venerdì 8 gennaio 2016

IL MAGICO POTERE DEL RIORDINO: COME TRASFORMARE GLI SPAZI (E LA VITA). - Marta Albè

ordine metodo kondo

Grazie ad un metodo giapponese molto dettagliato potrete mettere finalmente in ordine la vostra casa, trasformare i vostri spazi e la vostra vita. L’ideatrice del metodo di riordino di cui vogliamo parlarvi è Marie Kondo.
E’ ormai molto famosa sia in Giappone che a livello internazionale per aver aiutato molte persone, dalle famiglie, alle donne single agli uomini d’affari, a riordinare la casa e l’ufficio in modo perfetto e senza pentimenti per essersi liberati di ciò che non serviva più.
Marie Kondo è un’esperta di economia domestica e una consulente del riordino. E’ autrice del libro “Il magico potere del riordino”, una guida per dare una svolta alla propria vita a partire dalla sistemazione della casa.
L'esperta parte dal presupposto secondo cui un’infinità di oggetti di ogni tipo – dall’abbigliamento ai libri, dai gadget ai ricordi – sommergono le nostre case e i nostri uffici, sempre più piccoli, occupano davvero molto spazio e quasi ci soffocano.
Il metodo magico di Marie Kondo è pensato non soltanto per liberare gli spazi della casa, ma soprattutto per alleggerire la mente. Fin da bambina l’autrice si divertiva a riordinare la propria casa, a partire dagli armadietti del bagno e dalla propria camera da letto, fino a diventare presto responsabile della pulizia della propria classe quando frequentava le elementari.
Si sa che i bambini in Giappone sin da piccoli vengono responsabilizzati per la cura degli spazi della casa, delle aule scolastiche e delle piante e l’esperta ha dimostrato subito di avere una magnifica inclinazione per l’arte del riordino.
Il metodo Kondo probabilmente smentirà tutti i consigli sul riordino che avete letto fino a questo momento sulle riviste dedicate alla casa. Si tratta di un metodo un po’ drastico, più vicino, per ovvi motivi, alla mentalità orientale piuttosto che al nostro stile di vita occidentale.
Eppure ognuno di noi potrebbe trarre spunto da questo libro e provare a mettere in pratica senza troppi problemi i consigli dell’autrice. Marie Kondo punta molto sulla necessità di riorganizzare gli spazi e riordinare la casa una volta per tutte. Quando la casa sarà in ordine e ogni oggetto avrà trovato la sua collocazione, non si perderà più tempo in grandi operazioni di riordino. Le uniche azioni che svolgeremo quando la casa sarà davvero in ordine riguarderanno la normale ricollocazione degli oggetti al proprio posto dopo averli usati durante la giornata.
La parte più difficile da affrontare nel metodo Kondo, però, non riguarda certo il riordino come ricollocazione degli oggetti, dato che si tratta di una delle attività, prima mentali e poi fisiche, più semplici che possiamo svolgere.
Il vero punto che cambierà la nostra vita, secondo l’autrice, sarà la rinuncia a tutti gli oggetti di cui non abbiamo più bisogno. A suo parere dovremmo rinunciare a tutto ciò che non ci occorre e circondarci soltanto di cose belle e che ci regalano emozioni.
Per non avere difficoltà nella scelta degli oggetti a cui rinunciare, la Kondo suggerisce di effettuare le selezioni con un ordine ben preciso: prima i vestiti, poi i libri, in seguito i documenti, poi gli oggetti misti e da ultimo i ricordi. Sì, perché dei ricordi è davvero difficile fare a meno, ma forse alcuni oggetti legati al passato si sono trasformati in un peso emotivo e in un’ancora da cui è arrivato il momento di liberarsi.
In questo modo impareremo ad affinare il nostro intuito naturale per ciò che ci emoziona davvero e non dovremmo aver timore di rinunciare innanzitutto ai gadget accumulati negli anni e ai campioncini gratuiti, magari ormai scaduti, di cui abbiamo riempito un cassetto.
il magico potere del riordino
Il metodo Kondo ci ispira molto, ma c’è un punto su cui ci troviamo in disaccordo. L’esperta suggerisce di gettare tutto nei sacchi della spazzatura. Da questo punto di vista preferiamo le modalità indicate dal decluttering per liberarsi degli oggetti che non servono più.
A nostro parere le cose di cui non avremo più bisogno da questo momento in poi non dovrebbero finire tra i rifiuti, ma possono e devono essere donate in beneficenza: abiti per i senzatetto, vecchie coperte ai canili, libri a centri educativi, ospedali e biblioteche, giocattoli alle scuole materne e via dicendo. In questo modo il nostro bisogno di riordinare la casa sarà utile per noi ma nello stesso tempo potrà risultare vantaggioso per chi avrà la possibilità di utilizzare ciò che a noi non serve più.
Avete già letto il libro "Il magico potere del riordino"? Pensate che il metodo Kondo possa funzionare davvero?

