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sabato 28 giugno 2014

NUOVA RECESSIONE E NUOVO MONDO SENZA L' ARROGANZA DEGLI STATI UNITI. - Paul Craig Roberts

economia usa

La cifra del Pil reale degli USA nel primo trimestre del 2014 è stata pubblicata oggi.
Il totale non è un +2,6% di crescita predetta dai saccenti economisti a provvigione.
Il numero reale è invece una diminuzione che si attesta al -2,9%.

Ma parlare di un -2,9% è un eufemismo. Questa cifra è stata ottenuta sgonfiando il tasso del Pil nominale attraverso una misurazione attenuata dell’inflazione. Durante l’amministrazione  Clinton, la Commissione Boskin  praticava la manipolazione del calcolo dell’inflazione  per ingannare quelli che percepivano la Social Security (il fondo pensionistico del Governo Federale) sugli adeguamenti al costo della vita. Chiunque compri cibo, benzina o qualsiasi altra cosa sa che l' inflazione reale è molto più alta di quella ufficiale.


E’ possibile invece che la diminuzione del primo trimestre sia di tre volte maggiore di quella dichiarata.

Comunque la si guardi, la differenza è enorme tra le previsioni di Gennaio del +2,6% e la diminuzione del 2,9% della fine di Marzo.

Qualsiasi economista libero e non a libro paga di Wall Street, del Governo e dei Poteri Forti in generale sapeva che il 2,6% era una buffonata. I salari degli Americani sono cresciuti solo dell’1%, i soli crediti concessi agli studenti, per i giovani che non trovano lavoro e, forse sbagliando, si gettano nella dottrina che ha come slogan “l’istruzione è la soluzione”. Ma in un’economia basata sulla domanda di consumo, l’assenza di guadagno unita alla mancanza di credito determina, per definizione, una crescita economica negativa.

L’economia americana non può crescere perché le multinazionali spinte da Wall Street hanno portato l’economia reale fuori dai confini USA. Tutta la produzione americana è stata trasferita all’estero. Guardate le etichette dei vostri abiti, a quelle delle vostre scarpe, da quello che mangiamo agli utensili da cucina, ai computer e a tutto il resto. Anche le tradizionali posizioni professionali, come l' ingegneria informatica sono state mosse all’estero. Un’economia esternalizzata, semplicemente, non è un’economia.

E questo succede davanti agli occhi di tutti, quando ben pagati imbonitori del mercato dichiarano agli americani quanto possano beneficiare dal rilocalizzare il lavoro della classe media americana in Cina e in India.
Io ho esposto queste tesi per più di due decenni, ed è questo il motivo per cui non vengo più invitato nelle conferenze delle università americane e delle grandi associazioni commerciali. Gli economisti amano i soldi che ricevono per mentire, uno che dice la verità è l’ultima cosa che vogliono in mezzo a loro.

Una diminuzione ufficiale del – 2,9% nel primo trimestre implica, di conseguenza, una diminuzione nel secondo trimestre. Due diminuzioni di fila definiscono una recessione. Immaginate le conseguenze di una recessione. Significa che anni di strategia basata sul quantitative easing (quando la banca centrale acquista beni - generalmente si tratta di azioni o titoli di stato - con denaro creato "ex-novo" e al fine di incentivare la crescita economica) ha fallito nel rivitalizzare l’economia come, del resto, anni di deficit dello Stato alimentato dalle teorie keynesiane. Né le politiche fiscali o monetarie hanno funzionato. Cosa, quindi, può rivitalizzare l’economia?

Nulla, eccetto forzare il ritorno della produzione industriale che le compagnie americane hanno trasferito all’estero.


Questo però richiederebbe un governo credibile. Ma sfortunatamente, il governo U.S. ha perso credibilità sin dal secondo mandato di Clinton. Non né è rimasta neanche un briciolo.

Oggi, nessuno al mondo crede più al governo degli Stati Uniti, eccetto gli americani eterodiretti dai media mainstream. La propaganda di Washington domina le menti degli americani, ma produce sorrisi e sconcerto da ogni altra parte.

Le povere previsioni per l’economia americana hanno indotto due tra le più grandi lobby di affari, la Camera di Commercio U.S. e l’associazione nazionale dei produttori (o quello che rimane di essa) a prendere posizione contro l’amministrazione Obama per la paura di ulteriori sanzioni contro la Russia. Secondo Bloomberg News, iniziando da domani (26 giugno), i gruppi di affari inizieranno una campagna pubblicitaria sul New York Times, Wall Street Journal e il Washington Post contro qualsiasi sanzione nei confronti della Russia. Queste organizzazioni dicono che le sanzioni diminuiranno i loro profitti avendo come risultato la perdita di posti di lavoro americani.

