giovedì 25 gennaio 2018

Moby Prince: Commissione, non fu nebbia.

 © ANSA

Procura Livorno condizionata, vite potevano essere salvate.


Moby Prince, sera del 10 aprile 1991: 140 morti dopo l'impatto del traghetto della Navarma con la petroliera Agip Abruzzo al largo del porto di Livorno. La più grande tragedia della marineria italiana. Che non è avvenuta per colpa della nebbia o per l'imprudenza di un comandante. C'è stata poi una "sostanziale assenza di intervento" di soccorso che avrebbe potuto salvare diverse vite. E l'indagine della procura livornese è stata "carente e condizionata da diversi fattori esterni".
E' un atto di accusa netto quello contenuto nella relazione della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle cause del disastro, presentata oggi al Senato. "Una ferita ancora aperta, 27 anni dopo", l'ha definita il premier Paolo Gentiloni. Mentre il presidente del Senato, Pietro Grasso ha parlato di "dramma che sconvolse anche la coscienza del Paese, una pagina nera" per l'Italia. Ora, ha considerato il ministro dei Trasporti, Graziano Delrio, "grazie al grande lavoro della Commissione si alza un velo che fa sperare in una nuova pagina".
PETROLIERA ERA IN ZONA DIVIETO ANCORAGGIO - La nebbia, assente quella sera in mare, è stata quella dell'omertà e dei depistaggi. Una cortina che non accenna a disperdersi visto che, lamenta la Commissione, alcune persone ascoltate in audizione hanno "negato evidenze" e fornito "versioni inverosimili degli eventi". A distanza di tanti anni è così difficile una ricostruzione puntuale dei fatti. Ma i parlamentari - dopo due anni di lavoro ed oltre 110 riunioni - ritengono di aver fissato alcuni punti fermi: l'Agip Abruzzo si trovava quella sera in una zona di divieto d'ancoraggio e la sua posizione non è stata correttamente riportata nel corso delle indagini. C'è stata inoltre un'alterazione della rotta del Moby Prince tra le cause dell'impatto, "per fattori interni o esterni al traghetto".
SOCCORSI INESISTENTI, VITE SI POTEVANO SALVARE - Un tasto dolente è quello dei soccorsi. Secondo al Commissione la morte di passeggeri ed equipaggio del Moby Prince non è avvenuta entro 30 minuti dell'impatto per tutti e dunque alcune vite potevano essere salvate. Ma c'è stata una "sostanziale assenza di intervento nei confronti del traghetto" da parte della Capitaneria di porto di Livorno che durante "le ore cruciali apparve del tutto incapace di coordinare un'azione" ed "era priva di strumenti adeguati, come un radar".
FORTE OPACITA' ENI - LA Commissione definisce poi "connotato di forte opacità" il comportamento di Eni. La petroliera infatti, secondo la relazione, non proveniva da un terminal egiziano, ma da Genova e dunque il carico potrebbe essere stato differente da quello dichiarato, L'accordo assicurativo firmato tra i due armatori dopo solo due mesi dall'incidente pose però "una pietra tombale su qualunque ipotesi conflittuale sulle responsabilità tra l'Eni, che si assunse i costi dei danni della petroliera e dell'inquinamento e Navarma, che si assunse invece i costi del risarcimento delle vittime". Eni poté così far chiudere le indagini sulle attività a bordo della petroliera, sul suo carico ed ottenerne il dissequestro dopo soli 7 mesi avviandola alla demolizione.
INDAGINI CARENTI, PROCURA CONDIZIONATA - Nel mirino della commissione anche la procura di Livorno che per il processo di primo grado ha condotto un'attività d'indagine "carente e condizionata da diversi fattori esterni". In particolare, secondo la relazione, ha condizionato l'inchiesta il fatto di aver utilizzato parte dell'indagine sommaria svolta dalla stessa Capitaneria di porto, gli stessi soggetti direttamente coinvolti nella gestione dei soccorsi, alcuni dei quali coinvolti anche nelle vicende giudiziarie successive.
FIGLIO COMANDANTE, ORA REVISIONE PROCESSO - Contro i magistrati livornesi dell'epoca si scaglia anche Angelo Chessa, figlio di Ugo, il comandante del Moby Prince, tra le vittime dell'incidente. "Il processo di primo grado - osserva - è stato una vergogna per la giustizia italiana. Ora speriamo in una revisione in modo che si arrivi alla punizione dei veri colpevoli"
Ancora una tragedia dovuta a non si sa chi o che cosa dopo 27 anni dall'avvenimento. Siamo sfiduciati dalla mancanza di responsabilità di chi commette il reato e dalla carenza di volontà di risolvere le questioni in tempi adeguati da parte delle autorità competenti.