LA SCOPERTA DI DUE SCIENZIATI ITALIANI: ECCO COME CRESCE IL TUMORE AL CERVELLO PIÙ 'CATTIVO'.




Il glioblastoma è il tumore più frequente e maligno del cervello. Colpisce a tutte le età, inclusi i bambini. La scoperta, descritta su 'Nature' dai ricercatori della Columbia University di New York diretti da Antonio Iavarone e Anna Lasorella, apre nuovi importantissimi scenari.

Passi avanti nella lotta al cancro al cervello. Un team guidato da scienziati italiani da anni in Usa ha individuato il meccanismo che favorisce il mantenimento delle cellule staminali neoplastiche del glioblastoma, il più aggressivo e letale dei tumori cerebrali. 
Cuore di questo meccanismo è una proteina, chiamata ID2, in grado di attivare una cascata di eventi che promuovono sia lo sviluppo che la progressione del glioblastoma. La scoperta viene descritta su 'Nature' dai ricercatori della Columbia University di New York diretti da Antonio Iavarone e Anna Lasorella. Gli scienziati ritengono che "disattivando" questa proteina si riuscirà a bloccare la crescita del tumore. Un obiettivo cui il team sta già lavorando. "Adesso - spiega dagli States Iavarone all'Adnkronos Salute - stiamo cercando di disattivare farmacologicamente la proteina, per bloccare la crescita della malattia". 

La proteina ID2 agisce favorendo la riproduzione di una popolazione di cellule tumorali, le cellule staminali tumorali, che da' inizio al cancro, ne sostiene la crescita generando sempre nuove cellule e viene difficilmente eliminata anche da terapie molto aggressive come radioterapia e chemioterapia. L'importanza di questo studio consiste nell'identificazione dei meccanismi che attivano ID2, ma anche nella scoperta di come la proteina, quando è 'accesa' nel tumore umano, agisce per promuovere la crescita incontrollata delle cellule staminali tumorali. Proprio bloccando i meccanismi di attivazione di ID2, i ricercatori intendono mettere un freno all'espansione del tumore o prevenirne la ripresa dopo un intervento chirurgico. 
Il glioblastoma è quello più aggressivo Il glioblastoma, ricordano, è il tumore più frequente e maligno del cervello. Colpisce a tutte le età, inclusi i bambini, ma è più frequente tra i 45 e i 70 anni. Purtroppo la chirurgia, combinata ai trattamenti radio e chemioterapici, non è ancora in grado di curare questo tipo di cancro, e la sopravvivenza è in genere inferiore ai due anni. Per questo aumentare le conoscenze sui meccanismi che promuovono il glioblastoma e lo rendono così difficile da curare è l'unica strada per poterlo aggredire più efficacemente. La proteina ID2 era già conosciuta per la sua funzione di inibizione del differenziamento cellulare durante la vita embrionale, quando la divisione e il successivo differenziamento delle cellule staminali dei diversi tessuti è necessaria alla formazione di organi specializzati in diverse funzioni (cervello, muscoli, ossa, ecc.). 