Le due più grandi associazioni commerciali U.S.A., fonti importantissime di finanziamento delle campagne elettorali dei vari partiti politici, hanno finalmente aggiunto la loro voce a quella del mondo degli affari tedesco, francese e italiano.

Tutti, tranne l’opinione pubblica americana, sanno che la crisi in Ucraina è totalmente un "business" creato da Washington. Gli imprenditori europei e americani si stanno chiedendo “perché i nostri profitti e i nostri lavoratori debbano soffrire a causa della propaganda di Washington contro la Russia”.

Obama non sa cosa dire. Forse la sua feccia neocon. Victoria Nuland, Samantha Powers, Susan Rice se ne uscirà con qualche risposta. Obama può affidarsi al New York Times, Washington Post, Wall S.T. Journal e Weekly Standard per spiegare perché milioni di americani ed europei debbano soffrire affinché il "ratto" dell’Ucraina vada a buon fine.

Le bugie di Washington si stanno ritorcendo contro Obama. La Cancelliera Merkel è completamente assoggettata ai voleri U.S.A. ma l’industria tedesca sta dicendo all’amica americana che il valore dei propri affari in Russia è maggiore del valore sofferto a causa delle pretese imperialistiche del governo U.S.A. Il mondo imprenditoriale francese sta chiedendo a Hollande cosa voglia fare con la mancanza di posti di lavoro e se lui stesso porta avanti gli interessi americani. Anche gli italiani stanno chiedendo al loro governo (sembra che l’Italia ne abbia uno), che i rozzi americani, oltre a non avere alcun tipo di gusto, stanno infliggendo un danno all'economia, perché le sanzioni sulla Russia costituiscono un colpo mortale al settore italiano più famoso e universalmente riconosciuto al mondo: quello del lusso e della moda.

In Europa si sta spandendo a macchia d’olio il dissenso nei confronti di Washington e del ruolo da burattinaio mondiale da due soldi. L’ultimo exit poll ha rilevato che 3/4 dei tedeschi sono contrari alla permanenza delle basi NATO in Polonia e negli stati baltici. L’ex Cecoslovacchia, attualmente divisa in Slovacchia e Repubblica Ceca, nonostante membri NATO, si sono opposte alla presenza di truppe americane e NATO sul loro territorio. Recentemente, un ministrro tedesco ha detto che far piacere a Washington è come fare sesso orale senza ricevere nulla in cambio.
La pressione che i pazzi a Washington stanno mettendo sulla NATO potrebbe mandare in frantumi l’organizzazione. Preghiamo perché sia così. La scusa all’esistenza della NATO è scomparsa ventitré  anni anni fa con il collasso dell’Unione Sovietica. Washington ha fatto espandere la NATO molto oltre i limiti segnati dal Trattato del Nord-Atlantico. La NATO ora regola un territorio che va dal Baltico all’Asia Centrale. Quindi, per giustificare la continua espansione delle operazioni, Washington ha dovuto fare della Russia un nemico.

Ma la Russia non vuole assolutamente essere un nemico della NATO o di Washington, ma il complesso apparato militare di sicurezza americano, che assorbe più di un trilione di dollari dalle tasche degli americani, ha bisogno di una scusa per far continuare a far lievitare i profitti.

Sfortunatamente, gli imbecilli di Washington hanno scelto un nemico pericoloso. La Russia è una potenza nucleare, un Paese di vaste dimensioni che vanta un’alleanza strategica con la Cina.

Solo un governo imbevuto di arroganza e hubris, o uno gestito da psicopatici e sociopatici, sceglierebbe un nemico del genere. Il Presidente Putin ha più volte sottolineato all’Europa come le politiche americane in Medio Oriente e in Libia non siano state solo un completo fallimento, ma anche devastanti e pericolose per l’Europa e la Russia. I pazzi a Washington hanno rimosso dei governi che tenevano a bada gli jihadisti. Ora questi violenti sono sguinzagliati e senza alcun tipo di controllo. In Medio oriente i jihadisti sono al lavoro per ridefinire i confini stabiliti dagli inglesi e dai francesi dopo la Prima Guerra Mondiale.

Europa, Russia e Cina hanno tutte una percentuale di popolazione musulmana e ora si preoccupano che la violenza che Washington ha scatenato in M.O. possa destabilizzare anche loro stesse.