Roma, si spoglia nuda e fa il bagno dentro la fontana di piazza Navona.



Si è spogliata completamente tra la folla e si è immersa nella fontana dei Quattro Fiumi a Piazza Navona, nel cuore di Roma. Protagonista della vicenda, questo pomeriggio, una donna di 33 anni, originaria di Siena ma senza fissa dimora. Ad intervenire, intorno alle 17 i Carabinieri della stazione di piazza Farnese che hanno rivestito portandola in caserma. La donna è stata denunciata per atti osceni.

http://www.ilmessaggero.it/roma/cronaca/roma_fontana_piazza_navona-3504757.html

Poverina, forse voleva farsi un bagno.
Francesco, più che blaterare, dovrebbe devolvere i milioni che percepisce lo stato del quale è rappresentante ai poveri senza tetto invece di darli a cardinali e vescovi che li spendono in lussi e beni terreni.


La cena di beneficenza super esclusiva dove si molestavano le donne.


Una scena della cena organizzata dal Presidents Club, ripresa con una telecamera nascosta (Financial Times)


L'ha raccontata un'inchiesta del Financial Times, portando a un grande scandalo nel Regno Unito e alla chiusura dell'ente che la organizzava.

Il Presidents Club – una prestigiosa organizzazione benefica del Regno Unito che promuoveva eventi con miliardari, politici e personaggi del mondo dello spettacolo – ha annunciato che chiuderà, dopo un’inchiesta del Financial Times su casi di molestie e abusi nei confronti di decine di donne assunte per lavorare come hostess alla cena annuale più importante dell’organizzazione. L’articolo che li racconta è stato pubblicato martedì 23 gennaio e sta facendo molto discutere, anche perché alla cena erano presenti rappresentanti del governo britannico e altri importanti membri del Parlamento. La prima ministra Theresa May ha detto di essere “turbata” e ha promesso provvedimenti.
La cena del Presidents Club viene organizzata nei pressi di Londra da 33 anni ed essendo un evento molto esclusivo si è sempre portata dietro un certo alone di mistero. È riservata a uomini famosi, danarosi e in posizioni di potere, con lo scopo di raccogliere denaro per attività benefiche di vario tipo, da quelle degli ospedali a programmi per dare assistenza ai poveri e ai bambini disagiati. Nel corso della cena i fondi sono raccolti attraverso varie iniziative, che comprendono aste e offerte libere. Negli oltre 30 anni di attività, l’iniziativa ha permesso di raccogliere oltre 20 milioni di sterline (23 milioni di euro), con la cena di questa settimana che ha portato a donazioni per 2 milioni di sterline (2,3 milioni di euro). Ma, come ha raccontato nella sua inchiesta Maison Marriage sul Financial Times, la cena è anche un pretesto per consentire agli ospiti di essere accompagnati da ragazze scelte dall’organizzazione per intrattenerli. Quella di quest’anno contava 360 ospiti maschi e 130 hostess assunte dal Presidents Club.
Attraverso la segnalazione di alcuni amici, nelle settimane prima della cena Marriage si è presentata alle selezioni per far parte del gruppo di ragazze. Durante i primi colloqui – tenuti da Caroline Dandridge di una società esterna che si occupa di casting per “eventi di lusso” – le fu spiegato che gli ospiti della cena sarebbero stati “fastidiosi” e che avrebbero tenuto un comportamento che avrebbe potuto indisporre alcune delle hostess. Dandrige consigliò inoltre alle ragazze di non dare molte spiegazioni ai loro compagni, di omettere che stessero andando a una cena per soli uomini e di dire semmai che avrebbero partecipato a una “cena di beneficenza”. Spiegò che alcune ragazze escono da quell’esperienza divertite, altre disgustate dal comportamento dei partecipanti.
Un paio di giorni prima della cena, Dandridge scrisse un’email a Marriage e alle altre partecipanti spiegando che i loro cellulari sarebbero stati “messi al sicuro” prima dell’evento, aggiungendo che non avrebbero potuto portare nessuno con loro. Furono anche inviati dettagli sulle uniformi che le ragazze avrebbero poi indossato: un vestito attillato scuro, con la richiesta di coordinare il colore del loro intimo, “scarpe sexy” nere e una cintura alta. Cinture e abiti sarebbero stati forniti dall’organizzazione, mentre in autonomia ogni ragazza avrebbe dovuto provvedere al trucco e all’acconciatura, da realizzare come se stessero per andare in “un posto sexy ed elegante”.
