Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 31 ottobre 2013
Ligresti, la Cancellieri al telefono: “Qualsiasi cosa possa fare conta su di me”.
“Comunque guarda, qualsiasi cosa io possa fare conta su di me, non lo so cosa possa fare però guarda son veramente dispiaciuta”. Così Annamaria Cancellieri, ministro della Giustizia, si è rivolta a Gabriella Fragni, compagna di Salvatore Ligresti, in una telefonata il 17 luglio scorso, a poche ore dall’arresto nei confronti dell’ingegnere e dei suoi tre figli coinvolti nell’inchiesta della Procura di Torino. “Se tu vieni a Roma, proprio qualsiasi cosa adesso serva, non fate complimenti guarda non è giusto, non è giusto”, ha aggiunto la Cancellieri al telefono con Fragni.
Il ministro “sensibilizza” per la scarcerazione
Per chiedere la scarcerazione di Giulia Maria Ligresti, in carcere da luglio nell’inchiesta FonSai, è intervenuto poi lo zio Antonio, con una nuova chiamata al ministro. Non si è fatta attendere la risposta della Cancellieri, che – come lei stessa ha ammesso ai magistrati – ha parlato a due vice capi del dipartimento per l’amministrazione penitenziaria per “sensibilizzarli” sul fatto che Giulia soffriva di anoressia. E il 28 agosto si sono aperte le porte del carcere per fare uscire la figlia dell’ingegnere, undici giorni dopo la telefonata di Antonio Ligresti.
Per chiedere la scarcerazione di Giulia Maria Ligresti, in carcere da luglio nell’inchiesta FonSai, è intervenuto poi lo zio Antonio, con una nuova chiamata al ministro. Non si è fatta attendere la risposta della Cancellieri, che – come lei stessa ha ammesso ai magistrati – ha parlato a due vice capi del dipartimento per l’amministrazione penitenziaria per “sensibilizzarli” sul fatto che Giulia soffriva di anoressia. E il 28 agosto si sono aperte le porte del carcere per fare uscire la figlia dell’ingegnere, undici giorni dopo la telefonata di Antonio Ligresti.
“Si è trattato di un intervento umanitario assolutamente doveroso in considerazione del rischio connesso con la detenzione”, ha spiegato il ministro davanti al procuratore aggiunto, Vittorio Nessi, per giustificarsi. E ha aggiunto: “Essendo io una buona amica della Fragni da parecchi anni ho ritenuto, in concomitanza degli arresti, di farle una telefonata di solidarietà sotto l’aspetto umano”.
Il Movimento 5 Stelle: “Smentisca o si dimetta”
La prima reazione politica è dei senatori di Sel Loredana De Petris e Peppe De Cristofaro, che hanno chiesto al ministro di presentarsi al più presto nell’aula del Senato per fare chiarezza. “L’intervento della Cancellieri a favore della scarcerazione di Giulia Ligresti per anoressia presenta aspetti molto discutibili e inquietanti che devono essere chiariti sul piano politico e non solo su quello giudiziario”, hanno affermato in una nota, ritenendo “grave che l’intervento in questione sia stato richiesto da una telefonata privata e che abbia riguardato una classica detenuta eccellente”.
La prima reazione politica è dei senatori di Sel Loredana De Petris e Peppe De Cristofaro, che hanno chiesto al ministro di presentarsi al più presto nell’aula del Senato per fare chiarezza. “L’intervento della Cancellieri a favore della scarcerazione di Giulia Ligresti per anoressia presenta aspetti molto discutibili e inquietanti che devono essere chiariti sul piano politico e non solo su quello giudiziario”, hanno affermato in una nota, ritenendo “grave che l’intervento in questione sia stato richiesto da una telefonata privata e che abbia riguardato una classica detenuta eccellente”.
E’ intervenuto poi anche il Movimento 5 Stelle. “I membri della commissione Giustizia del M5S chiedono alla Cancellieri di smentire la notizia. Diversamente, nel caso in cui, quindi, abbia effettivamente fatto pressione sul Dap per la scarcerazione di un detenuto eccellente, il ministro deve assumersi le proprie responsabilità e rassegnare immediatamente le dimissioni da Guardasigilli”.
La buonuscita d’oro del figlio Peluso da FonSai
La vicinanza tra il ministro e la famiglia Ligresti, d’altronde, è un fatto noto. Il figlio della Cancellieri, Piergiorgio Peluso, ha incassato nel 2012 una buonuscita di 3,6 milioni di euro dopo un anno di lavoro come direttore generale della compagnia assicurativa Fondiaria Sai. L’attuale direttore finanziario di Telecom, vissuto a lungo in una casa del centro di Milano di proprietà del gruppo Fondiaria, era entrato nella società nel maggio del 2011, dopo essere stato responsabile del Corporate & Investment banking di Unicredit per l’Italia, posizione dalla quale aveva trattato l’esposizione delle società della famiglia siciliana verso l’istituto di Piazza Cordusio.
La vicinanza tra il ministro e la famiglia Ligresti, d’altronde, è un fatto noto. Il figlio della Cancellieri, Piergiorgio Peluso, ha incassato nel 2012 una buonuscita di 3,6 milioni di euro dopo un anno di lavoro come direttore generale della compagnia assicurativa Fondiaria Sai. L’attuale direttore finanziario di Telecom, vissuto a lungo in una casa del centro di Milano di proprietà del gruppo Fondiaria, era entrato nella società nel maggio del 2011, dopo essere stato responsabile del Corporate & Investment banking di Unicredit per l’Italia, posizione dalla quale aveva trattato l’esposizione delle società della famiglia siciliana verso l’istituto di Piazza Cordusio.
E ora i nodi tornano al pettine. La Procura di Torino, secondo la ricostruzione di Repubblica, si è accorta esaminando i tabulati telefonici della famiglia Ligresti che ci sono stati diversi contatti con la Cancellieri, fin dal giorno degli arresti di Giulia. In una di queste telefonate la compagna di Salvatore Ligresti, Gabriella Fragni, ha suggerito al cognato di contattare il ministro come ultimo tentativo, visto che la situazione della figlia Giulia non trovava soluzione. E la stessa Fragni ha confermato la chiamata, rimasta impigliata nella rete delle intercettazioni.
