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mercoledì 4 settembre 2013

Cassazione, uno squarcio di verità nel Berlusconi Show. - Domenico Gallo



Il deposito delle motivazioni della sentenza con la quale la Corte di Cassazione ha confermato la condanna di Silvio Berlusconi alla pena di quattro anni di reclusione, oltre al pagamento di una provvisionale di 10 milioni di euro all’Agenzia delle entrate, ha aperto una vera e propria breccia nella narrazione creata dai mass media dell’azienda-partito nella quale i fatti sono puntigliosamente cancellati e la realtà sostituita dalla favola del paese di Bengodi. Dove viene narrata l’epopea di un Cavaliere senza macchia e senza paura che combatte eroicamente per ridare la libertà ad un popolo oppresso dalle tasse e proteggerlo da una giustizia ingiusta che perseguita i galantuomini. 

Questa realtà rovesciata è penetrata nell’immaginario di milioni di persone, ma ogni tanto la narrazione si inceppa. 
I fatti sono duri a morire e gli sceneggiatori del reame di Berlusconi non sempre riescono a cancellarli. Qualche volta i fatti irrompono nella scena pubblica e squarciano il velo delle menzogne con le quali viene costruita una realtà parallela. 

Il compito specifico della giurisdizione è quello di accertare i fatti nella loro cruda realtà e, per questa via, disvelare quei comportamenti illeciti che, altrimenti, resterebbero rigorosamente occultati. Il significato di una condanna è proprio quello di far emergere una condotta, un comportamento antisociale, in tal modo neutralizzandolo. 
Una condanna passata in giudicato è una vera e propria sciagura perché illumina e cristallizza dei fatti che contraddicono radicalmente la narrazione degli sceneggiatori del regime di Arcore.

Anche questa volta il Cavaliere è sceso in campo per cancellare i fatti. A caldo ha dichiarato che la sentenza “è fondata sul nulla”. E poi qualche giorno dopo ha firmato platealmente i referendum radicali ed ha dichiarato: “Non c'è nulla da fare se c'è un pregiudizio politico nei giudici. Sono in questa situazione per colpa di una parte della magistratura, Magistratura Democratica. Ho 41 processi alle spalle nei quali non sono riusciti ad arrivare ad alcuna condanna, così hanno deciso di avvalersi di un'altra strategia, sono diventati i padroni di tutti i collegi che mi hanno giudicato. Le condanne solo esclusivamente politiche, infondate e ingiuste, tese a un disegno preciso, eliminare l'ostacolo Berlusconi". 

Il mantra del pregiudizio politico questa volta ha raggiunto un nuovo stadio. Adesso non sono i pubblici ministeri che lo perseguitano o quei prevenuti dei magistrati milanesi. Adesso la piovra rossa ha ulteriormente allungato i suoi tentacoli: i magistrati comunisti si sono impadroniti di tutti i collegi che hanno avuto la ventura di giudicare il Cavaliere. 
Peccato che la sentenza illumina delle vicende che appartengono alla dura sostanza dei fatti, e non è colpa dei giudici, né di alcun pregiudizio politico se i fatti smentiscono le favole che il regime di Arcore vuol dare da bere agli italiani.

Di questi fatti si dovrebbe parlare, si dovrebbero far conoscere agli italiani, invece delle chiacchiere della politica. 
Con il deposito delle motivazioni sono i fatti a parlare attraverso le sentenza della Cassazione e le sentenze dei giudici del merito che la Cassazione ha confermato, riconoscendone la correttezza.

E i fatti ci parlano di una colossale operazione di uso illegale del potere economico, iniziata intorno al 1985 e proseguita, con modalità varie fino al 2003; ci parlano della creazione di una ragnatela di società off shore, volte a creare una interposizione fittizia attraverso la quale si gonfiavano artificialmente i costi dei diritti di sfruttamento delle opere cinematografiche acquistate dalle Major americane, al fine di creare una provvista enorme di fondi nero all’estero, sottratti ad ogni controllo, con l’effetto anche di realizzare una imponente frode fiscale, che è stata punita solo in minima parte. Ciò perché, sia i reati fiscali più risalenti, sia tutti gli altri reati collegati a questa vicende, come il falso in bilancio e l’appropriazione indebita in danno degli azionisti Fininvest-Mediaset, sono caduti in prescrizione, anche grazie ad una coraggiosa legge, varata dal governo Berlusconi che ha accorciato i tempi della prescrizione per i reati dei colletti bianchi. 
Tutti questi fatti sono stati incontestabilmente accertati attraverso le indagini giudiziarie e sono puntigliosamente descritti nelle 208 pagine della sentenza della Cassazione. 

Come in tutti gli accertamenti giudiziari, i fatti sono basati su prove, non su opinioni. Sono basati sulla documentazione bancaria acquisita all’estero che ha seguito le tracce dei passaggi di denaro fino a quando non veniva trasformato in contanti, su numerose prove testimoniali, su mail dal significato inequivocabile, su lettere e missive scritte dai protagonisti di queste vicende. Tutte prove che sono state analizzate, controllate, passate ai raggi x dai giudici del merito in contraddittorio con l’agguerrita difesa degli imputati. 
Sostenere che la sentenza è basata sul nulla, significa dire che la realtà deve sparire perché turba la narrazione delle favole. 