Le hostess assunte erano per la maggior parte “alte, magre e carine”, con una paga di 150 sterline più un rimborso spese per il ritorno a casa in taxi. Molte di loro erano studentesse universitarie, altre attrici, modelle o ragazze che avevano già lavorato come hostess in convegni e altri eventi. Al loro arrivo tutte le ragazze hanno dovuto firmare un documento col quale s’impegnavano a non rivelare nulla sulla cena, ma a molte di loro non è stato dato il tempo di leggere il contratto né di portarsi una copia firmata a casa.
Dopo un’ultima breve formazione in una stanza dell’albergo, dove era stata organizzata la cena, con un bicchiere di vino bianco offerto a ciascuna di loro, le hostess hanno infine raggiunto la sala principale dove stavano arrivando gli ospiti. Distribuite ai vari tavoli, avevano l’incarico di intrattenerli mentre su un palco si alternavano vari momenti di spettacolo e richieste per le donazioni. Marriage ha visto, e si è poi fatta raccontare da alcune ragazze, il comportamento degli ospiti.
Molti hanno insistito nel tenere per mano le hostess durante la serata, alcuni nella speranza di riuscire in questo modo a trascinarle a sé, farle sedere sulle loro ginocchia o molestarle in altro modo. Molti ospiti hanno fatto pesanti allusioni sessuali. Diverse hostess hanno detto a Marriage di essere state palpate più volte durante la serata, altre di aver subìto molestie più gravi, con ospiti che hanno provato a infilare le mani sotto le loro gonne. Un ospite ha mostrato il pene a una delle hostess, altri hanno fatto proposte di lasciare la festa e di raggiungere un luogo appartato in cui avere rapporti sessuali. Le molestie sono proseguite per buona parte della serata, mentre agli ospiti venivano serviti di continuo alcolici e superalcolici, che a loro volta offrivano alle hostess.
Terminata la cena, verso le 23 è iniziata la seconda parte della serata, che sarebbe poi proseguita con un “after party” in altre aree dell’hotel, fino alle 2 di notte. A una delle ragazze è stato spiegato che in quella fase finale avrebbe potuto bere ciò che le pareva e cercare gli uomini che riteneva “più attraenti”. Marriage racconta nel suo articolo che a quel punto molte hostess erano stravolte: alcune avevano bevuto troppo, altre sembravano essere spaventate e scioccate per ciò che era successo, ben oltre la loro immaginazione. Un uomo si è avvicinato a una di loro, le ha detto “sembri troppo sobria”, l’ha presa per i fianchi, l’ha tirata a sé e le ha offerto una coppa di champagne: “Scolati questo bicchiere, strappati le mutandine e balla sul tavolo”.
L’inchiesta del Financial Times, a cui hanno partecipato anche altri giornalisti che sono riusciti a intrufolarsi nell’albergo dove era stata organizzata la festa, ha avuto una grande risonanza nel Regno Unito. Tra i partecipanti alla cena c’era Nadhim Zahawi, il ministro dell’Istruzione, molto criticato per avere partecipato a un evento di quel tipo. Zahawi è stato ripreso dal leader della maggioranza del partito Conservatore. Un suo portavoce ha però spiegato che Zahawi è rimasto brevemente, sentendosi a disagio per quanto stava accadendo. Il ministro è stato comunque criticato per la scelta stessa di avere aderito.
Tutte le principali associazioni di industriali e imprenditori hanno definito “disgustoso e riprovevole” il comportamento degli ospiti alla cena, cercando in questo modo di distanziarsi da eventuali loro soci coinvolti nell’evento. Ospedali, cliniche e altre associazioni hanno annunciato che restituiranno il denaro raccolto con gli eventi di beneficenza, non ritenendo opportuno il modo in cui è stato ottenuto.
Il fondo che si occupa del Presidents Club ha annunciato che non saranno più organizzate cene, e che i fondi raccolti e non ancora distribuiti saranno offerti nei prossimi giorni. Al termine della distribuzione, il Club chiuderà per sempre.
http://www.ilpost.it/2018/01/25/cena-beneficenza-presidents-club-molestie/