La Cancellieri ha quindi ammesso di avere “sensibilizzato i due vice capi del Dap, Francesco Cascini eLuigi Pagano, perché facessero quanto di loro stretta competenza per la tutela della salute dei carcerati”, chiarendo in un secondo momento che il suo interessamento era stato per un carcerato soltanto, Giulia Maria Ligresti, che pochi giorni dopo è andata agli arresti domiciliari. Il tribunale di Torino aveva accolto all’inizio di settembre il patteggiamento a due anni e otto mesi di reclusione e 20mila euro di multa, un mese dopo che, nonostante il parere favorevole dei pm alla scarcerazione di Giulia alla luce delle sue condizioni di salute, il gip Silvia Salvadori aveva confermato la custodia cautelare per il pericolo di fuga.
Intanto il legale di Giulia Ligresti, l’avvocato Alberto Mittone, ha fatto sapere che “fu la stessa Procura di Torino a interessarsi alle condizioni di salute della donna, tanto che aveva disposto un accertamento medico“, ricordando che anche il procuratore capo Gian Carlo Caselli si preoccupò delle condizioni di salute.
I prefetti a busta paga nella storia dei Ligresti
Non è la prima volta che i riflettori sono puntati sui legami dei Ligresti con il mondo della politica. E non solo. La famiglia siciliana è stata un punto di riferimento negli anni per amici e parenti. Banchieri, avvocati, professionisti vari, perfino prefetti della Repubblica, che dall’ingegnere di Paternò hanno ricevuto case, incarichi professionali e societari con tanto di lauti compensi, a volte milionari. Ne sa qualcosa il catanese Filippo Milone, che ha sempre lavorato nelle società immobiliari dei Ligresti. Il padre di Milone, Antonino, era viceprefetto a Milano una cinquantina di anni fa, quando il futuro padrone di Fondiaria concluse i primi affari immobiliari nella città.
Non è la prima volta che i riflettori sono puntati sui legami dei Ligresti con il mondo della politica. E non solo. La famiglia siciliana è stata un punto di riferimento negli anni per amici e parenti. Banchieri, avvocati, professionisti vari, perfino prefetti della Repubblica, che dall’ingegnere di Paternò hanno ricevuto case, incarichi professionali e societari con tanto di lauti compensi, a volte milionari. Ne sa qualcosa il catanese Filippo Milone, che ha sempre lavorato nelle società immobiliari dei Ligresti. Il padre di Milone, Antonino, era viceprefetto a Milano una cinquantina di anni fa, quando il futuro padrone di Fondiaria concluse i primi affari immobiliari nella città.
Da Milone padre si arriva fino alla Cancellieri, che ha lavorato a lungo alla prefettura della metropoli, collaborando anche con l’allora prefetto Enzo Vicari, che una volta lasciati gli incarichi pubblici, diventò amministratore di alcune società del gruppo Ligresti. Dopo Vicari, morto nel 2004, un altro ex prefetto milanese, Bruno Ferrante, trovò lavoro nella galassia Ligresti. E anche Gian Valerio Lombardi, ex prefetto di Milano e oggi commissario di Aler Milano, ha ottimi rapporti con la famiglia. In particolare suo figlio Stefano, avvocato, è grande amico dei figli di Ligresti. Si arriva così all’anno scorso, con la liquidazione d’oro incassata dal figlio della Cancellieri dopo l’uscita da FonSai.
Ciò che hanno detto oggi su ciò che sta accadendo. - Sergio Di Cori Modigliani
Mini rassegna stampa su dichiarazioni ufficiali nella giornata di oggi:
Fabrizio Saccomanni, Ministro dell'economia: "L'attività economica si é finalmente stabilizzata, avviandosi verso una graduale ripresa e vediamo la luce in fondo al tunnel, a conferma del trend economico nel nostro paese....la contrazione del Pil nel 2013 risulta pari all'1,8% (a fronte del -1,7% stimato nel Def) ma per il 2014 si confermano le prospettive di ripresa dell'attività economica dato che il Pil registrerà una crescità dell'1,1%. La crescita del prodotto interno lordo si porterà su livelli ancora superiori visto che raggiungeremo il 2% nel 2017".
Mario Draghi, Presidente BCE: "La recessione è ufficialmente conclusa nella zona euro, con l'unica eccezione dell'Italia che soffre ancora, e sia quest'anno che il prossimo -a meno che non intervengano subito delle eccezionali e subitanee manovre- l'Italia segnerà, unico paese in Europa, un netto rallentamento e arretramento, in contro tendenza rispetto alla ripresa".
Enrico Letta, Presidente del Consiglio: "Le chiare parole di Saccomanni ispirano fiducia e ci confermano che siamo sulla buona strada. Il governo, grazie al proprio ottimo lavoro, è stato in grado di portare il paese definitivamente fuori dalle sacche della recessione. La ripresa è ormai a portata di mano. I numeri ci confortano e ci danno ragione".
Christine Lagarde, Segretaria Fondo Monetario Internazionale: "Confermiamo con viva preoccupazione lo stato negativo dell'economia in Italia che segnala un ulteriore arretramento e anche per il 2014 -quantomeno per i primi sei mesi- indica una diminuzione del pil, un peggioramento dei conti pubblici, e una situazione di allarmante stagnazione".
Sul Corriere della Sera di oggi il giornalista Fabrizio Massaro ci informa che la Guardia di Finanza ha sequestrato 45 milioni di euro da conti privati illeciti di tutti i dirigenti del Monte dei Paschi di Siena, nessuno dei quali è stato in grado di dimostrare la provenienza di quei fondi. Dice Massaro: "Sarebbe di oltre 45 milioni il tesoro della presunta «banda del 5%» che operava dentro Mps, frutto delle operazioni finanziarie realizzate dall'area finanza guidata da Gianluca Baldassarri. La «banda» avrebbe messo in atto «operazioni di trading realizzate fraudolentemente con il broker Enigma» che avrebbe retrocesso ad alcuni manager e funzionari della banca parte delle commissioni incassate.
Ma, secondo fonti investigative, oltre ad Enigma potrebbero esserci anche altri intermediari coinvolti nella presunta truffa: alla sola Enigma la banca senese ha pagato in totale 6,6 milioni di commissioni, di cui 5,9 milioni nel biennio 2008-2009. Dunque la domanda degli inquirenti è: da dove arrivavano gli altri milioni di euro nei conti degli indagati? Il sospetto è che ci siano altre strutture simili ad Enigma cui Baldassarri e gli altri dirigenti dell'area Finanza si sarebbero appoggiati, come per esempio la svizzera Lutifin (su cui è in corso un'inchiesta a Milano)"
Senatore Renato Schifani: "Con il voto palese al Senato, è suonata a morto la democrazia parlamentare che non esiste più. Hanno cambiato il regolamento per interpretarlo a uso e consumo del PD e colpire con assoluta certezza Silvio Berlusconi, uno statista, un grande leader politico, innocente e perseguitato. Sui libri di Storia verrà raccontata l'intera vicenda. La giornata di oggi non potrà non avere conseguenze. Daremo risposte concrete con il massimo della determinazione".