In condizioni normali, ID2 viene disattivata quando le cellule smettono di dividersi e si differenziano. Nel glioblastoma, invece, è abnormemente attivata. "Il nostro studio - interviene Anna Lasorella, professore di Pediatria e Patologia alla Columbia University e responsabile con il professor Iavarone della supervisione del gruppo di scienziati che hanno portato a termine la ricerca - ha stabilito che ID2 rimane attiva a causa della ridotta concentrazione di ossigeno nel tumore in espansione. Quando è presente in forma inappropriatamente attiva, ID2 è in grado di bloccare il sistema di distruzione di due proteine chiamate Hypoxia Inducible Factor (Hif) alfa 1 e 2, della cui azione particolarmente le cellule staminali tumorali si servono per sopravvivere in mancanza di livelli adeguati di ossigeno e nutrimento". In pratica, ID2 "consente alle cellule più maligne del glioblastoma di adattarsi a condizioni sfavorevoli, sopravvivere anche in condizioni estreme e continuare a moltiplicarsi senza perdere l'identità staminale", spiega Lasorella. "E' evidente - riprende Iavarone - che la disattivazione di ID2 priverebbe il tumore di un circuito indispensabile al suo mantenimento". 

"Capire la sequenza di eventi di cui il glioblastoma, e probabilmente anche altri tumori umani, si sono dotati affinché il cancro continui a vivere - precisa Iavarone - è un passo importante verso l'ideazione di nuove strategie di cura. Tuttavia, non è ancora una cura, e ulteriori studi sono necessari prima che la nuova scoperta possa tradursi in una terapia". Insomma, il risultato è promettente, ma il lavoro alla Columbia sta già andando avanti. Si studiano nuovi anti-tumorali "Al momento - spiega Iavarone - stiamo perseguendo screening di composti chimici (quindi potenziali farmaci anti-tumorali) sia" in simulazioni matematiche al computer "che sperimentalmente. Questi screening sono basati sulla nostra scoperta che la proteina ID2 deve legarsi alla proteina VHL per favorire la crescita delle cellule staminali tumorali. Pertanto, come abbiamo potuto osservare in laboratorio con strumenti genetici, un farmaco che blocca il legame tra ID2 e VHL, di cui ora conosciamo tutti i dettagli molecolari, potrà avere un eccezionale valore antitumorale. Questi studi - conclude - sono tuttora in corso nei nostri laboratori alla Columbia University". 

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Due-scienziati-italiani-scoprono-il-meccanismo-di-crescita-del-tumore-al-cervello-9573e33b-44ee-4c89-928a-7d59620cce20.html

lunedì 4 gennaio 2016

Messico. Sindaco Gisela Mota, 33 anni, uccisa poche ore dopo l’insediamento. Aveva giurato guerra ai narcotrafficanti.

Messico. Sindaco Gisela Mota, 33 anni, uccisa poche ore dopo l’insediamento. Aveva giurato guerra ai narcotrafficanti

La donna era stata da poco eletta primo cittadino a Temixco, nello stato di Morelos, 85 km a sud della capitale, e aveva prestato giuramento sabato. Poco più tardi nella sua abitazione si sono presentati quattro uomini armati che l'hanno freddata. In campagna elettorale aveva promesso che avrebbe "ripulito" la cittadina dalla criminalità organizzata. Tra il 2012 e il 2015 è stata deputato federale nel Partito della Rivoluzione Democratica.

Uccisa poche ore dopo l’insediamento, nella città di cui era diventata sindaco. Si chiamava Gisela Mota Ocampo, aveva 33 anni. Era stata da poco eletta primo cittadino di Temixco, nello stato di Morelos, 85 km a sud di Città del Messico, e aveva prestato giuramento sabato. Una manciata di ore più tardi nella sua abitazione si sono presentati quattro uomini armati che l’hanno uccisa, ingaggiando un conflitto a fuoco con la polizia, che ne ha uccisi a sua volta due e ne ha arrestati altri due. Altre versioni indicano che la sparatoria è avvenuta quando gli assalitori, fuggiti in un furgone, si sono imbattuti in una pattuglia della polizia di Stato che ha sparato.
Mota era membro del gruppo di sinistra del Partito della Rivoluzione Democratica (Prd), vicino all’ex candidato presidenziale Andres Manuel Lopez Obrador. Dopo la sconfitta di Lopez, Mota è entrata a far parte del gruppo indipendente vicino a Graco Ramirez, vincendo le elezioni. Tra il 2012 e il 2015 è stata deputato federale e ha ricoperto diversi incarichi nel Prd. In campagna elettorale aveva promesso che avrebbe “ripulito” la cittadina industriale di circa 90.000 abitanti afflitta da forti problemi di crimine organizzato e narcotraffico, come gran parte del Messico.
L’assassinio arriva all’indomani del varo da parte del governo dello stato di Morelos dell’operazione Delta, che prevede il dispiegamento di 600 agenti federali e statali per garantire la sicurezza a Cuernavaca, circa 86 chilometri a sud della capitale.

