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sabato 15 novembre 2014

Che fa l'Europa? Che succede in giro per il continente? - Sergio Di Cori Modigliani




"Es hora del sentido comùn, de recuperar la soberanìa y la democracia. Todos juntos, claro que podemos!". Pablo Iglesias.
(trad.: "E' l'ora del buon senso, di recuperare la sovranità e la democrazia. Tutti insieme, ma certo che possiamo farcela!")

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In Europa, in questo momento, esistono quattro nazioni e mezzo nelle quali non è assolutamente possibile andare a votare.
In comune, questi paesi hanno il fatto di coprire l'intera area del Mediterraneo.,
Sono la Grecia, il Portogallo, la Spagna, la Francia e l'Italia.
L'Italia è il "mezzo paese", non è ancora certo se possa o non possa.

I sondaggi in Grecia (sembra quelli veri, a disposizione del ministero degli interni e che vengono letti ogni mattina sia dalla troika che dalla commissione europea) sono molto chiari ed espliciti in proposito: per la terza settimana di seguito rivelano un trend ormai accertato.
Se si andasse a votare, la lista Tsipras vincerebbe alla grande con un risultato intorno al 25/30% dei consensi. Il secondo partito sarebbe, probabilmente, la lista neo-nazista di Alba Dorata, intorno al 15/18%. Finirebbero terzi e quarti il centro-destra e il centro-sinistra, ovvero le due compagini che hanno amministrato la Grecia, a turno, negli ultimi 15 anni.
Risultato: in Grecia non si può andare a votare.


In Portogallo, in seguito a una miriade di scandali finanziari, la prospettiva è cambiata radicalmente negli ultimi sei mesi. Un mini partito di ecologisti volenterosi (O'Tierra Madre) risulterebbe addirittura il primo partito, con una totale debacle della destra e della sinistra e un fallimento annunciato per Josè Manuel Barroso, l'uomo di ferro dell'Unione Europeo che ha presieduto negli ultimi 5 anni la commissione fino a venti giorni fa: è dato quarto.

In Francia, è cosa nota, Marie Le Pen vincerebbe alla grande con una differenza di 20 punti rispetto a Hollande.


In Spagna, un partito figlio degli indignados de la Puerta (il primo movimento europeo ad aver dato il via, nel 2011, al risveglio dei cittadini) che si chiama "Podemos", fondato il 15 marzo del 2014, vincerebbe le elezioni. Nel maggio scorso, alle europee, ha ottenuto l'8,5% dei suffragi. Ma ai primi di settembre arriva la clamorosa sorpresa. La pattuglia di deputati europei -autonomi, indipendenti, senza nessuna affiliazione perché non sono riusciti ad accorpare il numero richiesto di nazioni- inizia a lavorare "virtualmente", grazie a un eccezionale e altamente professionale ufficio di comunicazione, costituito da personalità ad alta competenza specifica, e "fingono" di partecipare ai lavori della commissione europea. Emettono quotidiani e regolari comunicati stampa e lanciano un programma specifico inventato da un informatico di Valencia per varare le prime piattaforme di democrazia diretta. Propongono delle leggi (il tutto, si intende virtuale) e le fanno votare in rete. Per poter votare basta essere cittadini spagnoli e residenti nel territorio del regno iberico. 
Gli organizzatori si aspettano circa 20.000 votanti. 
Ne arrivano, invece, 275.000. Dopo venti giorni, una seconda votazione su un altro provvedimento raggiunge i 340.000 votanti.

Diventa un "caso di interesse sociologico" di cui si comincia a discutere e parlare in Spagna.
Ma a ottobre arrivano i sondaggi dell'istituto demoscopico reale: per la terza settimana di seguito indicano la lista "Podemos" al 28% nel caso di elezioni, con il partito socialista al secondo posto con il 22% e il centro-destra (attualmente al governo) con un 15/18%.
Il leader di Podemos, Pablo Iglesias (proveniente dal settore della sinistra anarchica di catalana memoria) che ha 37 anni di età, giornalista, scrittore, intellettuale, viene intervistato da tutte le televisioni e il suo indice di gradimento tocca livelli vertiginosi-
El Pais, il più importante e diffuso quotidiano della nazione, pubblica un ampio reportage sull'inedito quadro politico della nazione e chiede una verifica di questo clamoroso dato proponendo di indire nuove elezioni.