Beppe Grillo, leader M5s: "La decadenza di Berlusconi sarà decisa con il voto palese come ha richiesto fin dal primo giorno il MoVimento 5 Stelle. La trasparenza è la nostra stella che illumina il buio e oggi si è accesa. L'incessante lavoro del M5S e gli ultimi due giorni di fiato sul collo in Parlamento sono serviti".
Senatore Silvio Berlusconi: "Se Letta volesse, avrebbe, ancora oggi, un'autostrada per risolvere il problema: basterebbe far approvare una norma interpretativa di una riga, in una pagina specifica, che chiarisca la irretroattività e la non applicabilità della Legge Severino. Letta dica sì o no. Il futuro del governo dipende da questo".
Ingegnere Carlo De Benedetti: "Se i capitani coraggiosi sono Colannino e Tronchetti Provera, allora io preferisco le partecipazioni statali. Sono entrambi delle persone dotate di strategie industriali pari a zero assoluto. Colannino ha utilizzato la cassa dell'Olivertti dando inizio alla distruzione di Telecom. Tale distruzione è stata conseguita con grande intensità e incapacità totale da parte di Tronchetti Provera".
Ingegnere Marco Tronchetti Provera: "Se De Benedetti vuole contestare qualcosa sono a disposizione per eventuali sue rettifiche. Mi confronto sui fatti non sugli insulti. La storia delle persone e delle aziende si deve raccontare guardando i fatti in modo oggettivo e rispettandoli. Se anche io raccontassi la storia delle persone attraverso i luoghi comuni e gli slogan potrei dire con tranquillità che l'ingegnere De Benedetti è stato molto discusso per certi bilanci di Olivetti, per lo scandalo legato alla vendita di apparecchiature alle Poste Italiane, che fu allontanato dalla Fiat, coinvolto nella bancarotta del Banco Ambrosiano, che finì dentro la vicenda di Tangentopoli. Invece non lo faccio, perchè sarebbe sbagliato. Questo paese ha bisogno di altro".
La Procura generale di Taranto chiude l'inchiesta sull'Ilva e manda a giudizio 53 personalità politiche e imprenditoriali, tra cui il Presidente della Regione Puglia.
Dice Nichi Vendola: "In questo momento di grave turbamento ci tengo a precisare che nessuna ombra grava, e a nessun titolo, sull'amministrazione regionale in relazione alla questione dell'Ilva. Sono sereno".
Il senatore del PDL, Maurizio Gasparri, alla trasmissione su La7 "L'aria che tira" confessa, con candore, che è stata violata la Costituzione, che il PDL e il PD insieme hanno fatto un golpe e hanno "eletto" come capo del governo Giorgio Napolitano. Una vera chicca d'annata per ogni democratico.
Da non perdere: http://www.youtube.com/watch?v=GTPOtYcSImU&feature=share
Per farvi rinfrancare lo spirito e riderci su, vi propongo un video pubblicitario (in Usa è diventato un must to see) che reclamizza un'azienda californiana che produce cioccolatini.
http://vitaminl.tv/video/179?ref=rcm Si chiama: "why men should always carry chocolate" (perchè gli uomini dovrebbero sempre portarsi appresso dei cioccolatini).
Giustizia, responsabilità civile dei magistrati: cosa ci chiede davvero l'Europa. - Claudio Forleo
Da anni ormai sentiamo i politici italiani, soprattutto i più vicini a Berlusconi, sostenere la necessità di mettere mano alla responsabilità civile dei magistrati, perchè "ce lo chiede l'Europa". Ieri anche Matteo Renzi è tornato sull'argomento, come già fatto alla Leopolda, chiedendo una riforma che rispetti gli "standard europei".
Ai politici conviene giocare su un equivoco, che in molti (per questioni elettorali) non chiariscono: cosa ci chiede davvero l'Europa?
Una legge che regola la responsabilità civile dei magistrati esiste da 25 anni. E' la cosiddetta legge Vassalli, la 117 del 1988, emanata sulla scia del referendum del 1987. Cosa prevede: chi è vittima di provvedimenti giudiziari contraddistinti da "grave violazione di legge, affermazione di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento, negazione di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento, emissione di un provvedimento concernente la libertà della persona fuori dei casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione" ha diritto ad un risarcimento.
Da chi? Dallo Stato, il quale può rivalersi sul magistrato nel caso in cui si sia macchiato di "dolo" (detto barbaramente: l'ha fatto apposta) o"colpa grave" (negligenza). Ha diritto al risarcimento "chi ha subìto un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato con dolo o colpa grave nell'esercizio delle sue funzioni ovvero per diniego di giustizia". Per diniego di giustizia si intende chi è vittima di "omissioni o ritardi ingiustificati nelle sentenze o in altri provvedimenti". "La misura della rivalsa - prosegue ancora la legge - non può superare una somma pari al terzo di una annualità dello stipendio, al netto delle trattenute fiscali, percepito dal magistrato al tempo in cui l'azione di risarcimento è proposta".
Altro punto che è meglio chiarire: se ad esempio l'imputato viene condannato in primo grado, ma assolto in Appello, in assenza di dolo o colpa grave è molto difficile parlare di errore giudiziario. E' fisiologico che nel sistema italiano, contraddistinto da tanti (troppi?) gradi di giudizio, le prove possano essere valutate diversamente. Ed è improprio, come ha fatto Renzi alla Leopolda, partire dal caso Scaglia (assolto nella vicenda Telecom Sparkle - Fastweb) per agitare l'ennesima richiesta di riformare la giustizia e infilarci poi la questione 'responsabilità dei magistrati'. A meno che non dimostri che i pm che lo hanno indagato, chiesto il rinvio a giudizio e la custodia cautelare, così come i vari giudici che hanno avallato quelle richieste, abbiano violato le leggi in vigore.
Renzi non è nuovo a questo genere di scivoloni in materia di giustizia. Nel 2012, a proposito del caso Mills, fece passare l'ennesima prescrizione perBerlusconi come una vittoria dell'ex Cavaliere. Sempre su B, dopo il rinvio a giudizio per la compravendita di senatori, ci ha informati che lui sapeva già tutto, perchè dall'ex premier potevamo aspettarci un comportamento del genere. Pm e giudice in una sola persona, prima ancora che il processo venga celebrato, alla faccia del presunto garantismo sbandierato su Scaglia.