L'uomo è fondamentalmente stupido, farebbe qualsiasi cosa pur di "possedere e sottomettere" altri esseri umani da lui ritenuti inferiori. La donna è il suo mirino preferito in quanto ritenuta più debole e, per altri versi, attraente e desiderabile, per cui cerca di pavoneggiarsi, di mettere in mostra le sue peculiarità che, come succede nel regno animale, non sono intelligenza e cultura, ma potere economico.
E' anche, fondamentalmente, un vigliacco, un profittatore; non si rende conto che non viene preso in considerazione per le sue virtù interiori, delle quali è carente, ma per i suoi soldi e per il suo potere economico, senza il quale sarebbe un NULLA.
Gli esseri viventi, tutti, vanno rispettati per meritare rispetto.

mercoledì 24 gennaio 2018

Palermo da vedere.

Palazzo Castrone-Santa Ninfa - Palermo






Il Palazzo Castrone - Santa Ninfa si trova a Palermo a pochi passi dal piano della Cattedrale. Il palazzo è uno dei più pregevoli edifici del XVI secolo.
Di particolare rilievo sono la facciata esposta sul "Cassaro", l'atrio con la loggia antistante il piano nobile ed una fontana marmorea attribuibile al Gagini raffigurante il mito di Perseo ed Andromeda.
Il palazzo è stato rimaneggiato dalla famiglia Castrone - una delle più importanti di Palermo negli anni che vanno dal 1400 al 1700 - nel corso dei secoli a partire da un nucleo di fabbricati ai quali in seguito è stato aggiunto il corpo principale del palazzo allineato al piano della Cattedrale ed a quello che da lì a poco sarebbe divenuto il cosiddetto Cassaro o Via Toledo cioè quella strada rettilinea che congiunge la porta a mare della città (Porta Felice) con quella a monte (Porta Nuova). È detto anche Palazzo Santa Ninfa in quanto a fine Seicento, per tutto il Settecento e fino al 1820 transitò in dote ai Giardina Marchesi di Santa Ninfa (TP), divenuti poi Principi di Ficarazzi (PA) per volontà dell'Imperatore Filippo V di Spagna (alias Carlo III di Borbone, incoronato re di Sicilia nel 1735). Infatti la figlia di Don Giovanni del Castrone, Eleonora, sposò Don Luigi Giardina e Massa Grimaldi, Marchese di Santa Ninfa. Gran parte dell'edificio nel XIX secolo passò alla famiglia D'Onufrio che, in tempi recenti, si sono impegnati nel restauro. La prevista destinazione del Piano Nobile a sede del Museo Regionale del Gioiello Siciliano, in vista della quale l'edificio era stato interamente restaurato, sembra non avrà più luogo[1]

Affascinante, ipnotico.

lunedì 22 gennaio 2018

Boeri: «Più trasparenza sui vitalizi degli ex parlamentari». - Andrea Marini

Da sinistra, Tito Boeri, Michele Ainis, Biagio De Giovanni, Antonello Falomi (presidente dell'associazione ex parlamentari), Marco Revelli e Mauro Zampini
Da sinistra, Tito Boeri, Michele Ainis, Biagio De Giovanni, Antonello Falomi (presidente dell'associazione ex parlamentari), Marco Revelli e Mauro Zampini. 


