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venerdì 11 dicembre 2020

“I super-ricchi alla base delle crisi. Come evitarlo? Misure fiscali”. Parla l’autore del libro che lega guerre commerciali e lotta di classe. - Mauro Del Corno

 

Intervista a Matthew Klein, editorialista del settimanale finanziario Usa Barron's e autore di "Trade Wars are Class Wars". Tra le altre cose spiega come scelte politiche di paesi come Cina, Germania, Stati Uniti che hanno favorito una distribuzione della ricchezza a favore di ceti più abbienti siano alla base degli squilibri commerciali e finanziari globali. E che i correttivi stanno nella redistribuzione delle ricchezze.

L’editorialista del settimanale finanziario Barron’s Matthew Klein e l’economista Michael Pettis sono gli autori di Trade Wars are Class Wars, edito da Yale University Press. Il libro spiega come una distribuzione della ricchezza troppo sbilanciata a favore dei ceti più abbienti sia alla base delle tensioni finanziarie e commerciali tra Stati. Una situazione che in una certa misura dipende da scelte politiche che negli ultimi decenni hanno interessato la Germania come la Cina o gli Stati Uniti, pur nella particolarità e differenza dei rispettivi sistemi. Se non verrà corretta, anche con interventi di natura fiscale, questa condizione presenta e presenterà rischi notevoli e crescenti, di natura sia economica che sociale. Ilfattoquotidiano.it ha intervistato Klein.

Come si intuisce già dal titolo, la tesi di fondo sviluppata nel vostro libro è quella secondo cui le tensioni commerciali internazionali dipendono, in ultima analisi, da una distribuzione disarmonica della ricchezza all’interno dei singoli Paesi. Ma esattamente come funziona questo meccanismo?
Questa è la questione cruciale, e infatti per spiegarla bene abbiamo dovuto scrivere un intero libro (ride, ndr). Ad ogni modo, la “versione breve” è che oggi tutti siamo interconnessi, attraverso il commercio internazionale e il sistema finanziario. Quello che accade e che cambia all’interno di una società, avrà inevitabilmente conseguenze per persone che vivono altrove indipendentemente dal fatto che questi effetti siano intenzionali o meno. Un buon esempio per cogliere bene il concetto è quello che accade con l’inquinamento.

Il secondo aspetto chiave della nostra tesi è che i ricchi, e le imprese che controllano, sono molto differenti da tutti gli altri. La maggior parte delle persone spende più o meno tutto quello che guadagna nel corso della vita. I ricchi no e questo accade in qualsiasi Paese del mondo. Le persone che si trovano al vertice della piramide della ricchezza risparmiano una buona fetta di quel che guadagnano. Guardato da un’altra prospettiva risparmiare significa comprare asset (come fondi, immobili, azioni, etc, ndrinvece che beni o servizi. Il motivo è semplice: per quanto i gusti possano essere raffinati e costosi, c’è un limite alla quantità di beni necessari per la loro soddisfazione (es non ha senso comprarsi 5 yacht o 10 Ferrari, ndr). Quindi cambiamenti significativi nella distribuzione del reddito dalla gente comune ai ricchi, spostano risorse da persone che spendono molto in beni e servizi a persone che acquistano molti asset.

Non dimentichiamo che ogni reddito proviene dalla spesa di qualcun altro. A livello globale questo significa che per chi è già ricco, arricchirsi ulteriormente è molto difficile, se si cerca di farlo unicamente comprimendo il reddito degli altri. La spesa complessiva diminuirebbe e così, in proporzione, calerebbero i ricavi delle imprese. Ciò che consente ai consumatori di continuare a spendere anche quando i redditi sono stagnanti, sono i prestiti. E infatti quello a cui abbiamo assistito a livello globale è che la crescente concentrazione del reddito ha coinciso con un forte aumento dei debiti di famiglie e governi. Se guardiamo a queste dinamiche dal punto di vista del commercio quello che vediamo è che un cambiamento della distribuzione del reddito in un Paese può avere conseguenze negative anche altrove, riducendo gli acquisti dall’estero di beni e servizi e spingendo così le persone che vedono calare i loro ricavi, a contrarre debiti che spesso non sono in grado di sostenere.

