Per ogni passo avanti ne facciamo subito due indietro. Ecco come un Paese civile e fantasioso come il nostro è finito nelle retrovie di tutte le classifiche del benessere, dalla cultura (solo il 5% dei giovani studenti capisce quello che legge!) all’economia, alla legalità. Proprio qui siamo fenomeni. Non contenti dei danni che ha fatto e fa la mafia, continuiamo a lisciare il pelo ai criminali, mitizzandoli al cinema e in televisione o invitando gli originali e dintorni nel talk show, con la scusa di fare informazione ma in realtà pensando solo all’audience.
Così a Roma abbiamo appena registrato la condanna in Cassazione per il capofamiglia dei Fasciani, clan di Ostia riconosciuto come mafioso, e ieri Rete4 ha ospitato in un suo programma Luciano Casamonica, cioè uno dei volti più noti della famiglia implicata in ogni genere di attività illecite, proprietario di una delle ville abusive demolite dopo decenni di indulgenza (o connivenza?) della politica comunale.
L’intervistato, va precisato, non è il capo della cosca riconosciuta pure questa mafiosa, di cui è però omonimo e tutt’altro che disposto a prendere le distanze. Non c’è niente di male – si dirà – nell’ascoltare le ragioni di tutti, anche di chi accampa diritti e persino la pretesa dei danni per le ville abusive abbattute, simbolo di un potere che se ne fotte dello Stato. Ma le cose non stanno affatto così. Chi volesse documentarsi sulle malefatte dei Casamonica può accedere a un’infinità di notizie andando semplicemente su Internet.
Pertanto qui il diritto all’informazione non c’entra niente, e offrire una vetrina a questo come ad altri appartenenti a famiglie malavitose serve solo a legittimarli, in cambio di qualche briciola di share. Per quanto possano essere incalzanti i giornalisti (nel caso del figlio di Totò Riina a Porta a Porta Bruno Vespa non lo fu affatto) queste ospitate rafforzano il senso di impunità e di scalata al successo di chi porta cognomi che bastano da soli a mettere paura, mentre isolano chi combatte quei sistemi mafiosi, siano questi magistrati o forze dell’ordine o amministratori pubblici che non scendono a patti col crimine. E la mafia non uccide solo con le pallottole, ma anche con l’isolamento dei suoi nemici.