Ma torniamo alla responsabilità civile dei magistrati. La Corte di Giustizia Europea ha emesso due sentenze (2006 e 2011), in cui viene affrontato l'argomento della 'responsabilità degli Stati membri dell'Unione Europea', chiamati a risarcire i danni "causati ai cittadini da manifeste violazioni del diritto comunitario da parte di un giudice". In sostanza l'Europa ci chiede di modificare la legge Vassalli, perchè 'limiterebbe' la platea di chi ha diritto a chiedere un risarcimento, non essendo oggi applicabile alle violazioni del diritto comunitario. Ma fa riferimento alla sola 'responsabilità diretta dello Stato", non dei singoli magistrati che fanno parte dell'Ordine giudiziario, un potere dello Stato.
Anche l'ultima lavata di capo (settembre 2013) arrivata dalla Commissione Europea, ci intima di modificare l'articolo in questione, altrimenti andremo incontro a sanzioni. Tanto le sentenze della Corte che l'ultimo 'avviso' della Commissione sono stati utilizzati dal Pdl come clava per attaccare sul fronte giustizia, utilizzando però argomenti che poco o nulla hanno a che fare con il merito della questione. In primo luogo, come abbiamo visto, non è vero che in base alla legge "i magistrati che sbagliano, non pagano". E se commettono reati, vengono indagati e processati (non godono di 'scudi' o immunità) Se incappano in infrazioni disciplinari, il Csm (organo di autogoverno della Magistratura) è chiamato a giudicarli.
L'equivoco cui facevamo riferimento è che l'Europa non chiede l'introduzione nel nostro ordinamento della responsabilità diretta dei magistrati. Argomento su cui invece, secondo l'Huffington Post, anche i 'renziani' starebbero discutendo.
Nel corso degli ultimi anni, i tentativi di far approvare emendamenti che introducevano una "responsabilità diretta di fatto" sono stati numerosi. Ma è stato proprio il Consiglio d'Europa a sostenere, nella raccomandazione del Comitato dei Ministri agli Stati membri sui giudici n.12 del 2010, adottata il 17 novembre 2010, che "i giudici non devono essere personalmente responsabili se una decisione è riformata in tutto o in parte a seguito di impugnazione".
La legge sulla responsabilità civile dei magistrati può e deve essere migliorata (seguendo le indicazioni dell'Europa). Ha ragione Renzi quando dice di pensare "ad una cosa seria che rappresenti la garanzia migliore per il magistrato serio", ma il rischio è che, visti i precedenti, una riforma venga utilizzata dalla politica, da questa politica, per intimidire la magistratura.
Introdurre un sistema di responsabilità diretta, offrendo all'imputato che è stato condannato la possibilità di denunciare direttamente il magistrato, creerebbe un evidente cortocircuito. Quanti potenti di turno utilizzerebbero questa arma impropria? Quanti magistrati, dopo aver visto qualche collega sepolto da denunce il più delle volte basate sul nulla, chiuderanno poi un occhio o tutti e due per evitare lo stesso trattamento? Sarebbe il caos, anzi la paralisi di una macchina già lenta. Ma forse è proprio questo quello che vogliono.
mercoledì 30 ottobre 2013
Missioni all’estero nei paesi poveri. La Procura di Roma indaga e scopre uno scandalo milionario.
Lavorare in Cina per 44 giorni e tornare in Italia con 70 o 80 mila euro sul proprio conto corrente. E’ possibile grazie alle risorse pagate dal Governo in favore dei poveri. Qualche mese fa in parlamento ci si stracciava la vesti per il taglio ai fondi della cooperazione allo sviluppo. Per poi approvarli con la benda sugli occhi. -
Ed è così che dalla Farnesina partivano esperti in missione all’estero. E i costi? Molto alti. Partono, come riporta il Fatto Quotidiano, dai cinquecento euro per finire ai mille euro al giorno. Lo Stato a questo settore destina poche risorse.
Negli ultimi anni infatti sono stati tagliati i contributi diretti dell’80%, e sono stati chiusi anche molti uffici anche con finanziamenti già erogati. Le Regioni aspettano da anni di vedersi restituire milioni di euro anticipati come crediti d’aiuto. Le Ong a corto di fondi richiamano i volontari. Gli uffici tecnici per la cooperazione all’estero chiudono.
A Roma però accade che vanno e vengono come il nulla stormi di consulenti pagati a peso d’oro. Il quadro missioni della Direzione Generale parla chiaro: esiste un professore di economia da inviare per quattro mesi in Ghana dove il 28% della popolazione vive sotto la soglia di povertà di 1,25 dollari. A lui però verranno dati 70 mila euro per svolgere non meglio precisare attività di supporto privato.
Scorrendo meglio troviamo che un capo progetto che lavora in Senegal, Paese dal reddito pro capite di due dollari al giorno, ottiene per un anno di lavoro 180 mila euro. In pratica il denaro per acquistare un appartamento nuovo di zecca. Un forestale che va a lavorare in Mozambico invece prende 11- 12 mila euro al mese.
Il problema principale è che esperti non si diventa ma si viene nominati. Ad attribuire gli incarichi ci sono gli Uffici della Dgcs, la direzione che coordina, gestisce e realizza tutte le attività internazionali dello Stato italiano dirette al sostegno dei paesi in via di sviluppo: ospedali, scuole, strade, interventi umanitari d’emergenza tutti finanziati con fondi italiani.
Come si diventa allora esperti? La figura nasce con la legge n. 49/1987, quella che a parole tutti i governi vorrebbero riformare (compreso quello attuale) e poi mollano il colpo. Esordisce come “legge speciale”, tale cioè da derogare le applicazioni giuridico-finanziarie imposte dalla contabilità generale dello Stato, le norme su assegnazione di incarichi, trasparenza e la tracciabilità dei flussi finanziari. Da qui sembra discendere anche la discrezionalità di selezionare chi inviare in missione come “personale di supporto e assistenza tecnica”.