Nessuno al mondo ha una vera ragione per amare gli Stati Uniti. Meno che mai gli stessi americani dissuanguati per le pretese di dominio di Washington sul mondo. Il tasso di popolarità di Obama, è uno scarso 41% e nessuno lo riconfermerebbe. Invece, i 2/3 della popolazione russa vogliono che Putin rimanga presidente anche dopo il 2018.

A marzo, una società di sondaggi, la Public Opinion Research Center, ha dichiarato che il tasso di popolarità di Putin è del 76%, nonostante le forti opposizioni delle ONG russe, finanziate da Washington, istituzioni che lavorano attivamente in Russia da almeno vent’anni.

Per di più, il dollaro americano è nei guai. Il dollaro è tenuto a galla attraverso la manipolazione del mercato finanziario e Washington sta mettendo sotto pressione i sui suoi stati vassalli perché sostengano il valore del dollaro attraverso la stampa delle loro monete e conseguente acquisto di dollari. Per tenere il dollaro in vita larga parte del mondo patirà le conseguenze dell’inflazione. Quando la gente finalmente lo capirà e correrà a comprare oro, in quel momento ce lo avranno tutto i cinesi.

Sergey Glazyeb, un consigliere del Presidente Putin, ha detto che solo un’alleanza contro il dollaro potrebbe fermare le ambizioni degli Stati Uniti. Questa è stata la mia opinione per lungo tempo. Non ci può essere pace fino a che Washington continua a stampare moneta per finanziare nuove guerre.

Come ha detto il governo cinese, è tempo di “de-americanizzare il mondo”. La leadership degli Stati Uniti ha completamente fallito, producendo null’altro che bugie violenze, morte e promesse di maggiori violenze. Non ci scordiamo che Washington, senza rimorso, ha distrutto, in tutto o in parte, sette Paesi nel ventunesimo secolo. A meno che la leadership degli Stati Uniti, non venga sostituita con una più a misura d’uomo, la vita sulla terra non ha futuro.


Paul Craig Roberts
Fonte: http://www.prisonplanet.com/
Link: http://www.prisonplanet.com/a-new-recession-and-a-new-world-devoid-of-washingtons-arrogance.html
26.06.2014

Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MISHA DI TEATRO NEL BICCHIERE

