Visualizzazione post con etichetta sangue. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta sangue. Mostra tutti i post

lunedì 18 marzo 2019

Imane Fadil, Greco: “Nel sangue livelli alti di alcuni metalli. Da Humanitas nessuna comunicazione prima della morte”.

Imane Fadil, Greco: “Nel sangue livelli alti di alcuni metalli. Da Humanitas nessuna comunicazione prima della morte”

Parlando delle indagini sulla morte della teste del processo Ruby, il procuratore capo di Milano spiega che antimonio, cadmio e cromo erano presenti in quantitativi molto superiori rispetto alla norma. E precisa: "Il 12 febbraio lei parlò di avvelenamento". La presenza di eventuali sostanze radioattive nel corpo della 34enne è, per ora, solo un’ipotesi senza certezze. E non è escluso neanche che sia morta per cause naturali o per una malattia rara.

La presenza di sostanze radioattive al momento è solo un’ipotesi senza certezze e non si può escludere neanche una malattia rara. Quello che è certo è che nel sangue di Imane Fadil, la teste del processo Ruby morta a 34 anni il 1 marzo all’Humanitas di Rozzano dopo una degenza che durava dal 29 gennaio, sono stati ritrovati livelli alti di almeno tre metalli: cadmio, cromo e antimonio. E lei il 12 febbraio aveva parlato dell’ipotesi di essere stata avvelenata, ma l’ospedale fino alla morte non ha detto nulla alla procura.  Francesco Greco, procuratore capo di Milano, affiancato dai pm Tiziana Siciliano e Luca Gaglio titolari dell’inchiesta sulla morte sospetta della modella, ha precisato alcuni elementi al centro del fascicolo aperto contro ignoti per omicidio volontario. Non si sa “se sia stata lei a esprimere il suo timore o se qualcuno dei medici lo abbia detto a lei”, ma Imane Fadil “il 12 febbraio parlò di avvelenamento e lo comunicò all’esterno”. E Greco, nel giorno in cui il direttore sanitario dell’Humanitas è stato anche sentito in Procura, chiarisce: “Come confermato dall’Humanitas non c’è stata nessuna comunicazione alla procura o alla polizia prima della morte di Imane Fadil. La conferma ufficiale arriva anche dallo stesso direttore sanitario, chi dice il contrario dice una fake news“. Il procuratore ribadisce di essere stato informato del decesso dall’avvocato della giovane marocchina, Paolo Seveso, così nel giorno della morte (1 marzo) “la procura ha anticipato la comunicazione dell’Humanitas“. E solo nel giorno del decesso i magistrati milanesi hanno aperto un’inchiesta per omicidio volontario contro ignoti. Dal sospetto di Imane confessato al legale e al fratello all’inchiesta della procura c’è un ‘vuoto’ di 15 giorni, visto che la struttura ospedaliera “non ha comunicato né alla procura né alla polizia” il ricovero sospetto. Una mancata comunicazione che potrebbe avere degli effetti sulla struttura ospedaliera. E a chi gli chiede se la struttura ospedaliera avesse dovuto comunicare il sospetto avvelenamento, Greco replica con un secco “No comment”. Quanto all’autopsia, attesa dalla procura per pronunciarsi sul caso, “verrà effettuata probabilmente tra giovedì e venerdì“.
Arsenico e metalli: le analisi – Il “12 febbraio” per la prima volta Imane disse di temere di essere stata “avvelenata” e quel giorno, dunque, “venne fatta un’analisi sull’eventuale presenza di arsenico nel corpo perché “in quella fase i sintomi che presentava potevano essere compatibili con questo tipo di sostanza”, ha spiegato il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano. Un esame che il “22 febbraio diede esito negativo” e a quel punto i medici decisero allora di disporre analisi sui metalli”. “Dagli esami sui liquidi biologici effettuati sono stati trovati livelli superiori rispetto alla norma di antimonio e cadmio“, ha detto Greco che ha precisato che prima di pronunciarsi definitivamente sulla vicenda “attendiamo l’esito degli esami autoptici”. E proprio sui