Ce ne sono di due tipi: quelli assunti presso le Unità tecniche centrali e quelli esterni. I primi sono stati inizialmente inseriti a termine con contratti individuali di diritto privato e retribuzioni lorde fino ai 73mila euro che possono arrotondare con le missioni all’estero. La loro carriera da professionisti privati è finita nel marzo 2012 atterrando sul velluto della previdenza pubblica: i contratti sono stati trasformati a tempo indeterminato, nonostante l’età media di 63 anni. Fino al 2011 gli esperti Utc non erano pensionabili e non era raro incontrare ultraottantenni che ancora operavano negli uffici della Farnesina.Però qualcuno è riuscito a farne un vero e proprio mestiere anno dopo anno. Utilizzando il sistema delle missioni brevi o lunghe ha girato il mondo e messo via una bella somma di denaro.
Conoscere i nomi non è affatto facile. Infatti nell’area trasparenza del sito della Dgcs c’è una sezione incarichi ma è ferma a due anni. Non riporta curriculum e motivo dell’incarico. Arginare la discrezionalità delle assegnazioni e aprire il più possibile la partecipazione alle selezioni tre anni fa è diventato un obiettivo fondamentale. Sono stati messi alcuni paletti ed è stata valorizzata l’esperienza sul campo.
Perché nel frattempo, attraverso un’indagine della Procura di Roma, si è scoperto che non tutti gli esperti sono onesti. Ventinove di loro dichiaravano residenze fittizie in Italia per intascare indennità da 150-390 euro al giorno cui non avevano diritto perché regolarmente residenti nei paesi di destinazione.
Si andava da compensi tra i 10mila e gli oltre 300mila euro, frutto di varie missioni cumulate.
Una storia di cui ormai gli italiani non si meravigliano più. Anche perché nel 2012 siamo riusciti a spendere 1,3 miliardi affidando 300mila incarichi. Ma ancora non si era arrivati a perlustrare il fondo della Repubblica delle consulenze: far soccorre chi campa con un dollaro da consulenti privati che paga anche mille volte di più. Col paradosso che un giorno di missione in meno riempie la pancia a migliaia di disperati.
martedì 29 ottobre 2013
Incastrati tra Re Midia e Sant'Oro, gli italiani vagano nella nebbia mediatica. Intanto c'è chi sta rivoluzionando l'informazione e il giornalismo investigativo. E' un iraniano. - Sergio Di Cori Modigliani
E' probabile che tra qualche anno, quando questo periodo delirante sarà passato, gli storici, i sociologi, gli antropologi, studieranno, analizzeranno, disosseranno ogni singolo aspetto della nostra vita quotidiana per ricavarne una logica consequenziale e comprenderne la tessitura. Il momento che stiamo vivendo, infatti, è davvero di interesse estremo, unico nel suo genere. A noi -che ci siamo immersi dentro- non è possibile osservare ciò che accade con la spaesata avidità del ricercatore distaccato. Chi ha un minimo di sensibilità, di decoro civico e un quantum di strumentazione adeguata, vive questa fase -giustamente- come una vera e propria tragedia.
Quantomeno, me lo auguro.
Non so proprio se, in un prossimo futuro (che mi auguro molto prossimo) l'Italia avrà attraversato la più furibonda trasformazione strutturale della propria Storia, una vera e propria rivoluzione e quindi sarà più matura, oppure, invece, sarà precipitata, uscendo dal nòvero delle nazioni evolute e civili, diventando niente di più che una grandiosa meta del turismo di massa.
Una cosa è certa: per definizione, una situazione estrema presuppone un esito estremo.
Nel 1935, ben tredici anni dopo la sua comparsa sulla scena politica italiana, il fascismo entrò in una fase successiva, mostrando tutta la sua fisionomia autoritaria, cambiando passo e spingendo la morigerata e conservatrice Italia verso una nazione estremizzata. I più lucidi interpreti della realtà, in quel momento, si resero conto che si era andati a finire in quella zona di non ritorno che avrebbe portato, inevitabilmente (dato lo scenario dell'epoca) a una guerra. Come, infatti, si verificò.
Oggi, a mio avviso, ci troviamo in una situazione molto simile, nel senso che è un momento di trasformazione.
La prima fase si è conclusa.
Nel 2010, infatti, l'Italia era molto ma molto diversa: distratta, narcotizzata, cinica, indifferente.
Poi, nella primavera del 2011, ci furono i quattro referendum, che coincisero con la crisi finanziaria dell'euro e gli italiani a poco a poco cominciarono a informarsi, a divulgare, a scambiarsi notizie, umori, idee. All'improvviso sembrò che avessero voglia di sapere come stavano le cose. E lì cominciò la denuncia della corruttela, degli sprechi, degli abusi, dei furti, dei ladrocini, delle espoliazioni, delle appropriazioni indebite, degli inconcepibili (e insospettabili) privilegi di una piccola oligarchia ai danni della stragrande maggioranza della popolazione.
Nessun paese d'Europa sarebbe stato in grado di reggere l'urto e di alchemizzare la valanga che si era abbattuta -in termini di informazione e di comunicazione- sul potere esecutivo, sul management che gestiva la politica, sull'intera classe dirigente, istituzionale, imprenditoriale, sindacale, amministrativa, aziendale, partitica, religiosa. Nessuno escluso. Tutti sono stati coinvolti, stravolti, chiamati in causa. Perfino la Chiesa Cattolica di Roma, la più antica istituzione politica del continente europeo, ha traballato sotto i colpi. E ha reagito come sappiamo.
Quella fase si è conclusa.
Oggi, denunciare è inutile. Non ha più alcun Senso.
Appunto.
La seconda fase -quella dentro la quale ci troviamo- ha avuto inizio con le elezioni del 23 febbraio 2013. I risultati elettorali parlavano con estrema chiarezza. Berlusconi era stato battuto e sfiduciato dagli italiani che avevano scelto di credere in lui: 6 milioni di voti in meno, -48,5% del suo elettorato. Bersani e l'intero management del PD era stato battuto avendo perso 3,5 milioni di elettori e circa il 30% del suo elettorato. Il popolo protestatario del nord aveva eliminato la Lega che dall'8,5% passava al 3,8% perdendo il 53% dei voti. Vendola che era accreditato di un 8% ne otteneva 3,9%. Fini era fuori dal parlamento, Casini anche, rientrato dalla finestra. L'esito elettorale era chiaro: il paese non li voleva più.
Poi, è andata come tutti sanno ed è inutile fare un ovvio resoconto.
Si è aperta, dunque, una seconda fase.
La classe dirigente al potere ha "sentito" l'esito elettorale. Ha capito che cosa il paese stava dicendo loro e ha scelto e deciso di ignorare quella voce e di dare un forte impulso alla regressione del paese. Ritornare indietro.
Il primo atto è stato l'elezione di Napolitano.