Nel libro scrivete che attualmente la zona euro è la principale fonte di squilibri globali. Il caso più emblematico è quello della Germania, dove i governi, sia di destra che di sinistra, hanno fatto scelte politiche a favore delle élite. Cosa dovrebbe fare Berlino per cambiare questa situazione? Pensi che una tassa sul patrimonio potrebbe essere una buona opzione?
Il problema fondamentale, per quanto riguarda la Germania, è che nel complesso i tedeschi hanno vissuto al di sotto delle loro possibilità per un ventennio. I redditi delle famiglie, gli investimenti pubblici in infrastrutture, e anche quelli aziendali, sono stati sacrificati per il benessere del bilancio pubblico. Il governo ha ripagato i suoi debiti, le aziende generano molto flusso di cassa per i loro proprietari, ma nel complesso la società tedesca sta peggio di come potrebbe stare. La notizia positiva è che questa situazione può essere corretta con decisioni piuttosto semplici. Il vincolo del pareggio di bilancio previsto dalla Costituzione tedesca dovrebbe essere sostituito con una regola più sensata, che offra margini per effettuare più investimenti pubblici.

Una volta che avessero una maggiore possibilità di indebitarsi, governo centrale e Lander potrebbero finalmente lavorare sul grande arretrato di interventi in manutenzione e sviluppo delle infrastrutture. Il governo potrebbe, ad esempio, finanziare con più risorse lo sviluppo della rete ferroviaria ad alta velocità, implementare la rete internet e favorire la transizione verso fonti di energia rinnovabili. Soprattutto governo e imprese dovrebbero considerare la possibilità di correggere alcune delle scelte fatte negli anni ’90 e 2000, mi riferisco soprattutto ai tagli al welfare che hanno aumentato l’insicurezza dei lavoratori, oltre che alla diffusione di lavori con orario ridotto. Infine, il governo potrebbe valutare un impegno nella redistribuzione diretta per trasferire il reddito dai ricchi imprenditori tedeschi, che hanno prosperato negli ultimi 20 anni, a favore della stragrande maggioranza della popolazione che viceversa non l’ha fatto. Modifiche al regime dell‘imposta sulle successioni e l’introduzione di un’imposta sul patrimonio, che tenga adeguatamente conto delle valutazioni immobiliari, sarebbero certamente utili a questo scopo.

Come spiegate bene nel vostro libro, e a proposito del fatto che le scelte di un paese producono conseguenze ben al di là dei suoi confini, quello che è accaduto negli ultimi 20 anni in Germania è alla base della crisi dei debiti sovrani che nel 2012 ha colpito Paesi come Italia, Spagna e Portogallo…
Ripeto, oggi viviamo in un mondo in cui tutti sono connessi. Nessun paese è isolato dal sistema globale, neppure paesi pariah come la Corea del Nord. La Germania è un’economia aperta e fortemente integrata con il resto d’Europa. Tutto ciò che accade qui ha quindi profonde conseguenze sui paesi vicini. Quando il governo e il mondo degli affari tedeschi hanno adottato una serie di decisioni che hanno causato una riduzione dei consumi delle famiglie e degli investimenti pubblici e privati nel paese, questo ha avuto ripercussioni anche sulle importazioni tedesche, che sono diminuiti. Nel frattempo però gli esportatori tedeschi hanno continuato a vendere senza problemi nel mondo e nei paesi vicini. I risparmi accumulati dai tedeschi più abbienti venivano infatti prestati all’estero attraverso il sistema bancario della Germania, sostenendo importazioni e consumi locali. A ricevere questi finanziamenti erano, tra gli altro, ItaliaSpagnaPortogalloIrlandaGrecia e Stati baltici. Quindi questi stati esportavano meno di quanto avrebbero potuto anche a causa di una domanda tedesca fiacca ma hanno mantenuto inalterato il loro livello di importazioni, grazie ai finanziamenti a basso costo che arrivavano dalla Germania. Il problema è che purtroppo questo sistema non è sostenibile a lungo.