livelli dei metalli, che secondo i media in questi giorni non erano a livelli tossici, Greco precisa: “Dagli esami del sangue sono emerse tracce di sostanze particolari. Vorrei smentire la chiacchiera che è uscita sui giornali dice che i metalli nel sangue della ragazza siano piuttosto bassi. Anche questo non è vero perché l’antimonio nel suo sangue, già lavato da diverse trasfusioni, ha dato il risultato di 3 e invece il range della tollerabilità è fino allo 0,2 e 0,22. Anche il cadmio urinario è stato rilevato al livello di 7, mentre la normalità è fino allo 0,3″. “Pesantemente positivo” aggiunge Tiziana Siciliano anche “il cromo, a 2.6″ Altri test, invece, sono stati eseguiti il 26 febbraio e l’esito è arrivato solo il 6 marzo, quando la modella era già deceduta, hanno mostrato una serie di valori anomali sia nel sangue che nelle urine della ragazza, relativi a sostanze altamente tossiche. Da quanto è emerso dalle indagini, Imane Fadil è stata male circa una settimana prima del ricovero all’Humanitas, avvenuto il 29 gennaio scorso.
“Necessarie precauzioni per l’autopsia” – “I valori nel sangue sono meno significativi, perché il sangue è stato lavato due o tre volte perché ha fatto tantissime trasfusioni, mentre le urine sono più attendibili”, ha spiegato il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e il pm Luca Gaglio. “Bisognerà aspettare i valori contenuti negli organi, che emergeranno dopo l’autopsia”, ha aggiunto il procuratore Greco specificando c’è l’esame sulla salma verrà eseguito con una serie di precauzioni particolari a tutela dei medici legali, tra cui la presenza di apparecchiature speciali in uso dei vigili del fuoco. “Non conoscendo le cause della morte, nulla si può escludere” anche vista la presenza di metalli pesanti nel corpo di Imane Fadil, “per cui d’accordo con i medici legali si è pensato di procedere con cautela per non esporre a possibili conseguenze dannose i medici che eseguono l’autopsia”. La presenza di eventuali sostanze radioattive nel corpo della 34enne è dunque, per ora, un’ipotesi senza certezze. “E necessario procedere con particolari attrezzature tecniche, anche con l’intervento specializzato dei vigili del fuoco perché hanno un addestramento specifico e strumentazione adeguata per il rischio di radiazioni. Nei prossimi giorni procederemo all’estrazione di alcuni campioni, poi alla normale autopsia”, ovvero i carotaggi degli organi (fegato e reni), e poi “con la normale autopsia”. I vigili del fuoco, ha continuato Greco, saranno in campo “perché hanno un addestramento specifico e strumentazione adeguata per il rischio di radiazioni”.
“Non si esclude ipotesi di morte naturale o malattia rara”– “C’è l’opzione di un avvelenamento, ma nessuno si sente di escludere una possibile causa naturale della morte. Quello che emerge è che all’Humanitas hanno tentato tutto il possibile, c’è anche l’ipotesi di una malattia rara che non è stata trovata”. Ora invece che a possibili indagati “è più importante capire la causa della morte di Imane Fadil“. Tutti gli accertamenti sul corpo della testimone chiave dei processi Ruby, continua Greco, “hanno per ora dato esito negativo”. Il procuratore invita a evitare “suggestive congetture. Dopo la morte ci sono stati dei controlli in ospedale con il contatore Geiger (che misura le radiazioni di tipo ionizzante, ndr) che ha dato esito negativo, ma forse su questo si è creata una leggenda”, conclude il procuratore facendo riferimento alle ipotesi di stampa che parlavano di un mix di sostanze radioattive trovate analizzando il sangue della vittima.
Quindi, come sospettavamo, l'informazione è manipolata.
Ieri i giornali negavano la presenza di sostanze metalliche, oggi sono stati sbugiardati.
cetta.


domenica 24 febbraio 2019

Mammografia addio, basta un test del sangue per la diagnosi precoce del tumore al seno.