Capodanno, gli esperti: "Depurare fegato e intestino dopo le abbuffate". -

Capodanno, gli esperti: "Depurare fegato e intestino dopo le abbuffate"

Andid: "Integratori e tisane non servono senza una buona dieta a base di frutta, verdure e cibi poco conditi."


 - Pranzi e abbuffate di Natale e Capodanno non si traducono solo in chili di troppo, ma anche nell'aumento di colesterolo e trigliceridi, intestino irritato e affaticamento del fegato. Secondo gli esperti, "è bene quindi iniziare l'anno con una dieta e un periodo di depurazione dalle tossine accumulate". 

Tuttavia "integratori e tisane non servono senza una buona dieta a base di frutta, verdure e cibi poco conditi, possibilmente accompagnata dalla giusta attività fisica".
"L'eccesso di un'alimentazione particolarmente grassa, e a Natale non si tratta solo di un giorno ma di un periodo prolungato provoca aumento di colesterolo e trigliceridi e affatica in particolare il fegato", sottolinea Giovanna Cecchetto, dell'Associazione Nazionale Dietisti (Andid).

I consigli: "No al digiuno, cibi semplici" - I troppi condimenti e l'alcol comportano un sovraccarico digestivo che irrita le mucose e nuoce sia allo stomaco che all'intestino. "Per riabilitarlo - spiega la Cecchetto - non serve il digiuno ma un periodo di disintossicazione, con molta acqua e condimenti semplici, a base di olio di oliva a crudo". Fondamentale "ridurre al massimo grassi, zuccheri semplici e bevande alcoliche, ma anche introdurre più cereali integrali e fonti proteiche vegetali come i legumi al posto di carne o formaggi". Via libera, infine, alle verdure ma "crude, bollite o cotte al vapore, non ripassate nell'olio".

sabato 2 gennaio 2016

MONETA, CORRUZIONE E POLITICA. - Alberto Bagnai

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Care lettrici, cari lettori,
fra poco, o da poco, avrete forse ascoltato in televisione le parole di un’alta carica istituzionale alla quale la legge ci comanda rispetto. Io me le risparmierò (o me le sarò risparmiate). So, come sapete voi, che da quel lato possiamo aspettarci poche sorprese. Non penso di riservarvene molte di più io, ma non rinuncio al desiderio un po’ egoistico di condividere con voi l’angoscia e l’amarezza di questo momento.
Il 2015, purtroppo, è andato come ci aspettavamo che andasse. 

Sul Fatto Quotidiano del 31 dicembre scorso scrivevamo:

1. che il Quantitative Easing di Draghi avrebbe fallito (per motivi a noi chiari da anni, poi brillantemente ribaditi e sviluppati a maggio su asimmetrie.org dall’amico Charlie Brown);

2. che la crescita sarebbe stata inferiore alle aspettative del governo (e più vicina alle nostre previsioni);

3. infine, che il TTIP avrebbe fatto qualche passo avanti (il meccanismo comunicativo adottato, d’altronde, ci chiariva che anche in questo caso, come in quello della moneta unica, la decisione è sostanzialmente già stata presa, e tutto il resto è teatrino).

Che il QE abbia fallito lo dice da settembre anche il Financial Times, il cui scetticismo verso Draghi rasenta ormai il dileggio. Sulla crescita non mi pronuncio: ognuno di voi sa cosa pensarne. L’ultima edizione dei Conti trimestrali ISTAT dà per acquisita una crescita 2015 pari allo 0.6% (la nostra previsione). Nulla di sorprendente: il governo si basava sul suo wishful thinking (che entro certi limiti è anche un suo dovere istituzionale), e noi su un modello pubblicato su rivista, che aveva chiaramente specificato come e perché il QE non avrebbe promosso la crescita (ma questo lo sapete)
Del TTIP è inutile parlarne. Decisioni prese sopra le nostre teste.