Qualcosa di simile è accaduto negli Stati Uniti nel 2008. Il Paese ha dovuto assorbire un immenso flusso di denaro proveniente dall’estero, i risparmiatori di tutto il mondo vogliono comprare titoli Usa. Per soddisfarli ha emesso una grandissima quantità di titoli obbligazionari, anche di pessima qualità come quelli costruiti sui famigerati mutui subprime. Gli Usa amministrano il dollaro, la moneta di riferimento a livello globale, ma questo più che un privilegio, ha finito per diventare un peso.
Gli Stati Uniti si trovano in una situazione delicata perché, come hai ricordato, le persone, in tutto il mondo, vogliono possedere attività denominate in dollari. Tuttavia creare e distribuire quelle attività in dimensioni sufficienti per soddisfare questa gigantesca domanda finisce per avere effetti distorsivi sull’economia. E’ il motivo per cui nel libro definiamo lo status di valuta di riserva del dollaro un “fardello esorbitante” piuttosto che un “privilegio esorbitante” (definizione coniata negli anni ’60 dall’allora ministro delle finanze francese Valery Giscard D’Estaigne, ndr). Ci sono una serie di cose che gli Usa potrebbero fare per ridurre la domanda estera di asset su valori sostenibili. Se la Federal Reserve e il Fondo monetario internazionale rendessero più facile prendere in prestito dollari in caso di necessità, i governi stranieri avrebbero meno bisogno di detenere ingenti riserve. Tasse sugli investimenti esteri, e altri controlli sui capitali, potrebbero scoraggiare l’acquisto di beni statunitensi. Allo stesso tempo, il governo federale dovrebbe prendere atto di essere il soggetto più capace di soddisfare questa domanda. Essere quindi disposto ad emettere una quantità di titoli di Stato sufficiente per fare in modo che non debba essere il settore privato a farlo. Infine, vorrei sottolineare che non c’è motivo per cui il dollaro debba essere l’unica valuta di riserva. L’euro è un’alternativa valida e, in teoria, titoli di debito emessi dall’UE potrebbero essere attraente tanto quanto quelli del Tesoro degli Stati Uniti. Sarebbe un bene sia per gli europei, che potrebbero prendere in prestito e spendere più di quanto fanno ora, sia per gli americani.

Anche la Cina mostra forti squilibri nel suo modello di sviluppo, con i redditi della classe media sacrificati a favore degli investimenti decisi dal governo centrale. Voi scrivete che, in un modo o nell’altro, Pechino dovrà presto correggere questo stato di cose. Questo processo comporta dei rischi per la Cina o per gli altri Paesi?
Sì, la natura squilibrata dell’economia cinese pone sicuramente dei rischi, ma è importante capire quali sono questi rischi. Un crollo improvviso è improbabile, perché il governo mantiene uno stretto controllo sul sistema finanziario. Il risultato più probabile è che il tasso di crescita dell’economia tenderà a rallentare ancora più di quanto non abbia già fatto sinora. Il governo cercherà però di evitarlo. Come? Aumentando ulteriormente il suo surplus (differenza tra valore delle esportazioni e delle importazioni, ndr) , un comportamento molto nocivo per il resto del mondo.

Prima o poi il peso dei consumi sul Pil aumenterà. Questo potrebbe verificarsi perché la spesa delle famiglie accelera velocemente oppure, ed è più probabile, perché rallenterà la crescita degli investimenti. In una certa misura questo sta già accadendo. La crescita è rallentata notevolmente dal 2010, in parte grazie alla decisione del governo di frenare l’espansione del credito e di contenere la spesa per investimenti. Ma a questo punto tagliare ulteriormente gli investimenti, senza fare nulla per i lavoratori cinesi e i pensionati, deprimerebbe la spesa totale, e finirebbe per ridurre anche le importazioni con ripercussioni negative anche sulle economia del resto del mondo.

