Non solo Renzi sr. Politici e trasporti ad personam.
“Ci sono le montagne, ma si possono bucare”. Definitivo il timbro di Fiorentino Sullo, l’irpino più potente nell’Italia degli anni Sessanta, così spiegando la deviazione del tracciato dell’autostrada Napoli-Bari. Con un colpo di penna indicò ai progettisti il nuovo itinerario: abbandonare al suo destino Benevento e piegare verso Avellino, buco dopo buco, viadotto dopo viadotto. All’altezza dello svincolo di Baiano la strada infatti fa un balzo in avanti, si inerpica e inizia ad aggrovigliarsi per una quarantina di chilometri fino a baciare la sua città.
Borgo natìo selvaggio. Sono pene d’amore queste opere ingegneristiche, cambiali pagate variante dopo variante perché il potere ha bisogno di essere riconosciuto fino al caminetto di casa.
Per terra, per aria e per mare. Svincoli, raccordi, intersecazioni residenziali. Lavori pubblici tracciati nel salotto, tecnicamente in house, itinerari deviati, voli pindarici.
Ricordate lo Scajola-Roma-Scajola? Si era nel 2008 e l’asfittico aeroporto di Albenga ebbe il piacere di trovar seduto al Viminale Claudio Scajola, santo patrono della vicina Imperia. Il ministro consigliò Alitalia di considerare anche la piccola Albenga come slot utile per atterraggi e decolli. Cosicché da Fiumicino iniziò a volare un Atr che, di media, conduceva 18 persone nell’ovest ligure. E tra questi appunto Scajola, soprattutto Scajola, cioè il ministro. Quando si dimise dal governo però Alitalia dismise il volo. E quella coincidenza suonò strana. L’aerovia riprese vigore solo dopo che l’ex ritornò a galla, nuovamente nella compagine di Palazzo Chigi a presidiare il programma del governo Berlusconi. I passeggeri della seconda ondata, molto distanziati, furono purtroppo di media otto a volo. Il declino politico del ministro coincise con la sconfitta aerea di Albenga dove nessuno più è mai atterrato.
Voler bene al proprio territorio. E volergliene a prescindere dai costi. Non sappiamo se il Tav a Rignano, il paese di babbo Renzi, fosse una pretesa o una necessità. Sappiamo che anche a Barcellona Pozzo di Gotto, per merito del parlamentare Carmelo Santalco, ivi residente, i binari furono oggetto di enorme corteggiamento.
Fare, e a prescindere dal costo. Nel tempo la misura del potere veniva considerata dalla capacità di succhiare una mai men che notevole quantità di miliardi di lire per vederla consacrata. Cosicché due coppie di potentissimi devono essere ricordati per via del bitume. Anzitutto il socialista Giacomo Mancini, cosentino e ministro dei Lavori pubblici. Appassionato e visionario, decise che l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, la mitica autostrada dell’ingorgo trentennale, dovesse sloggiare dal mar Tirreno, verso il quale andava dirigendosi e salire attraverso le prime pendici silane pur di raggiungere Cosenza, la città ministeriale. Sono gli anni dell’ottimismo, del Pil crescente e della forza onnipotente della classe politica. Tra il 1967 e il 1974 una connessione Dc-Psi tutta calabrese sfonda ogni perplessità dell’ingegneria sismica, allora agli albori, e ogni lievitazione di costo avanzata dagli strutturisti. Mancini, insieme a Riccardo Misasi, colto notabile dc, impone il tritolo per bucare le montagne e tanto cemento armato. Il viadotto Italia (261 metri di altezza) sarà l’opera che traghetterà l’autostrada verso casa, medaglia d’oro al valor politico.
E che dire del duo Natali-Gaspari. Un’accoppiata democristiana ancora più vincente, ancora più esuberante e tremendamente competitiva. L’Abruzzo che era senza autostrada ebbe in dono la A24 finalmente. Collegamento veloce Roma-Pescara. La questione si fece seria quando si prese la cartina e si notò che Lorenzo Natali la voleva più a nord, verso L’Aquila, e Remo Gaspari più a sud, verso la sua Gissi. Erano fior di democristiani, potenti e vincenti. Si decise dunque di biforcarla, di doppiarla: dallo svincolo di Torano partì una striscia d’asfalto verso nord, per far contento Natali, e una verso sud, accontentando Gaspari. Da zero a due autostrade in un sol colpo.
E vogliamo ricordare qui Franco Nicolazzi, autentico fuoriclasse del piccolo Psdi, nativo di Gattico, Novara, che riuscì nell’impresa di far passare la Genova-Gravellona, il cui destino finale doveva essere il Sempione, per il suo piccolo comune. Nicolazzi, ministro tra l’85-92, amante dei trasporti, abbellì il natìo villaggio di bretelle autostradali (da qui il nome bretella Nicolazzi) che l’hanno trasformato in una sorta di autogrill permanente, essendo il paese traforato anche dall’autostrada dei Laghi.
Non finì come avrebbe dovuto e potuto la costruzione della A31, conosciuta come la Pi-Ru-Bi, dalle iniziali dei tre maggiorenti democristiani (Piccoli, Rumor e Bisaglia) che avevano interesse a portare la strada veloce rispettivamente a Trento, a Vicenza e a Rovigo. L’unico tratto costruito (Vicenza-Val d’Astico, 40 chilometri circa) consacrò Rumor sul podio dei Vip.
Resta per ultimo, ma primo per rilevanza geografica, l’enorme gobba che Amintore Fanfani fece fare all’autostrada del Sole, diretta a Milano e già sulla via dritta di Firenze, per far sì che la sua Arezzo avesse come partire e lui come arrivare.