Con queste premesse, ho timore di volgere lo sguardo al 2016. Non è escluso, e anzi appare in questo momento molto probabile, che esso ci ponga di fronte al bivio del quale vi ho parlato tante volte: quello fra ricapitalizzare le nostre banche in euro, mettendoci in mano alla troika, o ricapitalizzarle in lire, riprendendo in mano la nostra vita. La prima opzione ci è stata graziosamente annunciata dall’amico Lars, nell’inedita veste di misso dominico, come vi ho riportato qui; la seconda opzione è quella che la storia dichiara inevitabile, cosa della quale ormai si accorgono un po’ tutti: dal simpatico Bilbo, a Zingales (se pure in forma tortuosa e implicita, come vedremo). Quindi la valutazione è che arriveremo con probabilità uno alla seconda, ma passando con una probabilità ormai decisamente superiore a 0.5 per la prima.

Se però mi permettete, vorrei motivare questo giudizio di sintesi con un minimo di analisi, stimolata anche dalle recenti discussioni su questo blog. La domanda che in molti ci siamo posti (o almeno, che vi ho stimolato subliminalmente a porvi) durante questo ultimo mese è: “ma perché quando si parla di moneta o di corruzione la gente sclera?”.
Può sembrare che questa domanda abbia poco o nulla a che vedere con la crisi bancaria che tanti paventano, o con la maggiore o minore probabilità di un commissariamento dell’Italia. Può sembrare anche che i due termini della questione (corruzione e moneta) siano eterogenei, e che quindi metterli insieme in uno stesso interrogativo non ci aiuti molto a procedere nella nostra analisi, nella nostra comprensione del reale.

Naturalmente la penso in modo un po’ diverso. Credo che una riflessione su questa domanda ci aiuti a capire perché siamo arrivati qui e quali strade ci si aprano, o meglio chiudano, davanti. Per giustificare questa mia intuizione, vi faccio notare una cosa. Esiste una piacevole simmetria fra lo sclero sulla moneta e quello sulla corruzione. Come ormai avrete notato, chi sclera sulla moneta normalmente tende a negare che essa sia un fatto politico (“l’euro è solo una moneta”), il che non esclude che ad essa attribuisca un valore morale (“non puoi più fare il furbo svalutando la liretta”).
Simmetricamente, chi sclera sulla corruzione normalmente tende a considerarla il fatto politico (in effetti: l’unico fatto politico rilevante), riconducendo sistematicamente i giudizi politici a giudizi morali.

Vorrei porre come ipotesi di lavoro quella che l’esercizio del dibattito e dei diritti politici abbia come obiettivo il trovare, nelle forme che l’ordinamento prevede e consente, un punto di sintesi fra interessi in conflitto, affinché la vita della polis resti nella misura del possibile pacifica e ordinata. Io non sono uno scienziato politico, quindi può darsi che chi invece lo è trovi questa mia affermazione un po’ naïve (e in questo caso, a differenza di quando si parla di cose che io conosco e l’interlocutore no, sarò lieto di accettare correzioni). Diciamo però che se scendiamo dal terreno dei grandi ideali (cioè delle cortine fumogene) a quello della “struttura” (cioè dell’economia), è abbastanza ragionevole riconoscere che capitale e lavoro (da definire caso per caso) hanno interessi confliggenti, e che una mediazione efficiente di questi interessi è indispensabile. Sapete che la mediazione attuale, quella basata sullo schiacciamento del lavoro, è inefficiente, perché conduce naturaliter a una crisi finanziaria, come spiego ne L’Italia può farcela, dopo avervene parlato ad esempio a Pescara e a Bruxelles.

Ora, torniamo ai nostri amici per i quali la corruzione è un fatto politico, mentre la moneta no. Secondo me le cose stanno esattamente al contrario: la moneta è un fatto politico, la corruzione no.

La corruzione non è un tema politico. 
Mi spiego subito, partendo dalla seconda affermazione (prima che qualche poraccio con l’invidia penis del SUV venga a buttare tutto in caciara), e lo faccio con un esempio. A voi risulta plausibile, o anche semplicemente possibile, che un partito politico metta nel suo programma l’incitazione alla corruzione? Direi di no. Difficile che un politico si presenti in un dibattito dicendo: “Io sono per la corruzione!” (o per l’incesto, o per quel che è…). Ora, visto che nessuno dichiarerà mai di propugnare o difendere la corruzione, sul tema non ci potrà mai essere contrasto di interessi, e nemmeno di vedute, né dibattito fra favorevoli e contrari. Quello della moralità, in effetti, è un tema prepolitico: chi lo usa come tema politico si propone in effetti di annientare la possibilità di qualsiasi dibattito.