La pandemia come influenza e come sta cambiando la situazione che voi descrivete?
La pandemia ha causato un calo consistente sia della spesa globale per beni e servizi, sia della loro produzione. Ma i cali sono stati diversi da paese a paese, Cina e Stati Uniti in particolare hanno esperienze diametralmente opposte. In Cina, la spesa dei consumatori è diminuita drasticamente e il governo ha fatto poco per proteggere i redditi dei lavoratori. Ha invece aiutato le imprese, con prestiti a basso costo e deprezzamento della valuta. Così ha favorito l’export (una moneta svalutata fa si che i prodotti cinesi costino meno all’estero e quindi vengano venduti più facilmente, ndr) e il surplus commerciale ha raggiunto nuovi record. Viceversa il governo degli Stati Uniti ha fornito un enorme sostegno alle famiglie americane, che hanno speso i soldi in beni, molti dei quali importati. La produzione manifatturiera statunitense è invece rimasta debole, principalmente a causa della debolezza delle esportazioni. Gli squilibri di cui parliamo nel libro si sono ulteriormente esacerbati. L’unico fatto positivo che posso vedere, anche se probabilmente è prematuro dirlo, è che l’Europa ha mostrato un grado di solidarietà maggiore di quanto mi sarei aspettato. Se si dovesse affermare e consolidare la pratica di emettere debito comune per finanziare spese di interesse comune, per i singoli governi sarebbe più facile aiutare i cittadini, pur rispettando i vincoli di bilancio. Inoltre i titoli di debito comune dell’Ue sarebbe anche un’opzione di risparmio per gli europei alternativa ai titoli di stato statunitensi, favorendo così un riequilibrio tra le due sponde dell’Atlantico.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/12/11/i-super-ricchi-alla-base-delle-crisi-come-evitarlo-misure-fiscali-parla-lautore-del-libro-che-lega-guerre-commerciali-e-lotta-di-classe/6009245/

martedì 15 agosto 2017

LE RICCHEZZE DELLA CHIESA CATTOLICA. - Rossana Mela

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Il tema delle ricchezze della Chiesa Cattolica è stato da sempre oggetto di discussioni nel mondo.C'è chi inorridisce di fronte ai tanti dati che negli ultimi 50 anni sono stati dati da giornalisti e scrittori e c'è chi parla di falsità. E' un tema complesso,per cui mi limiterò a dare alcuni dati salienti,spiegando in un secondo momento l'origine di tanto grandi ricchezze.

L'Oro del Vaticano.
La Chiesa Cattolica possiede il secondo tesoro in oro più grande del mondo. La rivista italiana Oggi,nel 1952,stimò questo tesoro in 7.000 milioni di lire (=3.500.000.000 di euro odierni). Un tesoro straordinario,se comparato con i miseri 400 milioni di lire in oro dello Stato italiano e secondo solo a quello degli Stati Uniti. Sono passati quasi 50 anni. A quanto ammonterà il tesoro oggi giorno?Calcolando gli interessi, possiamo stimare l'incremento del valore del tesoro in un 63%, più del doppio quindi. Questo significa che ad oggi il tesoro in oro supererebbe i 7 miliardi di euro.
Il tesoro del Vaticano in metalli preziosi è stato stimato dalla pubblicazione United Nations World Magazine come ammontante a diversi milioni di dollari. Una gran parte di questo tesoro è immagazzinata in lingotti presso la U.S. Federal Reserve Bank, mentre il resto è custodito in banche britanniche ed elvetiche. Questa, comunque, non è che una piccola quota della ricchezza del Vaticano che, nei soli Stati Uniti, è più consistente di quella delle cinque aziende più floride della nazione. Se a questo si aggiungono proprietà immobiliari, azioni e titoli all'estero, la cospicua fortuna della Chiesa cattolica diventa così imponente che risulta impossibile darne una valutazione credibile.(39)

Le azioni del Vaticano
Sembrerebbe incredibile ma la Chiesa possiede anche delle azioni. Le notizie a riguardo sono più facili da trovare e,frequentemente, vari giornali internazionali,come il Der Spiegel o El Pais, ne hanno parlato. Tempo fa avevo parlato degli investimenti della Banca Cattolica Pax. Il giornale Der Spiegel scoprì,nel 2010, che la banca aveva investito in azioni di aziende operanti nel mercato del tabacco, della difesa, di armi e della contraccezione. Due anni prima,nel 2008, vari giornali spagnoli riportarono la notizia degli investimenti azionari degli arcivescovati di Madrid e Burgos nel laboratorio farmacéutico Pfizer. Un'impresa che tra i tanti farmaci fabbrica anche un anticoncezionale. Come dire: quando si tratta di affari non si guarda in faccia a nessuno. Certamente le riserve finanziarie del Vaticano,non si fermano qui. "Sono principalmente concentrate a Wallstrett,la più famosa borsa del mondo. In totale il patrimonio finanziario della Chiesa Cattolica,in azioni e altre partecipazioni, ammontava nel 1958 a 50.000 milioni di marchi tedeschi. '' 4) pág. 153