Mammografia addio, basta un test del sangue per la diagnosi precoce del tumore al seno

La procedura richiede solo poche gocce di sangue e si basa sul controllo di alcuni biomarcatori spia della presenza del tumore. Mentre uno studio danese basato sull’analisi metabolica predice il rischio di sviluppare la malattia già 5 anni prima.


Un test del sangue sarà in grado di fornire una diagnosi del tumore al seno. La nuova scoperta destinata a rivoluzionare la medicina e la prevenzione in campo oncologico è opera di un team di ricerca di Heidelberg, di cui ha dato notizia in Germania la Bild. Il nuovo test, ritenuto "sensazionale" sarebbe in grado di fornire indicazioni "con lo stesso grado di probabilità di una mammografia".

Studio tedesco: biopsia liquida.

La procedura richiede solo poche gocce di sangue e si basa sul controllo di alcuni biomarcatori spia della presenza del tumore. Gli scienziati spiegano di aver analizzato il sangue della donne malate di tumore e di aver rilevato la presenza di 15 diversi biomarcatori grazie ai quali è possibile diagnosticare la presenza dei tumori, anche più piccoli. Nello specifico, gli esperti spiegano che l’esame del sangue è basato su un’innovativa procedura di biopsia liquida in grado di identificare la presenza della malattia senza essere invasivo. “Il test del sangue sviluppato dal nostro team di ricerca è un modo nuovo e rivoluzionario per rilevare il cancro al seno in modo non invasivo e rapidamente utilizzando biomarker nel sangue. La procedura dovrebbe essere disponibile già quest'anno, dopo però la pubblicazione dello studio.

In attesa della valutazione.

"Quanto il test sia sicuro nella prassi, si dovrà verificare in studi più ampi", hanno spiegato i ricercatori intervistati dal tabloid. "I nostri risultati si basano sui test a 650 donne, la metà delle quali era ammalata, l'altra no". Su 500 pazienti affetti da cancro al seno il test ha riconosciuto la malattia nel 75% dei casi. I risultati tuttavia non possono essere ancora giudicati. Secondo il centro tedesco di ricerca sul cancro (DKFZ) finora non è uscita alcuna valutazione dello studio su una rivista di settore. Per questa ragione il responsabile del Centro tedesco per la ricerca sul cancro si è astenuto dal commentare il test, dicendo che ogni valutazione sarebbe al momento solo una semplice speculazione.

Studio danese: l'analisi metabolica.

Anche un team di ricercatori della Danimarca tenta la via del test del sangue per predire il rischio di cancro al seno nelle donne. Lo studio danese dal titolo “Forecasting individual breast cancer risk using plasma metabolomics and biocontours“ pubblicato sulla rivista Metabolomics sostiene, in effetti, che la rilevazione può anche essere fatta attraverso un semplice esame del sangue. Addirittura, lo stesso campione di sangue potrebbe anche prevedere la probabilità di sviluppare il cancro al seno in una periodo successivo, compreso tra due e cinque anni.

Meglio della mammografia.

“Il metodo è migliore della mammografia, che invece risulta utile solo quando la malattia è già presente” assicura l’autore dello studio, Rasmus Bro,  Per sviluppare questo metodo, gli scienziati hanno analizzato campioni di sangue di 838 donne individuate tra da un panel di 57.053 uomini e donne arruolati da sani e seguiti per 20 anni, e delle quali 400 di loro hanno sviluppato il cancro al seno tra due e sette anni dopo il prelievo di sangue conservato dai ricercatori. Lo studio mostra una precisione dell’80% nel predire il cancro della mammella attraverso il campione di sangue quando invece la mammografia individua la presenza di un tumore con una precisione del 75%.

Tumore che colpisce anche gli uomini.