Lo si è visto bene nel dibattito sottostante a questo post, che, scritto al volo ai giardinetti, ha avuto un successo inaspettato (bè, proprio inaspettato no, ormai mi conoscete…): 12867 visualizzazioni, 244 commenti, 16 “+1” in GooglePlus. Ma la discussione ha avuto degli esiti che non stento a definire surreali.


Ci sono stati alcuni casi patologici (non me ne vogliano gli interessati), come quelli di tal Zundap, che commentando un post nel quale scrivevo che il Fatto Quotidiano “è più o meno l'unico giornale che ci stia informando sulla crisi bancaria, cioè, come qui sappiamo da quattro anni, sulla crisi tout court”, e che “sta facendo un lavoro eccellente, e c'è da scommettere che passerà i suoi guai per questo. Quindi è nostro dovere sostenerlo. Ha anche dimostrato di essere l'unico (leggi: UNICO) organo di stampa italiano aperto a un minimo di pluralismo sui temi di fondo”, interviene in tal guisa:

Luigi Zundap ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "La corruzzione rende ciechi":
Travaglio ed il FQ non sono il massimo dell'informazione ma per favore in mezzo alla stampa nazionale sono uno dei pochi giornali che cercano di fare una informazione "decente" quindi "non spariamo sul pianista".
Postato da Luigi Zundap in Goofynomics alle 28 dicembre 2015 14:27


E va bè…
Ma anche al di fuori di questi casi limite, nessuno è voluto entrare nel merito delle tre questioni che sollevavo:

1. è scorretto (mi spiace dirlo, ma questo è) presentare surrettiziamente come un’anomalia statistica un dato che viceversa è in linea con la media europea (l’evasione italiana sta all’evasione europea come i redditi italiani stanno a quelli europei);

2. è politicamente inopportuno, soprattutto in questo momento di emergenza nazionale, farlo con intenti razzisti verso gli italiani;

3. è logicamente contraddittorio chiedere di pagare le tasse a beneficio di una comunità che si dipinge come una comunità di cialtroni (che quindi non meritano né risorse né tantomeno correttezza).

Ecco, è soprattutto l’ultimo punto che mi sembra sia sfuggito un po’ a tutti. Il messaggio “travaglista” è intrinsecamente contraddittorio, a mio avviso. Non puoi partire dall’assunto che noi italiani siamo ontologicamente merda senza se, senza ma e soprattutto senza forse, e poi pretendere che siamo lieti di contribuire (da contribuenti) a questo mucchio di letame! Forse chi esorta alla lealtà verso lo Stato, dovrebbe mostrare, o almeno fingere, un minimo di fiducia nelle proprie istituzioni e nei propri concittadini, di moderato orgoglio nazionale, qualcosa che trasmetta insomma il senso che il sacrificio che si sta per fare non è un vuoto a perdere, non va solo nelle ostriche di Batman, ma anche (e prevalentemente) nello stipendio del medico di pronto soccorso. Invece gnente. Noi siamo merda, ma dobbiamo pagare altre merde. Insomma, la versione Cambronne del mercoledì delle ceneri: merda alla merda.

Invece di discutere questo tema, cioè l’opportunità di creare un minimo di senso dello Stato partendo dalla costruzione di un’identità positiva per la nostra comunità, si sono attraversate sessanta sfumature di imbecillità, dal “Bagnai giustifica la corruzione”, all’immancabile “artigiano col SUV”, senza mai passare per un confronto coi numeri (il tema della mia prima osservazione).

Ma non ne voglio ai tanti che hanno animato questo surreale dibattito. Non è colpa loro se sono caduti in trappola. L’uso di un tema prepolitico con finalità apolitiche non è mica casuale, non è una novità, e non è che ci voglia un genio per praticarlo, mentre bisogna essere un minimo smaliziati per evitare di cascarci. Sono tecniche che si imparano sui libri, come quelli di Foa e di Giacché. Per azzerare il dibattito politico basta scegliere un tema valoriale, ed è fatta. Il dibattito prende subito la nota piega (anzi: piegà):

Uno: “O-ne-stà! O-ne-stà!” Un altro: “Scusate, la disoccupazione…” Uno: “Ecco, sei corrotto, sei contro l’o-ne-stà, o-ne-stà, i problemi si risolvono con l’o-ne-stà, o-ne-stà, cosa vuoi? Fare spesa pubblica per promuovere l’occupazione? Allora sei corrotto! Non hai capito che il problema è che se so magnati tutto? O-ne-stà, o-ne-stà…”

E via così, secondo il teatrino al quale assistiamo da tempo e che sinceramente stufa.