Una cifra che,nel frattempo. potrebbe aver tranquillamente superato i 100 milioni di euro.
"Il Vaticano possiede enormi investimenti presso gli istituti Rothschild di Gran Bretagna, Francia e Stati Uniti, la Banca Hambros, il Credit Suisse di Londra e Zurigo. Negli Stati Uniti ha ingenti investimenti presso la Morgan Bank, la Chase-Manhattan Bank, la First National Bank di New York, la Bankers Trust Company e presso altri istituti di credito.
Il Vaticano possiede miliardi di quote delle più potenti multinazionali, come Gulf Oil, Shell, General Motors, Bethlehem Steel, General Electric, International Business Machines, T.W.A. etc. Facendo una stima prudenziale, nei soli Stati Uniti tali quote ammontano ad oltre 500 milioni di dollari.
In un documento pubblicato come parte integrante di un prospetto informativo relativo ad investimenti obbligazionari, l'arcidiocesi di Boston ha stimato le sue risorse in seicentotrentacinque milioni di dollari ($ 635,891,004), vale a dire 9.9 volte le sue passività. Questo significa un valore netto di cinquecentosettantuno milioni di dollari ($ 571,704,953). Non è quindi difficile risalire alla stupefacente ricchezza della Chiesa, una volta che aggiungiamo gli introiti delle ventotto arcidiocesi e delle 122 diocesi degli U.S.A., alcune delle quali sono anche più doviziose di quella di Boston.".(39)
La Chiesa di Roma, una volta sommati i suoi patrimoni, è il maggior agente di cambio del mondo. Il Vaticano, indipendentemente dai vari papi di passaggio, si è sempre di più orientato verso gli USA. Il Wall Street Journal ha affermato che le transazioni finanziarie del Vaticano nei soli Stati Uniti sono state così importanti che spesso riguardavano la compravendita di oro per lotti da uno o più milioni di dollari alla volta. (39)
Il tesoro del Vaticano in metalli preziosi è stato stimato dalla pubblicazione United Nations World Magazine come ammontante a diversi milioni di dollari. Una gran parte di questo tesoro è immagazzinata in lingotti presso la U.S. Federal Reserve Bank, mentre il resto è custodito in banche britanniche ed elvetiche. Questa, comunque, non è che una piccola quota della ricchezza del Vaticano che, nei soli Stati Uniti, è più consistente di quella delle cinque aziende più floride della nazione.(39)

Il Vaticano e i suoi consorzi.
"Il Vaticano è il più grande consorzio economico-religioso del mondo. Possiede innumerovoli imprese,negli ambiti più disparati: plastica,elettronica,cemento,acciaio,industria tessile,chimica,alimentare,senza dimenticare il settore immboliare”.. 3)
Gli interessi della Chiesa Cattolica si concentrano anche nell'ambito energetico. L'Italgas,leader nel settore in Italia, appartiene al Vaticano
e ha succursali in 36 città italiane. Senza contare che il Vaticano ha partecipazioni in imprese che fanno parte dei settori più disparati: catrame,ferro,distilleria,acqua potabile,forni a gas,forni industriali,per citarne alcuni.
Dei 180 istituti finanziari italiani almeno un terzo dispone del denaro del Vaticano.(3)pag.244
Il Vaticano è altresì proprietario di molte banche tra le più importanti in italia e possiede partecipazioni bancarie in Europa.Nord e Sud America. Il Vaticano possedeva e possiede un pacchetto azionario di maggioranza in alcune imprese italiane,come ad es. la Fiat e la ex Alitalia. 2) pág. 53
Nella lista di imprese di cui il Vaticano è azionista o proprietario del 1993 l'Alitalia era tra le imprese di cui il Vaticano era azionista,insieme ad altre imprese italiane e straniere importantissime.Olivetti,General Motors,Rotschild Bank,Canal Fox,Shell,per citarne alcune.