"Che il sistema dei vitalizi dei parlamentari fosse insostenibile era chiaro fin dall’inizio. Il loro costo si aggira sui 200 milioni l’anno, che non sono pochi. Servirebbero due gesti. Primo, la massima trasparenza per ricostruire i contributi versati dai parlamentari. Secondo, un segnale di disponibilità: devolvere una parte del vitalizio a un fondo per potenziare lo strumento di contrasto alla povertà». A parlare è Tito Boeri, presidente dell’Inps. Parole pronunciate davanti a una platea non facile: l’associazione degli ex parlamentari, che ha organizzato oggi un convegno dal titolo “Populismi e democrazia rappresentativa”.
De Giovanni: ma i parlamentari non sono come gli altri. 
A difendere il ruolo dei parlamentari è stato Biagio De Giovanni, accademico dei Lincei e già esponente del Pci ed ex parlamentare europeo. «I parlamentari – ha spiegato – hanno privilegi fin dal Medioevo.
Non sono uguali agli altri cittadini perché rappresentano la nazione. È impensabile che possano, vivendo di politica, effettuare versamenti al sistema pensionistico per trenta anni, quando al massimo riescono a svolgere tre legislature». 
Boeri ha a sua volta replicato dicendo che in realtà i «dati dimostrano come il reddito di un ex parlamentare aumenti dopo che ha lasciato» la Camera o il Senato. Parole che hanno suscitato altri malumori tra la platea degli ex parlamentari.
Servono nuovi strumenti di partecipazione: il recall. 
Il tema dei vitalizi degli ex parlamentari è nato in quanto uno dei principali bersagli dei movimenti polulisti. Per Michele Ainis, professore di diritto pubblico all’Università Roma Tre, «il problema del populismo nasce anche da un deficit di partecipazione del popolo alle decisioni. La democrazia rappresentativa deve rinnovarsi. Per esempio si potrebbe introdurre il meccanismo del recall», vale a dire la possibilità per i cittadini di revocare una carica a un eletto nel caso in cui ritengano che il mandato non venga svolto correttamente.
Il peso della crisi economica, quella dei partiti e della democrazia. 
Marco Revelli, professore dell’Università degli studi del Piemonte orientale, ha sottolineato come la caratteristica che distingue il populismo «è quella di contrapporre il popolo a una oligarchia. Intendendo il popolo come un tutto omogeneo». Tra le ragioni che hanno portato alla ribalta questo fenomeno, Revelli ne evidenzia tre: «La crisi dei partiti di massa, con il loro sistema organizzativo obsoleto; la crisi della democrazia, in quanto le decisioni più importati vengono prese da organi non accessibili agli organismi rappresentativi; infine, la crisi economica».
Populismo e partiti personali 
Mauro Zampini, già segretario generale della Camera dei deputati, ha rivendicato il suo ruolo di uomo delle istituzioni: «Bisogna ridare qualità alle istituzioni, puntando sul rispetto reciproco. Il populismo va cercato in tutti i luoghi dove si trova, con la tendenza dei movimenti a diventare partiti personali: questi ultimi non sono più contendibili e non tollerano l’assenza di vincolo di mandato».
Leggi anche:
Dovrebbero costituire una previdenza a parte, quella dei parlamentari, chiosando ciò che ha asserito De Giovanni: "ma i parlamentari non sono come gli altri"
Notare, inoltre, come un accademico dei Lincei, ex eurodeputato del Pci, appunto il De Giovanni, contrasti le realtà evidenziate da Boeri che più che limitarsi a professarlo, ragiona da comunista.

sabato 20 gennaio 2018

Quelli capaci (di tutto). - Marco Travaglio | 19 gennaio 2018

Lilli Gruber, Matteo Renzi - Roma - 08-01-2018 - Matteo Renzi ospite di Lilli Gruber a Otto e Mezzo

