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domenica 21 luglio 2013

Spatuzza: “C'era lo Stato nel garage per preparare l'autobomba”.

spatuzza-gaspere-procLa voce di Spatuzza risuona nell'atrio della facoltà di giurisprudenza durante la conferenza “Paolo Borsellino: La mafia mi ucciderà ma saranno altri a volerlo”. Per la prima volta sono state fatte sentire le parole del collaboratore di giustizia di Brancaccio raccolte durante il processo Borsellino Quater quando ha parlato di un uomo a lui sconosciuto, presente nel giorno della preparazione dell'autobomba. “Non lo conoscevo. Ho un'immagine sfocata di quella persona di 50 anni circa. Ho cercato di chiarire chi fosse in questi anni, di chiarire quest'aspetto così delicato, ma non ci sono riuscito. Per me questo è un aspetto fondamentale da chiarire e finché non si è chiarito per me è un problema serio per la mia sicurezza perché ho interesse che sia in carcere più che sia fuori e siccome si presume che questi possa appartenere alle forze dell'ordine. 
Posso escludere però, in base a quelle che erano le mie conoscenze, che fosse organico alle famiglie mafiose”. “A Spatuzza è stata fatta un'intimidazione – ha detto il direttore di ANTIMAFIADuemila Giorgio Bongiovanni – in quanto era stato tolto dal programma di protezione nonostante stesse facendo importanti rivelazioni”. Tra queste anche quelle sull'incontro al bar Doney avuto con Giuseppe Graviano nel mese di gennaio prima dell'arresto del capomafia di Brancaccio e prima del mancato attentato all'Olimpico. “Con Graviano ci vedemmo una settimana prima al bar Doney, a Roma. Lui era felice, mi disse che avevamo il Paese nelle mani grazie ad alcune persone serie che non erano come i 'quattro crasti' dei socialisti che prima avevano preso i voti poi ci avevano fatto la guerra. Poi mi fece il nome di Berlusconi e del nostro compaesano Dell’Utri” raccontò ai giudici durante il processo all'ex senatore del Pdl”.

http://www.antimafiaduemila.com/2013071944161/focus/spatuzza-cera-lo-stato-nel-garage-per-preparare-lautobomba.html

martedì 16 aprile 2013

Strage di Capaci, scoperto il commando. Esplosivo da bombe recuperate in mare. - Giuseppe Pipitone


Strage di Capaci, scoperto il commando. Esplosivo da bombe recuperate in mare


Il pentito Spatuzza ha rivelato i nomi di otto uomini finora sfuggiti all'inchiesta. Tra di loro un pescatore che consegnò gli ordigni della seconda guerra mondiale agli uomini di Brancaccio. Anche da lì nel 1992 fu preso il tritolo per l'attentato di Cosa Nostra contro Falcone.