Il Vaticano possidente terriero.
La Chiesa Cattolica è il maggior proprietario terriero del mondo occidentale.
Alcuni esempi:
  • Germania: con 8,25 miliardi di m2,il Vaticano è il più grande proprietario terriero tedesco34) pág. 208.
    Pensate che quest'immenso territorio corrisponde alla metà dello stato tedesco di Schleswing-Holstein34) pág. 208 o allo spazio occupato dalle città di Brema.Amburgo,Berlino e Monaco,messe insieme.
  • Italia: più di 500.000 ettari di superficie agraria di proprietà della Chiesa
  • Spagna: circa il 20% di tutta la compagna spagnola
  • Portogallo: circa il 20% di tutta la campagna portoghese
  • Argentina: circa il 20% della campagna argentina
  • Stati Uniti: più di 1.100.000 ettari di superficie agraria.
Nel conto totale praterie e boschi non sono inclusi. 26) pág. 429

Come avrà acquisito la Chiesa Cattolica quest'immensa quantità di terre?

Il Vaticano possidente immobiliare
Il Vaticano è il più grande possessore di immobili mondiale. Pensate che la Chiesa possiede il 20-22% del patrimonio immobiliare italiano. Nel 1977 Palo Ojetti pubblicò sulla rivista l'Europeo(7.1.1977) alcuni dati incredibili sulla città di Roma,arrivando a calcolare che ¼ della città è di proprietà della Chiesa. Pagina su pagina registrò migliaia di palazzi che in parte appartengono alle 325 congregazioni delle monache cattoliche e degli ordini monastici5) Il giornalista si occupò anche sulle proprietà del Vaticano a Verona,scoprendo dalle carte del catasto che circa la metà degli immobili erano segnati di nero. Bene quegli immobili erano di proprietà della Chiesa. Ojetti,infine,sottolineò come questo metodo dovesse essere comune ad altre città. L'articolo non piacque affatto al Vaticano. Esponenti della Santa Sede qualificarono l'articolo come confuso,irresponsabile,scandaloso,anticlericale,impreciso e di basso livello. Ma non finisce qui. Il direttore del quotidiano l'Europeo fu licenziato in tronco.
Abbiamo dovuto aspettare 21 anni per avere un'altra inchiesta sul tema.Il coraggioso giornalista,Max Parisi della Padania,fece un'indagine approfondita sulle proprietà immobiliari del Vaticano a Roma. Nel suo articolo,datato 21 giugno 1998, concluse che 1/3 di tutti gli immobili della capitale è di proprietà della Chiesa Cattolica. 6)
Quest'immobili,dal valore inestimabile,si trovano,in base alla sua inchiesta, nelle zone migliori della città: "Tutta la zona da Campo dei Fiori fino a Palazzo Sant'Angelo,insieme a Piazza Navona e alle strade adiacenti, praticamente,sono di proprietà del Vaticano. Si tratta di qualcosa meno della metà del centro storico. "Solo in questa zona la Chiesa possiede più di 2500 palazzi. La totalità degli immobili non compare nei registri di proprietà del catasto,perchè sono considerate territorio straniero 6)
Ma non finisce qui. Tempo fa è tornato sull'argomento il giornale che, in quest'articolo, parlando delle proprietà del Vaticano a Roma e provincia,diede questi dati:
  • 115.000: sono gli immobili posseduti dal Vaticano a Roma e provincia
  • 1/5 degli immobili di Roma e provincia è del Vaticano
Ma non finisce qui. Tra gli aspetti più interessanti dell'articolo c'è l'elenco delle sigle religiose con il più alto numero di proprietà fra Roma e provincia:
  • la Cei ne ha 16
  • l’Opera romana per la preservazione della fede e la provvista di nuove chiese in Roma 54
  • l’Abbazia di Subiaco 102
  • l’Apsa 306 (comprese le varie sigle)
  • le Ancelle francescane del Buon pastore 55
  • Arcipretura Valmontone 350
  • Arcipretura in Vallepietra 97
  • Beneficio parrocchiale del capitolo di San Pietro-Vaticano 164+201 (oltre a 114 beni amministrati da Hoerner Arturo)
  • capitolo Subiaco 575
  • Canonici Albano Laziale 171
  • Canonici Ariccia 518
  • Capitolo Basilica S. Maria Maggiore 101
  • Caritas 70
  • Vicarie Castel Madama 158
  • Vicariato di Roma 276
  • Suore domenicane Santa Caterina 20
  • Sottocura Sant’Andrea Gallicano 92
  • Società cattolica di assicurazioni Verona 33
  • Suprema congregazione sant’Ufficio 133
  • Santa Sede Città del Vaticano 178
  • Reverenda Fabbrica di San Pietro 139
  • Propaganda Fide e suoi istituti di riferimento (1.139, come pubblicato ieri dal Giornale)
  • Congregazione di S. Vincenzo Pauli 161, Pontificio istituto teutonico 211, Pontifica opera per la preservazione della fede 683
Dati interessantissimi,a cui si aggiunge l'elenco fatto sempre dal Giornale di tutte le proprietò immobiliari della Chiesa a Roma,che ho riportato in quest'articolo. Stiamo parlando di proprietà stimate in 9 miliardi di euro di valore e di proprietà del 100% del Vaticano. 