Non potendo nè sapendo come far fronte a questa situazione, hanno accelerato il meccanismo di dissoluzione della realtà per tentare l'unica strada per loro percorribile: sottrarre definitivamente -e per sempre- al paese, alla cittadinanza, a tutte le persone il Valore del Senso, svuotando di contenuti i significati, lanciando in maniera massiva e massiccia un programma berlusconiano di comunicazione basato sul concetto base di marketing pubblicitario: il nominalismo mescolato alla falsificazione dell'oggettività.
E così Enrico Letta lancia il "governo del fare", figlio ingrato del "decreto salva-Italia" montiano. Il suo governo non ha fatto nulla ma nel frattempo si introduce nelle menti l'idea che "fa".
Contemporaneamente, PDL e PD danno inizio a una proliferazione di dati casuali, notizie prive di fondamento, cifre non suffragate da documentazione, alterazione totale della realtà al punto tale da sostenere eventi mai verificatisi. Basta citarne uno: 20 maggio 2013 quando il premier torna da Bruxelles e la stampa (all'unisono) sottolinea "La grande vittoria di Letta in Europa". Quale? Da quel momento in poi scatta una campagna mediatica sottile, continua, quotidiana, sciorinando grafici, numeri, calcoli, leggi, leggine, senza nessun riferimento a eventi reali, immediati, effettivi. Le falsità e le bugie si assommano creando un quadro davvero sconcertante, perchè spinge -inesorabilmente- chi si occupa di attualità (e deve riferire le notizie) a essere noioso e ripetitivo per spiegare che "non è vero niente".
E poco a poco, rispuntano Veltroni, Casini, Fini, che ritornano a essere intervistati e ascoltati.
Qui di seguito propongo alla vostra attenzione (so che andate matti per i link) un video che consiglio di guardare e studiare con la dovuta attenzione. Personalmente, se dice il vero, lo considero un documento molto interessante che segnala la trasformazione robotica dei giovani italiani e afferma in Italia la genesi degli "schiavi totali digitali al servizio dei partiti".
Ecco il link:
http://www.youtube.com/ watch?v=FbXpBPK8IHQ
Questo video (dura 4 minuti) non è una novità, non è neppure uno scoop, questo è il bello.
Racconta come vengono gestiti i troll della rete (a loro insaputa). Mostra decine di giovani che raccontano come al mattino si rechino a Via del Nazareno, nella sede centrale della direzione del PD, al secondo piano, e tutto il giorno -come in un macabro call center del sud est asiatico- se ne stiano seduti a un tavolo davanti a un computer per diffondere in rete il programma del PD. Lo stesso identico programma che non è stato mai nè diffuso nè spiegato nè proposto a nessun italiano.
Personalmente la trovo una documentazione antropologicamente interessante.
A conferma della inutilità di seguitare a denunciare, in rete, le malversazioni di questa classe dirigente. Qualunque cosa ormai si dica, è pronto un meccanismo ad orologeria il cui fine consiste nel diffondere bugie e falsità per vanificare ogni tentativo di far ragionare le persone.
Il PDL e il PD -hanno lo stesso identico comportamento e applicano lo stesso identico format- assumono decine e decine di poveri giovani disperati, alcuni pagati una miseria, altri ancora neppure pagati perchè sono in lista nella sezione "clientele garantite" sotto la dizione bravi compagni (per il PD) e combattenti per la libertà (per il PDL).
Oggi, ad esempio, una valanga di messaggi in rete sono stati diffusi con pignola diligenza originati da un lancio di agenzia proveniente dall'Istat "la recessione è finita, nell'ultimo trimestre il pil dell'Italia sarà di nuovo in positivo". E' esattamente l'opposto di ciò che sostiene il Fondo Monetario Internazionale, la BCE, l'OCSE, la Banca Mondiale, la Commissione Europea.
Ciò che conta è l'affermazione del "nominalismo", ovvero l'applicazione in rete del principio marketing che sostituisce il nominalismo all'evento reale, la sostituzione dell'apparenza alla sostanza, la visibilità al contenuto. Sta al concetto di notizia come le serate di Arcore stanno alla vorticosa passione erotica sentimentale.
Ciò che conta è l'affermazione del "nominalismo", ovvero l'applicazione in rete del principio marketing che sostituisce il nominalismo all'evento reale, la sostituzione dell'apparenza alla sostanza, la visibilità al contenuto. Sta al concetto di notizia come le serate di Arcore stanno alla vorticosa passione erotica sentimentale.
Denunciare, oramai, diventa quindi, a mio avviso, inutile.
Così come non ha più Senso firmare petizioni online, che servono soltanto a far pensare alla gente di essersi trasformati: si pigia un tasto e ci si sente contenti di aver cambiato la Storia del mondo.
E' necessario cambiare, quindi, modello di comunicazione e di attività.
Lo dico anche a me stesso.
Lo dico anche a me stesso.
Passare, pertanto, dalla denuncia del malaffare -di solito accompagnata dalla indignata protesta tanto per vedere quanti mi piace si ottengono- alla fase in cui si comincia a discutere, elaborare, argomentare, proporre le piattaforme del mondo come uno vorrebbe che fosse, sottraendosi alle discussioni provocate dai talk show, mettendosi in gioco con la propria immaginazione, la propria fantasia, la propria libido. Certo non è una buona notizia per i complottisti, per gli amanti di vi dico io quello che nessuno vi dice, per la serieso io cose che nessuno sa, ecc.
Dobbiamo ricostruire in forme nuove l'humus necessario per generare un nuovo sistema di proliferazione dell'immaginario collettivo che si situi al di fuori del quadro virtuale dell'esistenza pilotata dalla dirigenza politica italiana. Pena la evaporazione delle nostre menti.
Dobbiamo ricostruire in forme nuove l'humus necessario per generare un nuovo sistema di proliferazione dell'immaginario collettivo che si situi al di fuori del quadro virtuale dell'esistenza pilotata dalla dirigenza politica italiana. Pena la evaporazione delle nostre menti.
Anche nelle altre nazioni civili d'occidente il potere costituito vive la vita robotica che trasforma la cittadinanza da attività Sensata in gioco virtuale controllato dai partiti.
Ma nelle nazioni evolute esiste il capitalismo, esistono imprenditori, esistono soggetti che elaborano anche iniziative forti di contrasto e puntano sulle novità basandosi sull'idea che "il mercato va creato" e "nuove forme di comunicazione si realizzano quando uno le realizza", tautologia che in Italia, invece, dovrebbe essere la base per ingegnarsi verso nuove e più evolute modalità di condivisione della "comunicazione dotata di Senso".
