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mercoledì 4 marzo 2020

Quel quadro è di Artemisia Gentileschi. La scoperta a Londra. - Roberta Scorranese


Artemisia Gentileschi, Davide e Golia (1639 circa; olio su tela, 201 x 133 cm; Collezione privata)


Un restauro ha svelato la firma nella spada nel dipinto che ha come soggetto Davide e Golia. La più famosa pittrice del Seicento vive un momento di grande popolarità.

Un Davide elegante e sinuoso, seduto, con la testa di Golia che giace ai suoi piedi. Fino a poco tempo fa la firma di questo dipinto era nascosta — offuscata dagli strati del tempo — proprio nella spada, ma un restauro firmato da Simon Gillespie a Londra l’ha portata alla luce: quel soggetto biblico, datato 1639, è di Artemisia Gentileschi. Non solo: sarebbe stato eseguito proprio durante quel breve — e in parte ancora oscuro — soggiorno londinese nel quale l’artista romana (1593-1654) raggiunse il padre Orazio, ormai anziano, impegnato della decorazione di un soffitto in una residenza della Corte.

La storia del quadro.
La notizia arriva a poche settimane dall’inaugurazione della grande mostra che la National Gallery dedica alla pittrice e proprio a Londra si dipana questa storia affascinante, che comincia nel 1975, quando il dipinto apparve per la prima volta in un’asta da Sotheby’s. All’epoca venne attribuito a Francesco Guerrieri, un apprezzato allievo di Orazio, ma quando, nel 1996, il connoisseur Gianni Papi vide una riproduzione fotografica in bianco e nero del quadro cominciò a pensare ad Artemisia. Oggi la nuova attribuzione è firmata proprio da Papi, importante studioso dei caravaggeschi, in un articolo in via di pubblicazione su The Burlington Magazine. Al Corriere Papi racconta: «Il proprietario, che vuole restare anonimo, acquistò il quadro nel 2018 in un’asta della Hampel Fine Art a Monaco. Mi chiese di studiarlo. Poi partì anche il restauro. Subito ho riconosciuto la mano di Artemisia: il color ocra dell’abito di Davide, per esempio. E la stessa figura centrale di Davide rimanda ai famosi autoritratti di Artemisia. Ma dietro c’è una grande quantità di documenti che attribuiscono alla pittrice più di un quadro con un soggetto simile».

Verrà prestato ad un museo.
Poi, nei laboratori di Gillespie, ecco la scoperta della firma, ben leggibile da vicino sulla spada con cui il guerriero ebreo decapita Golia, il gigante filisteo che terrorizzava il suo popolo. «Artemisia», si legge e Papi commenta: «Quello di Londra potrebbe essere addirittura appartenuto alle collezioni di Carlo I». Tracce di questa ipotesi ricorrono in un testo di Horace Walpole, autore del XVIII secolo: «Il re Carlo I d’Inghilterra aveva diverse opere di Artemisia Gentileschi e la migliore era David con la testa di Golia». Il dipinto non entrerà nella mostra alla National Gallery, ma sarà visibile nel Simon Gillespie Studio, a Mayfair, durante quasi tutto il periodo dell’esposizione, da aprile a giugno. E poi, naturalmente, si stanno facendo le prime ipotesi sul destino di un’opera come questa, che potrebbe essere ceduta in comodato d’uso dal proprietario a qualche museo pubblico. Di certo colpisce il tempismo di questa ri-attribuzione, che arriva in un momento in cui Artemisia è molto popolare: oltre alla mostra londinese, da poco sono state restaurate alcune sue lettere indirizzate all’amante Francesco Maria Maringhi, mentre il Nationalmuseum di Stoccolma ha acquistato una sua Santa Caterina. Si parla della «rivincita» tardiva di una delle pochissime pittrici del Seicento passate alla storia. Papi provoca: «Chiamiamola pittore e non pittrice: va confrontata con i grandi artisti del suo tempo, non con “le donne”». Già, perché purtroppo a quel tempo le donne pittrici erano pochissime mentre i “Grandi artisti”, manco a dirlo, erano tutti maschi.