Delle proprietà del Vaticano in Italia negli ultimi anni si sono occupati giornali e televisioni.Come dimenticare l'inchiesta sulle proprietà della diocesi bolognese fatta da repubblica l'anno scorso. Vi do solo alcuni dati:
  • 1200 immobili di proprietà della Chiesa
  • 3000 proprietà se si considerano le fondazioni. La Lercaro possiede 120 unità fra negozi e magazzini, la Gesù divino operaio arriva a 140. Fra le parrocchie più "ricche" quella dedicata ai santi Savino e Silvestro, in zona Corticella: 65 proprietà.
Numeri incredibili. Per approfondimenti vi rimando agli articoli:
  • Bologna: la classifica delle proprieta' immobiliari della Chiesa
  • Bologna, inchiesta sulle cospicue proprietà della Chiesa
E alla visione della puntata di Exit
  • Il patrimonio immobiliare del Vaticano e della Curia di Bologna
Ma non finisce qua.Il 22 gennaio 2002 sul giornale spagnolo El Mundo vengono pubblicati alcuni dati interessanti sulle proprietà immobiliari della Chiesa in Spagna. "In Spagna la Chiesa Cattolica è una grande potenza immobiliare.Non c'è paese senza chiesa,nè città senza cattedrale,nè monte senza eremita.Si calcola che il patrimonio ecclesiastico comprendo circa 100.000 immobili. O detto in altro modo,l'80% del patrimonio storico-artistico nazionale appartiene alla chiesa. Per esempio,il 70% della città vecchia di Toledo è in mano alla Chiesa. E lo stesso si può dire per Avila,Burgos o Santiago de Compostela.Nessuno sa quale sia la quantità totale del patrimonio ecclesiastico." Quindi anche in Spagna dati incredibili.

Per avere un'idea del patrimonio immobiliare della Chiesa universale, si può prendere come riferimento l'osservazione fatta da un membro della Conferenza cattolica di New York, che ha testualmente affermato: “Probabilmente la nostra chiesa è seconda solo al governo degli Stati Uniti, per quanto riguarda il volume annuo di acquisizioni.” Un'altra dichiarazione di un sacerdote cattolico e ripresa dalla stampa statunitense, è forse ancora più eloquente:”La Chiesa cattolica –ha affermato- dovrebbe essere considerata la maggiore azienda negli Stati Uniti. Abbiamo una filiale in ogni luogo. I nostri capitali ed il patrimonio immobiliare dovrebbero essere più cospicui di quelli di Standard Oil, A.T.& T. e di U.S. Steel messi assieme. Il nostro ruolo di contribuenti dovrebbe essere secondo solo a quello degli uffici delle entrate del governo degli Stati Uniti d'America”.
La Chiesa cattolica è il maggiore potere finanziario e detentore di beni oggi esistente. È il maggior possessore di ricchezze materiali, più di qualsiasi altra singola istituzione, azienda, banca, fiduciaria, governo o stato dell'intero pianeta. Il papa, in qualità di amministratore ufficiale di questo immenso Eldorado, è di conseguenza il più facoltoso individuo del pianeta. Nessuno può realisticamente stimare quanto valga il suo patrimonio in termini di milioni di dollari.(39).