Ve lo dico in un altro modo, cari amici. Lo capite sì, o lo capite no, dopo gli esempi che vi ho fatto, che trasformare il tema dell’onestà in un tema politico è una trappola costruita per costringervi al ruolo di imbecilli? Imbecilli che poi non siete, ne sono certo. Ma quante stupidaggini si fanno agendo d’impulso? Pensateci. Se verrà la troika, non è escluso che abbia questi begli occhioni scuri: il Financial Times non ti sdogana per caso. Allora ne riparleremo, se avrete voglia, va bene?

La moneta è un tema politico
Poi c’è lo sclero sulla moneta: quello è ancor più incomprensibile. Più esattamente, come ho già avuto modo di dirvi, è per me incomprensibile come a “sinistra” si possa affermare che l’euro è solo una moneta! Il rifiuto di ammettere quello che è ovvio, e che intellettuali del calibro di Streeck ribadiscono, ovvero che i sistemi monetari sono istituzioni, e come tali sono il prodotto dei rapporti di forza prevalenti fra le classi sociali, e contribuiscono quindi a loro volta a determinare questi rapporti (cioè, in soldoni: incidono sulla distribuzione del reddito), questo rifiuto rimane per me incomprensibile e priva chi più ne avrebbe bisogno della capacità di leggere l’evoluzione degli avvenimenti.

Guardate ad esempio cosa ammette il nostro migliore amico, Zingy!

MCP

(in una intervista al Fatto Quotidiano). Dice quello che qui ci siamo sempre detti, e che era parte della normalità, come ho cercato di spiegarvi (suscitando interminabili scleri): che il finanziamento con base monetaria (oltre a essere, come vi ho mostrato, una prassi normale prima della controrivoluzione liberista), è ovviamente l’unico modo per risolvere effettivamente un crisi bancaria sistemica. Solo la garanzia di una Banca centrale può arrestare il panico: i risparmiatori non correranno in banca a prosciugare (o tentare di prosciugare) i propri conti se sanno che la Banca centrale alle brutte “stamperà” i soldi che eventualmente mancassero. E ovviamente se i risparmiatori sanno che le cose stanno così, in banca non ci vanno, e quindi la Banca centrale di soldi deve stamparne molti di meno! Finirà così, dovrà necessariamente finire così, e, come vi ho altresì già detto, anche l’eterno secondo alla fine lo ha confessato. L’unica utilità residua del QE è quella di contribuire indirettamente al risanamento del sistema bancario, monetizzando la monnezza che si è andata accumulando nel tempo, cioè facendo in forma surrettizia quello che le regole europee vietano di fare in forma esplicita: intervenire come lender of last resort

delle istituzioni bancarie. Una funzione assolutamente fisiologica per una banca centrale, come feci notare tempo addietro in una polemica della quale forse vi siete dimenticati, e che fra l’altro, secondo me, non è nemmeno esplicitamente vietata dai Trattati (che invece vietano l’intervento per monetizzare il deficit pubblico, cioè l’acquisto di titoli pubblici sul primario).

Il problema di moral hazard, cioè il fatto che stampando la liretta deresponsabilizzi er politico o er l'amministratore, non si risolve espropriando i pensionati, ma punendo i responsabili, se lo si vuole fare, e questo lo dice chiaro e tondo anche Zingales (onore al merito).
Ma c’è un problema, che capisci solo se ammetti che l’euro è un’istituzione. E qual è? Quello che noi conosciamo, e che Zingy dice certamente senza accorgersene e probabilmente senza volerlo dire! 

Sentitelo:

“Il problema sistemico si risolve con l’intervento della banca centrale che in caso di crisi di liquidità deve garantire interventi massicci a sostegno delle banche. E questo dovrebbe essere pacifico in caso di crisi generale. Ma in una crisi su base regionale, localizzata ad esempio in Italia, la Bce interverrebbe in modo deciso?”

