiadi di Roma 2020, quattro anni dopo hanno massacrato la sindaca Raggi per il no a Roma 2024. Gli stessi giornali che per 25 anni avevano chiesto il blocco della prescrizione addirittura al rinvio a giudizio, hanno massacrato il ministro Bonafede perché l’ha bloccata alla sentenza di primo grado. Ma i doppiopesisti danno il meglio di sé sugli scandali giudiziari. Sono dieci anni che tentano di dimostrare che i 5Stelle rubano come gli altri (come se questa fosse una consolazione per noi o un alibi per gli altri). Purtroppo per loro, fino alla scorsa settimana, nessun M5S era mai stato arrestato o inquisito per corruzione o reati simili (le inchieste sulle giunte 5Stelle riguardano bilanci fallimentari ereditati dai predecessori, storie di nomine, l’alluvione a Livorno, la tragedia di piazza San Carlo a Torino, dirigenti comunali imputati per fatti di anni prima). Figurarsi il tripudio quando finalmente è finito in carcere De Vito. Si sperava che portasse con sé la sindaca e tutto il movimento.
Invece pare che lavorasse in proprio e la Raggi lo tenesse a debita distanza. Il che non ha impedito ai giornaloni di titolare sulla Raggi anche le cronache sull’arresto di De Vito, come se il presidente del Consiglio comunale lo nominasse il sindaco. L’indomani però s’è scoperto che, nella vecchia indagine sulle mazzette trasversali di Parnasi per lo stadio – chiusa da tempo con 19 richieste di giudizio (anche per tre politici: due di FI e uno del Pd) – non era stata ancora chiesta l’archiviazione per l’assessore allo Sport Daniele Frongia, indagato nientemeno che per corruzione perché Parnasi gli aveva chiesto qualche giornalista per una sua azienda e lui ne aveva avvertiti tre. Archiviazione peraltro scontata e imminente. E tutti ci si sono buttati a pesce, facendo credere che il caso De Vito coinvolgesse la Raggi tramite il “fedelissimo” Frongia. Bisognava fare in fretta, perché a giorni l’assessore sarebbe stato archiviato e la truffa ai danni di milioni di lettori, telespettatori, radioascoltatori e internettari sarebbe stata smascherata. Infatti sabato Frongia dominava tutte le prime pagine.
“Il cerchio si stringe sulla Raggi. Indagato pure il suo assessore”, “Ora cade il teorema dell’unica mela marcia”, “Cade il sindaco-ombra sempre vicino a Virginia” (il Giornale). “Stadio della Roma. Indagato Frongia, fedelissimo della Raggi, accusato di corruzione. L’inchiesta ha già portato in carcere il grillino De Vito”, “Di Maio chiama la sindaca: ‘Così danneggi il M5S’” (La Stampa). “Indagato Frongia. E ora la Raggi balla davvero. Il fedelissimo della sindaca avrebbe accettato favori dall’imprenditore Parnasi” (il manifesto). “Ciclone giudiziario su Raggi” (Corriere della Sera). “Frongia, fedelissimo di Raggi nella rete della corruzione”, “Campidoglio sotto accusa”, “La giunta Raggi sotto accusa”, “La cricca grillina” (Repubblica). “Assessore indagato, Raggi trema”, “Ascesa e caduta di Daniele”, “Stadio, indagato Frongia” (Messaggero). La prova della malafede era la notizia, ben nascosta negli articoli, che forse già lunedì i pm avrebbero chiesto di archiviare Frongia per non aver fatto nulla di illecito. La riprova è arrivata ieri, quando tutti i giornali (tranne il Messaggero) che sabato sbattevano Frongia indagato in prima pagina hanno nascosto o ignorato Frongia scagionato mercoledì dai pm. La Stampa: 12 righe a pagina 6. Il manifesto: colonnino a pag. 6. Repubblica: nemmeno un titolo, solo un inciso di 6 righe a pag. 18 in un articolo su tutt’altro tema. Il Giornale: una breve a pag. 8. Corriere: una notizietta a pag. 18. Intanto, sempre l’altroieri, la Procura di Milano ha chiesto di condannare a 2 anni di carcere per turbativa d’asta il leghista Massimo Garavaglia. Che non fa l’assessore comunale allo Sport, ma il viceministro dell’Economia. E non è indagato in attesa di archiviazione, ma imputato in attesa di sentenza. Però si è scelto il partito giusto: la Lega. Risultato: un colonnino a pag. 9 sul Corriere, uno a pag. 10 sul Giornale e zero tituli su tutti gli altri quotidiani. Inclusi quelli “de sinistra” che fingono di combattere Salvini. Fosse stato un 5Stelle, prima pagina assicurata. Poi si domandano perché vince Salvini.