Arriva il no perentorio dell'Unione Europea.
Così come per la Grecia.
Così come il Portogallo.
Così come per la Francia.

I popoli europei sono stati sequestrati.


Come sosteneva Pablo Iglesias in una intervista televisiva (42% di share, superiore alla finale dei mondiali di calcio di quattro anni fa quando la Spagna vinse) rispondendo alla domanda capziosa "ma lei si considera un democratico alla guida di un partito democratico?" ha risposto: "Prima di tutto il nostro è un movimento e non un partito, è orizzontale ed è strutturalmente posizionato in termini liquidi; stiamo formando un'adeguata classe dirigente e siamo pragmatici. Il termine "democratico" è obsoleto e retorico. La democrazia in Europa è finita. Non esiste più. Noi viviamo nella post-democrazia. Siamo dentro una realtà radicalizzata dove esistono due fazioni: da una parte una oligarchia sempre più ristretta e sempre più ricca, dall'altra l'intero corpus sociale. Non esiste più lo scontro capitale-lavoro. E' anche ridicola la dizione destra-sinistra. C'è un unico tavolo che va aperto: quello tra l'oligarchia e i rappresentanti dei ceti sociali che producono e lavorano, o che vorrebbero farlo visto che in Spagna la disoccupazione giovanile ha raggiunto il 50%. Il problema consiste nella re-distribuzione delle ricchezze, non nei dati del pil".

E l'Italia?
Ecco il punto: come al solito siamo il 1/2 paese.
Una incognita.

Neppure i più accurati sondaggi sono in grado di prevedere lo stato reale di una potenziale elezione politica.
Perché siamo diventati un "paese virtuale".


E' il risultato della comunicazione politica iniziata da Berlusconi a tambur battente nel 2001, in seguito proseguita e sempre più perfezionata da Monti, da Letta, che raggiunge l'apice con il caro leader: la pratica dell'annuncio, la titolazione che sostituisce il contenuto, la visibilità che sostituisce la sostanza, il nominalismo magico che sostituisce la realtà dei fatti.
E poiché il disagio aumenta e dilaga, i soldi sono sempre meno, i consumi quindi non possono ripartire, aumenta la confusione e l'annebbiamento.


Mentre, nel resto d'Europa, chi sta al potere sente il fiato sul collo dell'opposizione collettiva della nazione e corre ai ripari (se non altro) per tappare un buco immediato e le falle di emergenza applicando dei provvedimenti reali, fattibili, immediatamente operativi, nel nostro paese si va avanti a tweet e post su facebook, con conseguenti forum da bar.


In Francia, ad esempio, la notizia migliore per Hollande -che considero comunque un uomo molto intelligente e capace, un "vecchio politico" che ha scelto quindi la strada del compromesso debole, pensando nel frattempo di rabbonire i tedeschi che, con realismo storico, teme perché li conosce - è stata risultato europeo e i susseguenti sondaggi che lo davano straperdente a favore dell'estrema destra. 
Migliore, secondo me,  perché si è liberato del fardello di "mantenere il consenso" visto che non ce l'ha e ha attuato subito dei dispositivi finanziari che in Francia stanno funzionando, migliorando la situazione nel paese. Hollande ha avuto quindi la possibilità di andare dai suoi poteri forti locali (ciascuno conosce i propri polli ed è sempre con loro che è necessario fare i conti) per dire con chiarezza "o redistribuiamo la ricchezza in maniera intelligente oppure ve la vedete con la Le Pen e posso anche dimettermi" (confermato da Le Point e da Le Monde).

In Spagna, il movimento "podemos" sta obbligando Rajoy a fare i salti mortali pur di sopravvivere e impedire una vera rivoluzione in Spagna, e la stessa cosa sta accadendo in Grecia.

Da noi, invece, non cambia nulla perché il caro leader ha fatto di twetter il suo distintivo preferito. 