Avete capito?

Riportiamo questa logica al mondo di prima, che sarà quello di poi, ovvero il mondo delle banche centrali nazionali.
Riportiamo cioè il discorso dalla scala della nazione europea (che non esiste) a quella dello Stato italiano (che esiste). Per fissare le idee, sostituite BCE con Bankitalia, e Italia con Campania. Il passo, dopo questa sostituzione, diventa:

“Il problema sistemico si risolve con l’intervento della banca centrale che in caso di crisi di liquidità deve garantire interventi massicci a sostegno delle banche. E questo dovrebbe essere pacifico in caso di crisi generale. Ma in una crisi su base regionale, localizzata ad esempio in Campania, Bankitalia interverrebbe in modo deciso?”

Se leggete la seconda versione, notate una certa assurdità. Perché mai Bankitalia non dovrebbe intervenire a salvare una banca con sede a Napoli? Che interesse avrebbe a far fallire la Campania? E perché la BCE non dovrebbe intervenire a salvare le banche italiane? Che interesse avrebbe a far fallire l’Italia?

Ah, ecco…

Chissà se così riuscite a farlo capire ai vostri amici che:

1. l’intervento della Banca centrale “stampando moneta” è ammesso e anzi considerato risolutivo perfino da Zingy e perfino dal Financial Times;

2. però non lo si può mettere in pratica perché l’euro non è solo una moneta: è un sistema monetario, cioè un’istituzione, che riflette un ben preciso sistema di rapporti di forze, che in questo momento ci vedono soccombere.

Così è più chiaro?

Ecco: se uno capisce che la moneta è politica, allora capisce anche perché alla fine la Banca centrale dovrà intervenire, e perché l’intervento risolutivo non potrà mai venire da una Banca centrale europea. Il che implica, ovviamente, che l’intervento risolutivo potrà venire solo da una Banca centrale nazionale, cioè che, come dice l’amico Bilbo citato nel post precedente, bisognerà uscire.

E a questo punto avrei voluto parlarvi di tavoli: ma mi stanno chiamando, e lo farò un’altra volta e in altra sede. Il tavolo al quale devo sedermi non prevede, purtroppo, la vostra presenza…

Alberto Bagnai
Fonte: http://goofynomics.blogspot.it/
Link: http://goofynomics.blogspot.it/2015/12/moneta-corruzione-e-politica.html
31.12.2015

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=16061

venerdì 1 gennaio 2016

Dovrei essere orgogliosa di essere italiana?



E io dovrei essere orgogliosa di essere italiana?
Perchè?

Perchè manca il lavoro?
Perchè chi paga le tasse viene penalizzato al posto dell'evasore?
Perchè le strade delle città sono sporche e piene di buche?
Perchè non funziona niente?
Perchè si costruiscono cattedrali nel deserto per rimpinguare le tasche dei soliti noti?
Perchè c'è corruzione?
Perchè chi governa depreda i cittadini levando loro diritti acquisiti nel tempo?
Perchè chi governa lavora per favorire se stesso tanto non verrà mai punito?
Uno stato - che costringe entrambi i genitori a lavorare (quando lo trovano il lavoro) perchè con un solo introito è impossibile mandare avanti una famiglia e, nel contempo, non fornisce loro asili nido dove portare i figli e toglie loro la possibilità di affidarli ai nonni, ai quali hanno innalzato l'età pensionabile a 65 anni - è uno stato inefficiente, inadeguato, direi uno stato capestro!
Di contro ci sono parlamentari che si arrogano il diritto di utilizzare mezzi pubblici governativi per sè e per i loro amici anche per spostarsi durante le vacanze.
Tornare alla legalità? Quale legalità, quella che stanno contraffacendo con leggi che favoriscono i disonesti, i furbi, i delinquenti?
Siamo seri, sono italiana, ma non sono affatto orgogliosa di esserlo; lo sono, semmai, per il glorioso passato, quel passato sepolto dall'incuria, anche nostra, perchè abbiamo affidato l' amministrazione della "res publica", a faccendieri, incapaci, irresponsabili, disonesti e ............mi fermo qui.

Cetta

!° gennaio 2016