L’Attentatuni di Capaci ha un prequel, un prologo che arriva dal mare di Porticello, piccolo centro marinaro a pochi chilometri da Palermo. È qui che Cosimo D’Amato, fino a pochi mesi fa conosciuto da tutti soltanto come un pescatore di pesce, s’improvvisò pescatore di bombe, diventando di fatto fornitore di morte per conto di Cosa Nostra.
C’è una fase preparatoria inedita e fino a oggi segreta dietro il maxi botto che il 23 maggio del 1992 squarciò l’asfalto dell’autostrada A29, uccidendo Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, più tre ragazzi della scorta lanciati a centinaia di metri di distanza dalla deflagrazione. A organizzare quella strage non furono soltanto gli uomini di Giovanni Brusca, tutti ormai condannati all’ergastolo. Per fare fuori Falcone, Riina aveva attivato anche gli uomini di Brancaccio, che si adoperano per recuperare altri quantitativi di esplosivo. Lo svincolo di Capaci non era stato imbottito soltanto dal tritolo utilizzato nelle cave e recuperato da Brusca, ma anche da un altro tipo di esplosivo: è quello contenuto nelle bombe sganciate sui fondali del golfo palermitano ai tempi della seconda guerra mondiale. A recuperare quegli ordigni inabissati era stato proprio il pescatore D’Amato, che poi le aveva “girate” agli artificieri di Cosa Nostra.
A svelare l’ultimo tassello sulla strage di Capaci è stato proprio uno dei padrini che in quei mesi del 1992 collabora attivamente alla strage. Il racconto di Gaspare Spatuzza, ex pupillo dei fratelli Graviano e da qualche anno collaboratore di giustizia, ha fornito alla procura di Caltanissetta le chiavi per ordinare l’arresto di Salvo MadoniaGiuseppe BarrancaCristofaro CannellaCosimo Lo NigroGiorgio PizzoVittorio Tutino e Lorenzo Tinnirello: tutti già detenuti per altri reati, adesso sono accusati anche di aver collaborato all’esecuzione della strage di Capaci. L’inchiesta della procura guidata da Sergio Lari coinvolge ovviamente anche D’Amato, il pescatore di bombe, che già nei mesi scorsi era stato arrestato dalla procura di Firenze, dopo che lo stesso Spatuzza aveva rivelato il suo coinvolgimento nelle stragi di Firenze, Roma e Milano del 1993.
La collaborazione tra il pescatore di morte e Cosa Nostra però inizia precedentemente, ovvero circa un mese e mezzo prima della strage di Capaci. È da lì che comincia il racconto di Spatuzza. “Fifetto Cannella mi chiese di procurargli una macchina voluminosa, per recuperare delle cose. Ci recammo pertanto con la macchina di mio fratello nella piazza Sant’Erasmo di Palermo, dove incontrammo Peppe Barranca e Cosimo Lo Nigro. Ci recammo quindi a Porticello, dove trovammo un certo Cosimo, e insieme a lui salimmo su una specie di peschereccio, da dove recuperammo dei cilindri delle dimensioni di 50 centimetri per un metro legati con delle funi ai bordi della barca. Al loro interno vi erano delle bombe”. Sono proprio gli ordigni che negli anni ’40, in piena seconda guerra mondiale, vengono sganciate su Palermo. Spesso però la mira dei piloti di guerra non era precisa e le bombe si inabissavano nel profondo del golfo palermitano. È da lì che, anni dopo, il pescatore D’Amato le recupera con le sue reti e le consegna agli uomini di Cosa Nostra.
“Con quest’ultima indagine riteniamo di aver fatto una ricostruzione completa della fase organizzativa della strage del 23 maggio 1992”, ha detto il procuratore Lari, commentando l’operazione che di fatto completa l’elenco dei carnefici di Falcone. In vent’anni di processi sulla strage di Capaci mai nessuno aveva fatto cenno a questo secondo gruppo di morte, che dopo aver recuperato l’esplosivo dal fondo del mare, lo aveva lavorato per renderlo adatto al nuovo scopo: non più una guerra mondiale, ma l’aggressione a suon di bombe di Cosa Nostra allo Stato.

domenica 7 ottobre 2012

Graviano: "Con Dell'Utri e Berlusconi l'Italia è nelle nostre mani".


graviano
L’attentato allo stadio Olimpico di Roma avrebbe dovuto essere il “colpo di grazia” nei confronti dello Stato al culmine di un periodo di tensione caratterizzato dalle stragi del biennio ’92-’94.
A ripercorrere quei mesi caldi di quasi vent’anni fa è il pentito Gaspare Spatuzza, ascoltato nell’ambito del processo al generale del Ros Mario Mori accusato di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra.
Il collaboratore di giustizia, interrogato dal pm Nino Di Matteo, ha ricordato come l’ex capomafia di Brancaccio, Giuseppe Graviano, abbia fatto riferimento a dei contatti con “persone serie”. A questo punto il pm ha chiesto se tra loro vi fossero anche Berlusconi e Dell’utri, e Spatuzza ha risposto che Graviano “disse di sì”.
Durante la deposizione, poi, il pentito ha ricordato l’incontro avvenuto con Giuseppe Graviano a Roma, al bar Doney. “Aveva un’espressione felice – ha detto -. Mi disse che aveva definito tutto, e ottenuto quello che ci aspettavamo. La serietà di queste persone, aggiunse Graviano, ha permesso di ottenere tutto quello che chiedavamo, che non erano come quei quattro ‘crasti’, i socialisti, che si erano presi i voti senza poi fare nulla. Chiesi se tra queste persone serie c’era Berlusconi, quello di Canale 5. Disse di sì e che c’era un nostro paesano, Dell’Utri. Ci avevamo messo, disse, il Paese nelle mani”.