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=13564

lunedì 5 maggio 2014

De Benedetti, Black Rock e la svendita dell'Italia. - Sergio Di Cori Modigliani




Questo paralitico sgangherato e il suo amico frocio damerino londinese affonderanno per sempre l’America distruggendola”. Così, Edward Hodgson, responsabile della campagna presidenziale per la rielezione di Hoover, apriva la battaglia elettorale nel 1932 in Usa, descrivendo Roosevelt e Keynes. 
Fu la più sanguinosa campagna presidenziale della Storia nel secolo scorso e anche la più costosa, per i repubblicani. La Standard Oil, la Manufacturers Hannover Trust, il gruppo Rockfeller, la Morgan Stanley, si gettarono nella mischia con tutta la loro potenza finanziaria sostenendo che “soltanto il pareggio di bilancio potrà salvarci dalla rovina economica”. 
La campagna si concluse con la vittoria di Roosevelt che ottenne il 58% dei voti. 
Due giorni prima del suo insediamento, nel febbraio del 1933, a Miami, veniva preso a pistolettate da un muratore calabrese, Giuseppe Zangara, emigrato dieci anni prima da Crotone. Roosevelt ne uscì illeso, mentre il sindaco di Chicago che gli sedeva accanto morì colpito dalle pallottole. 
Quando la polizia fece irruzione nella abitazione dell’attentatore trovò migliaia e migliaia di opuscoli e centinaia di pubblicazioni che descrivevano Roosevelt come un agente segreto di Stalin, con minuziosi e dettagliati articoli su omicidi e rituali satanici compiuti da Keynes, descritto come una specie di guru diabolico che si nutriva del sangue di vergini che faceva immolare per lui. 
Circa 200 milioni di euro, al valore attuale, vennero spesi dai colossi della finanza per attaccare, calunniare, diffamare, dileggiare Roosevelt e Keynes. 
Nelle università americane, al corso di Storia moderna e contemporanea, si studia ancora oggi quella campagna presidenziale, per analizzare i fenomeni di manipolazione del consenso, e spiegare come, in presenza di fondamentali e decisive scadenze nel campo economico, quelli che noi oggi definiamo con il termine di poteri forti” siano disposti a usare ogni tipo di arma, ogni forma di subdola menzogna, ogni artefatta falsificazione della realtà, per ottenere il loro scopo: impedire che lo Stato e l’Amministrazione Pubblica metta le briglia sulle attività delle banche e della finanza pretendendo da loro che rispettino le leggi. 
Da allora, sono trascorsi 80 anni, e le società sono molto cambiate. 
Non i Poteri Forti. 
Per loro, ciò che conta, è avere la garanzia che la classe politica dirigente rappresenti, in maniera esclusiva, gli interessi di quella oligarchia del privilegio garantito i cui patrimoni loro custodiscono, ad ogni costo, ad ogni prezzo. 
Era così nel 1932 in Usa e così anche nell’Europa del 2014. Intendiamoci, era così anche nella campagna elettorale europea del 2009 e nelle precedenti campagne elettorali politiche generali italiane. 
Ma gli italiani erano totalmente all’oscuro di ciò che accadeva, semplicemente non lo sapevano. 
Così come non lo sapevano gli americani, i quali, nell’agosto del 1929 (quaranta giorni prima del crollo delle borse mondiali) si sentivano dire che l’economia andava bene e che la priorità era il pareggio di bilancio, mentre lo Stato pompava soldi soltanto nel sistema finanziario delle banche. 
Quando la disoccupazione, tre anni dopo, raggiunse la cifra del 26% e tra i giovani del 58%, la gente cominciò a volersi informare su ciò che stava accadendo. 
E’ un teatro sociale simile a quello italiano di oggi. I cittadini, ormai stravolti e travolti dal disagio sociale, dalla mancanza di lavoro, dalla spaventosa impennata della disoccupazione che seguita ad aumentare, dalla totale assenza di una politica industriale da parte del governo, dalla latitanza di idee efficienti, da una diffusione della corruttela senza freni che non ha mai avuto eguale nel corso della storia nazionale, ha cominciato ad informarsi. 
Grazie alla Rete e ai nuovi sistemi di comunicazione ad alta tecnologia, è stato possibile, negli ultimi anni, aggirare la cappa ufficiale della disinformazione messa in campo dai professionisti della cupola mediatica per distogliere l’attenzione del pubblico. 
Il giornalismo è servito in Italia, negli ultimi anni, soprattutto per evitare che si diffondesse un processo di consapevolezza collettiva tale da provocare, dentro di sé, in ciascuno di noi, il salto dall’idea dell’essere sudditi a quella della cittadinanza attiva. Ma il lavoro continuo di nuovi soggetti mediatici autonomi e indipendenti, sui siti on line, sui blog, su tutto il web, hanno regalato alle persone curiose la possibilità di dotarsi di strumentazione critica e capire. 
Rendersi conto, quindi, che i partiti politici italiani da lungo tempo ormai non sono più partiti, perché non rappresentano più dei blocchi sociali, delle esigenze di categoria, dei soggetti lavorativi ben definiti; sono diventati semplicemente delle aziende procacciatrici di affari finanziari per pochi ed esclusivi circoli di eletti. 
Sulla pelle dei gonzi che pagano le tasse. 
Con la scandalosa aggravante che il contribuente, il lavoratore onesto, è diventato (a propria insaputa) il principale finanziatore di queste società, alimentate continuamente di denaro pubblico che non viene usato per servizi della collettività, bensì per garantire profitto individuale a centri di potere familista partitico. Il lavoro di 15 mesi degli eletti in parlamento nelle fila del M5S è servito a questo: smascherare il gioco del potere, far toccare con mano alla cittadinanza il fatto che queste persone al governo sono tutte intercambiabili, perché le differenze tra i membri di un partito e un altro non sono ideologiche, non sono progettuali, non sono ideali, sono soltanto formali e apparenti: sono semplici impiegati al servizio delle grandi multinazionali internazionali che controllano l’energia, le banche, le sementi e il loro interesse è appropriarsi della ricchezza nazionale italiana. 
I cittadini italiani hanno cominciato a capire che il re è davvero nudo, e i sondaggi hanno iniziato a vomitare previsioni statistiche per loro davvero impietose, terrificanti. 
Forza Italia trasformato in un partitino, il PD che arretra ogni settimana, e il M5S che avanza in ogni regione, in ogni comune, in ogni territorio nazionale, nonostante non sia stata dispiegata nessuna fortezza finanziaria. 
Da Berlusconi a Renzi si sono messi, quindi, paura. 
Anche perché i poteri forti si stanno irritando. 
Non a caso, i grossi big che contano nella finanza mondiale, si sono precipitati in Italia perché sanno che se il M5S, a queste elezioni europee, fa il botto e ottiene un risultato vincente, gli salta davvero tutto. Non mi stupisce, quindi, che negli ultimi giorni sia stato sferrato un bombardamento mediatico senza precedenti contro Grillo e il M5S, gestito addirittura in prima persona dall’ingegner Carlo De Benedetti che, ieri pomeriggio, in un’occasione pubblica e formale, ha definito Grillo un “fascistello populista”. 
Di solito, il lavoro sporco lo fanno fare a quelli de L’Espresso o la Repubblica, o ai propri nominati dentro la Rai e in Mediaset, quelli inviati a gestire i talk show per tirare la volata ai giornalisti compiacenti, deferenti, servi. 
Inevitabilmente servi. 
E come tali, sempre sciocchi. 
Non capiscono che è cambiata l’atmosfera, perché la gente si è stufata e comincia a rendersi conto di come stanno le cose. 
Come era accaduto agli americani nel 1932. 
Stanno scendendo in campo i poteri forti, perchè si sentono minacciati
Hanno ragione: è proprio così. 
Sanno che la vittoria elettorale del M5S il 25 maggio spiana la strada all'immediata discussione parlamentare per il varo del reddito di cittadinanza universale, unica medicina sensata per aggredire subito al collo la triste e oscena piaga della povertà: l’Italia è la nazione più ricca d’Europa e in quota parte ha il più alto aumento in percentuale di poveri, con un disagio socio-economico che si diffonde sempre di più. Inaccettabile per un europeo civile e civilizzato.
Inconcepibile e improponibile per Carlo De Benedetti e per i poteri forti.
Pensavate che la Repubblica fosse un ente di beneficenza?
In ballo c’è la sovranità del nostro paese che vale 9.000 miliardi di euro. 

