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giovedì 18 marzo 2021

Caso Palamara, ora la Procura di Perugia apre indagine sul disciplinare a Woodcock. - Antonella Mascali

 

Le chat di Luca Palamara, e pure le sue dichiarazioni mediatiche, fanno aprire un nuovo fascicolo alla Procura di Perugia: sul processo disciplinare ai pm di Napoli Henry John Woodcock e Celeste Carrano, accusati e poi assolti per presunte scorrettezze durante l’indagine su Consip. Il fascicolo è stato aperto per capire come mai la sentenza non sia stata emessa dal collegio di cui faceva parte Palamara, presieduto da Giovanni Legnini. Secondo quanto risulta al Fatto, nei giorni scorsi, il Csm ha trasmesso, su richiesta, l’incartamento di quel processo alla Procura di Perugia guidata da Raffaele Cantone, che ha aperto un’indagine per ora contro ignoti. Secondo la versione di Palamara mai smentita né dall’ex vicepresidente del Csm Legnini né dall’attuale consigliere del Csm Giuseppe Cascini, chiamati in causa, quel processo disciplinare a Woodcock e a Carrano fu rinviato all’esame dell’attuale Consiglio perché Legnini avrebbe espresso, in mezzo al processo, un giudizio negativo su Woodcock con Cirino Pomicino. L’ex ministro avrebbe riferito del presunto atteggiamento preconcetto di Legnini verso Woodcock mentre era intercettato indirettamente per l’inchiesta Consip della Procura di Napoli, trasmessa poi per competenza a Roma. Di un motivo “segreto” per il rinvio del processo disciplinare ai pm napoletani a un nuovo collegio, Palamara ne vorrebbe parlare alla stampa a scandalo nomine appena deflagrato, nell’estate 2019: si consiglia, intercettato, proprio con Legnini che gli dice: “Io la vicenda Woodcock non la sfruculierei, alla fine abbiamo rinviato… certo per quel motivo, però alla fine era anche una decisione ragionevole”. Quale motivo nascosto? Legnini risponde ad Antonio Massari che lo interpella per il libro Magistropoli edito dalla nostra PaperFirst: “Palamara mi aveva parlato di una intercettazione in cui Pomicino diceva di avermi incontrato… Nell’intercettazione avrebbe sostenuto che io mi ero espresso in termini non lusinghieri nei confronti di Woodcock… È vero che incontrai Pomicino ed è anche vero che lui si lamentò di Woodcock, ma io gli risposi soltanto che non potevo farci niente”. Sempre Palamara sostiene che di quella intercettazione, il 5 luglio 2018, gli avrebbe parlato Cascini, allora procuratore aggiunto di Roma. Il consigliere ha annunciato querela contro Palamara e nella mailing list dei magistrati ha scritto: “Non so se una tale intercettazione esista. Non parlo con Woodcock da anni e certamente non mi ha riferito il contenuto di una intercettazione del genere”.

Il Fatto Quotidiano

giovedì 1 febbraio 2018

Decreto Popolari, sull’inchiesta su Renzi e la “soffiata” a De Benedetti adesso indaga Perugia. Antonio Massari

Amici di colazione – L’ex premier Matteo Renzi si fa consigliare dall’editore Carlo De Benedetti – LaPresse

Procura su Procura - Interrogato Elio Lannutti, il presidente dell’Adusbef, candidato per il M5S, che ha denunciato il presunto insabbiamento nella Capitale.