Il dr. Lars Ove Dragsted, capo-team di ricerca e professore biomedicina presso il Dipartimento di Nutrizione dell’Università di Copenhagen, per questo studio ha adottato un metodo del tutto nuovo che non è ottenuto attraverso l’individuazione di un profilo di biomarcatori bensì con l’analisi metabolica nel sangue in base a livelli specifici e molteplici metaboliti.
L‘incidenza del tumore al seno in Italia, cioè il numero di donne colpite ogni anno, è molto elevata, la più alta di tutti i tipi di tumore: e del 29% nelle donne, ovvero quasi un tumore maligno su tre. E’ importante sottolineare che anche gli uomini si ammalano di cancro alla mammella: secondo il report “I numeri del cancro”preparato annualmente da AIRTUM (Registro Tumori) con l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), in Italia si prevede che si ammaleranno di tumore della mammella circa 47 mila donne (4 diagnosi l’ora) e 1000 uomini.

venerdì 4 gennaio 2013

Nel sangue dei panda antibiotico 6 volte più potente di quelli attuali.

Panda


Un gruppo di scienziati cinesi è riuscito a trovare una nuova arma per combattere la resistenza agli antibiotici che si trova nel sangue dei panda giganti.

Non sappiamo se  questa possa essere definita una buona o una cattiva notizia per i panda.  Recentemente infatti è stato scoperto che il sangue di panda contiene un composto antibiotico che è molto più potente (6 volte) di qualsiasi farmaco antibiotico che abbiamo in questo momento.
I ricercatori del Dipartimento di scienze della vita dell’Università Agraria di Nanchino, il capoluogo della provincia di Jiangsu in Cina, hanno estratto un composto chiamato catelicidina-AM dal sangue dei panda giganti.
Originari della Cina centrale, i Panda giganti sono veri e propri orsi, appartenenti a pieno titolo alla famiglia degli Ursidi. La specie di orsi ad essi più vicina è quella dell’orso dagli occhiali del Sud America.
Questo tenero mammifero bianco e nero, si nutre quasi esclusivamente di bambù (circa 38 kg di germogli al giorno, pari al 45% del peso corporeo).
La catelicidina è una proteina prodotta da granulociti neutrofili ed epiteli sulla base del segnale mediato dalle citochine infiammatorie che ne stimolano la sintesi e la catelicidina-AM è un peptide antimicrobico codificato dal gene, un antibiotico naturale che è prodotto dalle cellule del sistema immunitario dei panda. I test hanno dimostrato che la catelicidina-AM è in grado di uccidere anche i ceppi di batteri e funghi resistenti ai farmaci, e può farlo quasi senza provocare la stessa resistenza e solo in un’ora rispetto agli antibiotici convenzionali che riescono faticosamente a distruggere i batteri in sei ore.
La catelicidina-AM potrebbe essere trasformata in un farmaco o in un prodotto disinfettante. I ricercatori hanno spiegato che la ricerca sui panda in questo campo è solo all’inizio e che quindi è molto probabile che si possano trovare altri farmaci molto potenti.
La resistenza agli antibiotici che deriva dal trasferimento delle caratteristiche di resistenza genetica tra batteri della stessa specie o di specie diverse, è un fenomeno per cui un batterio risulta resistente all’attività di un farmaco antimicrobico.
Il risultato di uno studio che si è concentrato sull’evoluzione di tre agenti infettivi particolarmente diffusi, lo Stafilococco aureo, l’enterobatterio Escherichia coli, l’enterobatterio Klebsiella pneumoniae  ed è stato pubblicato recentemente dal Centro europeo di prevenzione e controllo delle malattie (Ecdc) dimostra che nel corso degli ultimi anni si è registrato in tutta Europa un aumento della resistenza e della multiresistenza agli antibiotici di questi batteri.

http://gaianews.it/salute/farmaci-salute/nel-sangue-dei-panda-antibiotico-6-volte-piu-potente-di-quelli-attuali-33589.html#.UOdN1eScNTJ