I fatti definitivamente accertati con la sentenza della Cassazione, devono essere inquadrati in un contesto in cui altre sentenze passate in giudicato hanno accertato (o quasi accertato per via della prescrizione) che i fondi occultamente accumulati da questo gruppo di potere sono stati utilizzati per illeciti finanziamenti a partiti politici (caso All Iberian), per corrompere giudici (Metta e Squillante), testimoni (l’avv. Mills), e ufficiali della Guardia di finanza. 
Insomma le enormi risorse accumulate con “il giro dei diritti cinematografici” sono rientrate e sono state utilizzate a fini di potere per forzare le regole istituzionali ed inquinare la vita pubblica italiana.

Durante la sua seconda campagna elettorale Roosvelt pronunziò una frase memorabile: “il governo del denaro organizzato sarebbe altrettanto pericoloso del governo della delinquenza organizzata”.
A volte questi due fenomeni sono convergenti.


http://temi.repubblica.it/micromega-online/cassazione-uno-squarcio-di-verita-nel-berlusconi-show/

venerdì 19 luglio 2013

Microspia nell’ufficio dove si giudica il Cav. - Augusto Parboni


È stata trovata nella stanza dove si riuniranno i magistrati di Cassazione per la sentenza Mediaset.

Mancano undici giorni. E il mondo politico sta aspettando che arrivi l’ora «X» già da dieci giorni. In primis l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che si è sempre dichiarato fiducioso e tranquillo. Al centro di tanta attesa la sentenza della Corte di Cassazione nei confronti del Cavaliere sul processo Mediaset: il prossimo 30 luglio i giudici entreranno infatti in camera di consiglio.
Da ieri però non ci sono più soltanto le affermazioni di politici pro o contro Berlusconi, ma nella vicenda sono entrati a far parte anche i carabinieri della Capitale. E al centro degli accertamenti dell’Arma, un apparecchio elettronico scoperto negli uffici dei Supremi Giudici che tra pochi giorni si dovranno pronunciare sulla sentenza dell’ex premier.
Erano le 14 di ieri quando un’impiegata ha dato l’allarme alle forze dell’ordine dopo aver scoperto in terra negli uffici della seconda sezione penale della Corte di Cassazione un circuito elettrico prestampato che servirebbe per registrare o intercettare le conversazioni.
Il ritrovamento è avvenuto proprio negli uffici degli «ermellini» che dovranno esaminare il ricorso di Berlusconi relativo ai diritti televisivi Mediaset. Immediatamente i militari hanno informato anche il primo presidente della Cassazione Giorgio Santacroce, nominato dal Consiglio superiore della magistratura lo scorso maggio dopo aver guidato per cinque anni la Corte di appello di Roma.
Gli stessi carabinieri, dopo aver ascoltato l’impiegata, che ha indicato agli investigatori dove ha trovato l’oggetto elettronico (che al momento del ritrovamento era senza batterie) hanno avviato rilievi scientifici negli stessi uffici e portato via l’apparecchio scoperto dalla donna ieri pomeriggio.
Il compito degli inquirenti, adesso, è quello di tentare di capire chi possa aver lasciato in quegli uffici il circuito quadrato di bachelite, proprio nelle stanze dove lavorano i giudici che tra undici giorni dovranno stabilire se confermare o meno la pena inflitta dalla Corte d’appello nei confronti di Silvio Berlusconi, pari a quattro anni di reclusione per frode fiscale e cinque anni di interdizione dai pubblici uffici.
Insieme all’ex premier sono imputati il produttore cinematografico egiziano Frank Agrama e i due ex manager Mediaset, Gabriella Galetto e Daniele Lorenzano. In questo procedimento giudiziario l’Agenzia delle Entrate si è costituita parte civile: l’udienza sarà pubblica e il ricorso è contro il verdetto che è stato emesso dalla Corte di appello di Milano lo scorso 8 maggio.
Al centro delle polemiche politiche riguardo al processo Mediaset, sia la rapidità con la quale i Supremi Giudici hanno fissato l’udienza per il 30 luglio, sia la possibilità di una prescrizione intermedia. Al riguardo, pochi giorni fa, uno degli avvocati di Berlusconi, il professor Franco Coppi, ha dichiarato: «Sono esterrefatto, non si è mai vista una cosa del genere, che determina un aggravio delle possibilità di difesa perché contavamo di avere più tempo per svolgere i nostri approfondimenti e ora dovremo fare in venti giorni quello che contavamo di fare con maggior respiro».
Quanto alla possibilità che al «Palazzaccio» di piazza Cavour il processo sia stato calendarizzato, in tempi stretti, proprio per l’ipotesi di una prescrizione intermedia, ossia riguardante una parte del reato contestato a Berlusconi, che scatterebbe il prossimo settembre, il penalista ha affermato: «In Cassazione di casi di prescrizione intermedia se ne vedono abitualmente e spesso sono gli stessi giudici a rideterminare la pena». E il legale Coppi ha poi concluso: «Ci batteremo comunque per ottenere l’annullamento con rinvio della sentenza di condanna inflitta a Silvio Berlusconi».