La verità giudiziaria sull’acquisto delle azioni delle banche popolari, operato dall’ex presidente del gruppo EspressoCarlo De Benedetti, dopo aver saputo dall’ex premier, Matteo Renzi, dell’imminente decreto che le trasformava in Spa, non è più soltanto nelle mani del pm Stefano Pesci e del procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone.
Ora è anche nelle mani della procura di Perugia, guidata da Luigi De FicchyIl Fatto è in grado di rivelare che la procura perugina – dopo l’esposto presentato da Elio Lannutti, presidente onorario dell’Adusbef, oggi candidato per il M5S – ha aperto un fascicolo per verificare se, da parte dei magistrati romani che hanno condotto l’inchiesta, vi siano stati comportamenti od omissioni che integrino ipotesi di reato. E, per verificarlo, risulterà indispensabile valutare gli atti dell’intera vicenda che ha portato la procura di Roma a chiedere l’archiviazione del broker Gianluca Bolengo
Parliamo dell’uomo che, per conto di De Benedetti, il 16 gennaio 2015, investiva 5 milioni in azioni delle banche popolari, con un profitto di 500mila euro. 
Bolengo viene intercettato mentre De Benedetti gli chiede: “Salgono le popolari?”. Il broker gli risponde: “Sì, se passa un decreto fatto bene, salgono”. E De Benedetti: “Passa, ho parlato ieri con Renzi, passa”. E l’investimento parte all’istante.
Da questa conversazione nasce l’informativa della Consob – trasmessa anche al Nucleo speciale di polizia Valutaria della Gdf – che porta la procura di Roma ad aprire il fascicolo. Bolengo viene iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di ostacolo alla vigilanza. Ed è l’unico. La procura di Roma – che sceglie di affidare le indagini a due periti e non alla Gdf – non iscriverà mai Renzi e De Benedetti nel registro degli indagati: sono stati entrambi sentiti come persone informate sui fatti. Fin qui, la cronaca dell’inchiesta romana. Sulla vicenda, però, interviene ora la procura di Perugia.
I pm del capoluogo umbro non entreranno, come ovvio, nel merito delle indagini condotte dai colleghi romani: non è uno scontro tra procure. La procura di Perugia intende verificare se i pm capitolini, nell’istruire il fascicolo, abbiano commesso reati oppure no: è l’unica competente a indagare sui colleghi della capitale. E l’esposto presentato da Lannutti ha espressamente chiesto al procuratore De Ficchy di “valutare e/o indagare circa la sussistenza degli estremi per avviare un procedimento per responsabilità penale o civile nei confronti dei magistrati” che hanno indagato sul caso Renzi – De Benedetti. Il motivo: ricevuta dalla Consob l’informativa sulla vicenda, la procura di Roma avrebbe aperto un fascicolo modello 45, ovvero quello per degli “atti per le notizie non costituenti notizia di reato”. Una procedura, denuncia Lannutti, “espressamente vietata dal codice penale e da una circolare del ministero della Giustizia”.
Al Fatto risulta che ieri Lannutti è stato sentito dalla procura di Perugia, proprio in merito al suo esposto, confluito nel fascicolo appena aperto. Un fascicolo che, per il momento, non vede alcun indagato, ma di certo dimostra un fatto: la Procura di Perugia sta indagando su eventuali reati commessi dai pm romani. Una notizia esplosiva. A poche settimane dalle elezioni, peraltro, rischia di produrre un effetto collaterale. Essere strumentalizzata a fini politici: Lannutti, infatti, è oggi candidato alle elezioni per il M5S. I fatti però raccontano altro. Fu proprio Lannutti, nel gennaio 2015, non appena la vicenda Renzi – De Benedetti venne alla luce, a chiedere alla procura di Roma d’indagare. 
Parliamo di ben tre anni fa. Ha proseguito con l’esposto inviato a Perugia.
Al di là delle strumentalizzazioni, piuttosto, siamo dinanzi a una vicenda che ha necessità di essere chiarita il prima possibile. In primo luogo perché l’inchiesta riguarda la più importante procura italiana. Infine perché s’intreccia – inevitabilmente – con un caso unico nella nostra storia: il patron del principale gruppo editoriale italiano scoperto a investire i propri soldi dopo aver ricevuto informazioni, su un imminente decreto, dal presidente del Consiglio in persona. Se esistono altre verità da scoprire, questa volta, toccherà svelarle ai pm di Perugia.