Tra questa cifra e gli squali che intendono impossessarsi dell’industria manifatturiera nazionale, dell’agricoltura, dei beni culturali storici, dell’industria ittica, dell’intero patrimonio tradizionale dell’artigianato d’arte, della produzione energetica, del rilancio della produttività nelle strategie marketing multimediali sul web, dell’industria turistico-alberghiera, ci si è messo di mezzo il Grande Guitto di Genova che ha fatto da megafono agli afoni, al clan degli invisibili, ai non garantiti, ai paria del sistema, e come un granello di sabbia che inceppa un meccanismo perfettamente oliato, sta bloccando il piano di esproprio e di razzia della ricchezza nazionale, perché oggi è possibile capire e sapere per davvero come stanno le cose.
Gli ha rotto le uova nel paniere. 

E con le frittate non si fanno più affari.
Gli italiani vanno capendo che è possibile raddrizzare la schiena e ritrovare il senso della dignità, prima di tutto come Persone, annullando il concetto di suddito e sostituendolo con quello di cittadino, e poi ritrovare anche quello di popolo e infine quello di nazione adulta, responsabile, finalmente pronta a rimboccarsi le maniche e decidere del proprio destino e del proprio futuro. 
Questa è la posta in palio.
E da bravo fallito di successo, visto che alle spalle lui si porta una Olivetti da lui rasa al suolo, una Sorgenia decotta piena di debiti, e un gruppo di prodotti cartacei di stampa che ogni mese, inequivocabilmente, perdono lettori, perdono copie e perdono guadagni, giustamente Carlo De Benedetti è preoccupato all’idea che domani possa esistere una rappresentanza politica che lo inchioderà alle sue responsabilità, insieme al suo ex (??) socio in affari Silvio Berlusconi e agli altri compagni d merenda.
Il numero 1 del fondo finanziario “Black Rock”, Larry Fink si è precipitato in Italia a parlare con Renzi. Sono arrivati anche i big di Goldman Sachs, quelli di Morgan Stanley e di J.P.Morgan.
La partita la si gioca qui da noi.
L’Italia può diventare la vera avanguardia di un processo di ricostruzione di tutto il continente europeo. 

E’ una possibilità unica, rara. 
C’è l’opportunità di far schiattare i francesi dall’invidia, perché, forse per la prima volta negli ultimi 300 anni, siamo noi italiani ad assumerci la responsabilità di prendere il toro per le corna e sfidare a viso aperto i poteri forti. 
Per crescere noi. 
Per liberarci.
E grazie a noi, liberare tutta l’Europa.
Arriva in Italia il n.1 di Black Rock e poche ore dopo De Benedetti va all’attacco personale di Beppe Grillo.
Dobbiamo preoccuparci e protestare?
Nient’affatto.
Dobbiamo esserne orgogliosi.
Vuol dire che, finalmente, stiamo sulla strada giusta.
O noi o loro."

http://www.beppegrillo.it/2014/05/de_benedetti_black_rock_e_la_svendita_dellitalia.html