Ciascuno ha i propri gusti. ma si tratta di una finzione narrativa. Il nostro premier è vecchio, stantio, obsoleto.
La considero l'ultima (in ordine di tempo) grande truffa : offrire ai cittadini del paese dei balocchi una mummia incartapecorita democristiana che ha le parvenze di un giovanotto high tech.
E l'Europa lo sa benissimo.
Gli avvoltoi dei colossi finanziari ne approfittano.
Anche le grandi potenze.


E' di oggi la notizia che il gruppo nipponico Hitachi sta acquistando la Ansaldo cantieri.
E i giapponesi li sanno fare gli affari, non sono certo una società di beneficenza innamorata del Bel Paese. 

Bloccata la cordata cinese per papparsi le nostre banche decotte piene zeppe di debiti (è il costo delle clientele oligarchiche) pare che il Monte dei Paschi di Siena finirà acquistato da BNP-Paribas. Forse si prenderà anche Banca Carige, Banca delle Marche e altri sei istituti di credito. 
La commissione finanze dei paesi della zona euro sanno che l'Italia è una mina vagante e un pericolo per tutti, e preferiscono che siano i tedeschi o i francesi a gestire il nostro paese invece che i cinesi o i giapponesi o i catarioti. Dopotutto, tra europei, se si vuole, ci si capisce sempre al volo.
Imperdonabile  la nuova linea di Confindustria che per bocca di Squinzi fa comprendere la totale latitanza dell'imprenditoria italiana dalla realtà del mondo post-moderno in cui viviamo. Seguitano a comportarsi come ai tempi della famiglia Agnelli.
Come se la realtà geo-politica fosse la stessa.

Mentre la destra estrema si gioca tutte le sue carte in Italia alimentando in maniera da sciacallo la rabbia per gestirla a modo loro, insieme ai refusi rifondaroli e a qualche mummia che sogna la rivoluzione bolscevica (il tutto mescolato in una salsetta retorica basata su una ricetta demagogica) il paese reale è appiattito dal genocidio culturale e non riesce più a produrre attualità, che vuol dire essere partecipi dell'autentico scenario reale.
L'Italia sta diventando una comparsa di un film scritto da altri. 
La perdita totale delle nostre bussole culturali ci sta condannando -come in una tragica legge del contrappasso- a girovagare in una terra deserta litigando sui miraggi.
Mentre le cifre, le scadenze, i programmi li decidono altrove.
Ci rimangono gli annunci, i titoli, le striscette di facebook.


L'Europa si sta risvegliando.
Ogni nazione lo sta facendo a modo suo, ed è tanto più convincente quanto più segue e rispetta la tradizione culturale autoctona.
Se non si coglie la palla al balzo in questo momento e non si costruisce, tutti insieme, una nuova narrazione colta, perderemo l'ennesimo appuntamento con il destino della storia e non saremo in grado di costruirci la "nostra alternativa italiana".
Finiremo per seguire capipopolo che arringano le folle incitando alla guerra di una parte dei poveri contro una parte di poveri altri. Per far guadagnare i mega ricchi.
E' inevitabile.
Un paese intelligente e istruito (com'era l'Italia un tempo) che rinuncia alla propria tradizione culturale denunciando la propria incapacità a promuovere il merito e la competenza, si condanna da solo alla marginalità.
E non è colpa né della Merkel né di Goldman Sachs, né dei massoni, né degli ebrei, né dei mussulmani, né dei rom.
E' colpa dell'ipocrisia collettiva, da tutti praticata con disinvolto senso di irresponsabilità.
Noi, non podemos proprio fare un bel nulla.

Il successo scientifico della navicella Rosetta, frutto dell'impegno e ingegno italiano è una prova lampante: non appena ce lo consentono, non appena ce lo permettono, non appena c'è uno straccio di investimento, di riconoscimento, il genio italiano lascia sempre la sua firma indelebile.


Ed è questo il patrimonio che va rimpinguato.
Tutto il resto sono chiacchiere inutili. E si ricomincia da lì.
Altrimenti, dovremo seguitare a sorridere dello splendido aforisma di Ennio Flaiano, scritto nel 1962, e promuoverlo a profezia "Essere italiani: che grande e tragica perdita di tempo".

E invece, nel frattempo, in Europa hanno già iniziato a rimboccarsi le maniche.


http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2014/11/che-fa-leuropa-che-succede-in-giro-per.html