E' un lusso che noi, nel medioevo italiano, non possiamo permetterci.
Qui sono pochi gli imprenditori coraggiosi e innovativi.
E' un lusso che noi, nel medioevo italiano, non possiamo permetterci.
Qui sono pochi gli imprenditori coraggiosi e innovativi.
Ecco che cosa sta per nascere in quel di Usa/Gran Bretagna/Olanda/Danimarca.
Sul nome della testata, per il momento, vige un forte riserbo.
Ma sembra che si affermerà come titolo il termine "exposè" che in inglese significa "notizie frutto della attività di giornalismo investigativo e di ricerca il cui fine consiste nell'esporre al pubblico la realtà nascosta degli avvenimenti che il potere occulta, cela, e vuole mantenere clandestino".
E' nato tutto in seguito alla vicenda di Snowden.
Ecco la storia che non credo in Italia sia stata ancora raccontata.
L'idea è venuta a un certo Glenn Greenwald, un giornalista free lance statunitense che aveva lavorato per diverso tempo per un sito on-line che si chiama "salon". Poi, visto che il giovanotto era un tipo sveglio, sapeva scrivere e soprattutto sapeva come fare del buon giornalismo, nel febbraio del 2012 inizia una collaborazione per il prestigioso quotidiano britannico The Guardian e infine nella primavera di quell'anno si trasferisce a Londra e inizia a scrivere per quella testata. Qualche mese dopo, quando Edgard Snowden si trova a Hong Kong, nascosto, dopo aver reso pubblica la vicenda, oggi a tutti nota come Datagate, accade l'evento clou della sua esistenza. Grazie alla documentazione in suo possesso, Snowden (è la parte, diciamo, nera dei suoi file) ha un voluminoso elenco di tutti i giornalisti statunitensi attivi considerati "scomodi, pericolosi, bravi, non corrompibili". Tra tutti questi sceglie Greenwald, sa di avere la CIA alle costole e sa anche che la sua vita dipende dalle informazioni di cui lui è in possesso e deve metterle in un posto sicuro -e pubblico- prima che lo becchino. E così, un pomeriggio, nella sede del Guardian a Londra, mentre Greenway sta facendo la riunione quotidiana di redazione, arriva una ragazzina giapponese che chiede di lui. La giovane entra nel suo ufficio e pretende di parlare soltanto con lui, specificando che ha un messaggio da parte di Snowden. Greenway, che non l'ha mai vista e non ha la minima idea di chi possa essere le dice "se vuole parlare con me, lo fa in presenza del mio direttore e del capo-redattore". La ragazza accetta. Escono tutti dalla stanza e rimangono in tre più la ragazza.
La giovane, che non sa nulla di nulla, tira fuori dalla tasca una pennetta.
"Questa è da parte di Snowden, mi ha detto di consegnarla soltanto a lei".
Poi se ne va.
Quando, poche ore più tardi, all'aereoporto di Hong Kong lo fermano, lui dichiarerà "io non ho nulla, la pennetta ce l'ha Greenway, a Londra".
Contemporaneamente arriva l'intelligence britannica nell'ufficio londinese ma dopo tre ore di burrascosa riunione se ne vanno con la coda tra le gambe.
E così, parte la storia.
Nell'ambiente del giornalismo investigativo di lingua inglese scatta una fibrillazione eccezionale. Riunioni e riunioni che danno vita a una idea sensazionale: mettere su il più grande sito on-line sul pianeta di denuncia quotidiana delle attività truffaldine dell'intero management politico del globo, suddiviso per continenti, settori, paesi. Convincono alcune persone a dar loro una mano,. Vanno a caccia di finanziamenti. Trovano un inglese e un olandese disposti a metterci dei soldi ma "a condizione di imbarcare qualche imprenditore solido statunitense, molto noto, come curriculum e come biografia". Lo trovano. Si incontrano.
E così, quindici giorni fa (ed è il motivo per cui è stato reso pubblico il datagate) in California viene dato l'annuncio. In una nutrita conferenza stampa nel salone del Four Seasons Hotel di Newport Beach, compare un iraniano, Pierre Omidyar, divenuto cittadino statunitense, considerato da tutti il più geniale esperto di strategie in rete in occidente, l'uomo che ha inventato e-bay, che ha cacciato i primi soldi per Zuckerberg quando nessuno gli dava retta, perchè ha trovato facebook un "marchingegno che avrà successo" (ci ha guadagnato 2 miliardi di dollari) e che ha dato a Jeff Bezos la dritta (ben remunerata) di lanciare la piattaforma Amazon. Costui, notoriamente, ha un suo pallino: "promuovere la trasparenza e bastonare i marpioni coinvolgendo direttamente l'opinione pubblica". Ha spiegato quindi di aver costituito la società, con tre soci europei, per lanciare quello che lui ha definito "sarà il più grande sito al mondo che si occuperà esclusivamente di tutto il marcio che esiste e di cui non viene raccontato nulla alla cittadinanza. Ebbene lo faremo noi". Ha raccolto la crema del giornalismo investigativo di lingua inglese. Ha preso due del Washington Post, tre del New York Times, uno del Chicago Tribune, uno di Rolling Stone, e poi cinque britannici, due australiani, tre canadesi. Glenn Greenwald è il direttore editoriale. Omidyar, in persona, diventa il direttore responsabile "se qualcuno osa romperci i coglioni, me la vedo io con loro". Ha assunto i cinque più prestigiosi hacker sul mercato per costruire un inattaccabile inaccessibile firewall. "Ho deciso e scelto di crederci" ha dichiarato "è la mia grande ambizione. Il mondo sta cambiando e dobbiamo andare verso il futuro. Non costruiranno il Nuovo Ordine Mondiale senza tener conto della volontà e desideri della cittadinanza globale planetaria. E' un rischio grosso, lo so. Ma i soldi servono a questo, sennò che gusto c'è a farli?".
Ha messo a disposizione 250 milioni di dollari perchè -per principio- gli stipendi saranno molto alti. Dopo due mesi dalla nascita (prevista per marzo 2014) inizieranno le diverse piattaforme in altre lingue con redazioni locali in Francia, Spagna, Olanda, Danimarca, Portogallo, Svezia. E poi, se va bene, in seconda battuta arriverà anche l'Italia.
Sa che può non funzionare e perderà i suoi soldi.
Ma l'uomo è ambizioso.
Le sue previsioni? "Puntiamo ad avere tra i 100 e i 200 milioni di utenti al giorno entro il primo anno, ma puntiamo ad averne almeno 1 miliardo entro il biennio".
Niente male come obiettivo. Tanto per cominciare.
Questo accade nel mondo.
Secondo voi esiste in Italia un imprenditore capace di avere una visione simile e mettere a disposizione risorse per una nuova comunicazione? Per fare dell'informazione reale?
Ne vedremo delle belle.
Ci sarà davvero da divertirsi.
Mi fa sentire ottimista.
L'idea è venuta a un certo Glenn Greenwald, un giornalista free lance statunitense che aveva lavorato per diverso tempo per un sito on-line che si chiama "salon". Poi, visto che il giovanotto era un tipo sveglio, sapeva scrivere e soprattutto sapeva come fare del buon giornalismo, nel febbraio del 2012 inizia una collaborazione per il prestigioso quotidiano britannico The Guardian e infine nella primavera di quell'anno si trasferisce a Londra e inizia a scrivere per quella testata. Qualche mese dopo, quando Edgard Snowden si trova a Hong Kong, nascosto, dopo aver reso pubblica la vicenda, oggi a tutti nota come Datagate, accade l'evento clou della sua esistenza. Grazie alla documentazione in suo possesso, Snowden (è la parte, diciamo, nera dei suoi file) ha un voluminoso elenco di tutti i giornalisti statunitensi attivi considerati "scomodi, pericolosi, bravi, non corrompibili". Tra tutti questi sceglie Greenwald, sa di avere la CIA alle costole e sa anche che la sua vita dipende dalle informazioni di cui lui è in possesso e deve metterle in un posto sicuro -e pubblico- prima che lo becchino. E così, un pomeriggio, nella sede del Guardian a Londra, mentre Greenway sta facendo la riunione quotidiana di redazione, arriva una ragazzina giapponese che chiede di lui. La giovane entra nel suo ufficio e pretende di parlare soltanto con lui, specificando che ha un messaggio da parte di Snowden. Greenway, che non l'ha mai vista e non ha la minima idea di chi possa essere le dice "se vuole parlare con me, lo fa in presenza del mio direttore e del capo-redattore". La ragazza accetta. Escono tutti dalla stanza e rimangono in tre più la ragazza.
La giovane, che non sa nulla di nulla, tira fuori dalla tasca una pennetta.
"Questa è da parte di Snowden, mi ha detto di consegnarla soltanto a lei".
Poi se ne va.
Quando, poche ore più tardi, all'aereoporto di Hong Kong lo fermano, lui dichiarerà "io non ho nulla, la pennetta ce l'ha Greenway, a Londra".
Contemporaneamente arriva l'intelligence britannica nell'ufficio londinese ma dopo tre ore di burrascosa riunione se ne vanno con la coda tra le gambe.
E così, parte la storia.
Nell'ambiente del giornalismo investigativo di lingua inglese scatta una fibrillazione eccezionale. Riunioni e riunioni che danno vita a una idea sensazionale: mettere su il più grande sito on-line sul pianeta di denuncia quotidiana delle attività truffaldine dell'intero management politico del globo, suddiviso per continenti, settori, paesi. Convincono alcune persone a dar loro una mano,. Vanno a caccia di finanziamenti. Trovano un inglese e un olandese disposti a metterci dei soldi ma "a condizione di imbarcare qualche imprenditore solido statunitense, molto noto, come curriculum e come biografia". Lo trovano. Si incontrano.
E così, quindici giorni fa (ed è il motivo per cui è stato reso pubblico il datagate) in California viene dato l'annuncio. In una nutrita conferenza stampa nel salone del Four Seasons Hotel di Newport Beach, compare un iraniano, Pierre Omidyar, divenuto cittadino statunitense, considerato da tutti il più geniale esperto di strategie in rete in occidente, l'uomo che ha inventato e-bay, che ha cacciato i primi soldi per Zuckerberg quando nessuno gli dava retta, perchè ha trovato facebook un "marchingegno che avrà successo" (ci ha guadagnato 2 miliardi di dollari) e che ha dato a Jeff Bezos la dritta (ben remunerata) di lanciare la piattaforma Amazon. Costui, notoriamente, ha un suo pallino: "promuovere la trasparenza e bastonare i marpioni coinvolgendo direttamente l'opinione pubblica". Ha spiegato quindi di aver costituito la società, con tre soci europei, per lanciare quello che lui ha definito "sarà il più grande sito al mondo che si occuperà esclusivamente di tutto il marcio che esiste e di cui non viene raccontato nulla alla cittadinanza. Ebbene lo faremo noi". Ha raccolto la crema del giornalismo investigativo di lingua inglese. Ha preso due del Washington Post, tre del New York Times, uno del Chicago Tribune, uno di Rolling Stone, e poi cinque britannici, due australiani, tre canadesi. Glenn Greenwald è il direttore editoriale. Omidyar, in persona, diventa il direttore responsabile "se qualcuno osa romperci i coglioni, me la vedo io con loro". Ha assunto i cinque più prestigiosi hacker sul mercato per costruire un inattaccabile inaccessibile firewall. "Ho deciso e scelto di crederci" ha dichiarato "è la mia grande ambizione. Il mondo sta cambiando e dobbiamo andare verso il futuro. Non costruiranno il Nuovo Ordine Mondiale senza tener conto della volontà e desideri della cittadinanza globale planetaria. E' un rischio grosso, lo so. Ma i soldi servono a questo, sennò che gusto c'è a farli?".
Ha messo a disposizione 250 milioni di dollari perchè -per principio- gli stipendi saranno molto alti. Dopo due mesi dalla nascita (prevista per marzo 2014) inizieranno le diverse piattaforme in altre lingue con redazioni locali in Francia, Spagna, Olanda, Danimarca, Portogallo, Svezia. E poi, se va bene, in seconda battuta arriverà anche l'Italia.
Sa che può non funzionare e perderà i suoi soldi.
Ma l'uomo è ambizioso.
Le sue previsioni? "Puntiamo ad avere tra i 100 e i 200 milioni di utenti al giorno entro il primo anno, ma puntiamo ad averne almeno 1 miliardo entro il biennio".
Niente male come obiettivo. Tanto per cominciare.
Questo accade nel mondo.
Secondo voi esiste in Italia un imprenditore capace di avere una visione simile e mettere a disposizione risorse per una nuova comunicazione? Per fare dell'informazione reale?
Ne vedremo delle belle.
Ci sarà davvero da divertirsi.
Mi fa sentire ottimista.
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