L’ultima volta da Lilli Gruber, Matteo Renzi ha attaccato la solita equazione farlocca: siccome hanno alcuni sindaci indagati come la Raggi, mentre lui non ha “mai ricevuto un avviso di garanzia”, tutti i 5Stelle sono incapaci. E Di Maio più di tutti. La Gruber gli ha fatto osservare che anche il sindaco Pd di Milano, Beppe Sala, è sotto processo (e, aggiungiamo noi, per storie un pochino più gravi: carte truccate sul più grande appalto di Expo e commesse senza gara per il verde pubblico, con spesa triplicata). A quel punto Renzi, anziché di Sala, s’è messo a parlare della Appendino. Ora, per carità: può darsi che Di Maio, se mai avrà l’occasione di governare, si riveli un disastro, ma questo lo sapremo solo allora. Arguirlo dalle indagini sui sindaci sarebbe arduo, visto che nessuna dimostra la loro incompetenza.
A Roma la Raggi è imputata per una dichiarazione all’Anticorruzione sulla nomina di uno dei 190 dirigenti comunali, fratello del suo capo del Personale Raffaele Marra. 
A Torino la Appendino è indagata per falso per avere spostato di un anno, nel bilancio comunale, la restituzione di un prestito contratto dalla giunta Fassino, che a sua volta aveva postdatato per anni quella voce di spesa; e per omicidio e lesioni colpose nella tragedia di piazza San Carlo (1 morto e 1500 feriti), dove si proiettava la partita Juventus-Barcellona in base a una delibera analoga a quella adottata da Fassino due anni prima, già in piena emergenza Isis. 
A Livorno Nogarin è indagato per la bancarotta di una municipalizzata mai fallita (ma salvata da lui col concordato preventivo) e per omicidio e disastro colposo in una alluvione (accusa simile a quella toccata a molti altri sindaci: dalla pd Vincenzi a Genova, poi condannata, all’ex M5S Pizzarotti a Parma).
Le vicende che non investono la questione morale, perché non celano interessi privati e attendono la verifica processuale, non andrebbero usate in campagna elettorale, anche perché è inutile: per quanto disinformati da tg e giornaloni, gli italiani non hanno l’anello al naso e sanno ancora distinguere fra una mazzetta e una disgrazia. In alternativa, bisognerebbe parlare di tutti i sindaci indagati, anche dei propri. Ma concentriamoci sull’altro refrain renziano: “Mai ricevuto un avviso di garanzia”. Il che è vero: le nostre critiche alla persona di Renzi hanno sempre riguardato faccende politiche, mai giudiziarie. 
Ma con un paio di eccezioni. 
La prima è lo scandalo che l’ha appena coinvolto per la soffiata sul Decreto banche popolari che ha consentito a De Benedetti di speculare con una plusvalenza di 600 mila euro.
Una circolare del ministero della Giustizia chiarisce che, in casi come questi, il pm deve indagare i sospettati e, se ritiene che siano estranei, chiedere al gip di archiviarli con un’ordinanza trasparente. Invece Renzi e De Benedetti – diversamente da quel che accade in Procure meno “sensibili” – non furono indagati, non ricevettero avvisi di garanzia, furono sentiti come testimoni e morta lì: tutto in segreto. 
La seconda è il processo contabile per danno erariale che la Corte dei conti di Firenze aprì su Renzi presidente della Provincia, per aver assunto nella sua segreteria personale quattro portaborse (fra cui Carrai) senza laurea, con contratti e stipendi da dirigenti (che per legge devono essere laureati). 
In primo grado, nel 2011 e nel 2012, i giudici contabili toscani condannarono due volte Renzi e una ventina di suoi collaboratori a risarcire 50 mila euro (14 a suo carico) allo Stato per colpa grave, a fronte di un danno erariale per la collettività di 2,1 milioni. Poi nel 2015, già premier, Renzi fu assolto in appello con una motivazione grottesca quanto inedita: “Il Collegio ritiene di poter rilevare l’assenza dell’elemento psicologico sufficiente a incardinare la responsabilità amministrativa, in un procedimento amministrativo assistito da garanzie i cui eventuali vizi appaiono di difficile percezione da parte di un ‘non addetto ai lavori’”. 
Cioè: Renzi, laureato in Legge, ex presidente della Provincia, ex sindaco e infine premier, non era in grado di percepire l’illegittimità del suo operato. 
Assolto perché ignorante. 
E non capì neppure la portata devastante del verdetto, infatti se ne vantò in un tweet perché trionfava “la verità”: quella sulla sua enciclopedica incompetenza. Che ora strilli contro l’incompetenza altrui, fa molto ridere.
Ma intanto Davide Vecchi del Fatto scopre un altro altarino. Nel 2007, sempre da presidente della Provincia, il capacissimo Renzi assume quattro dirigenti al posto di uno, aumentando i costi da 3,5 a 4,2 milioni. La Procura della Corte dei conti toscana apre un fascicolo per danno erariale, archiviato su richiesta della viceprocuratore generale Acheropita Mondera Oranges, che dà tutte le colpe ai tecnici e non al presidente, anche se le nomine sono sue. 
Nel giugno 2016 la Oranges viene promossa procuratore capo, cioè primo controllore contabile della PA in tutta la regione. Il suo primo controllando è il renzianissimo sindaco di Firenze Dario Nardella. Il quale che fa? A settembre assume Celeste Oranges, 28 anni, figlia del procuratore Acheropita come “figura specializzata in ambito giuridico” della Città metropolitana per 47 mila euro l’anno. Per concorso? No a chiamata diretta, ma “visto il curriculum” (laurea con 106/110, nessuna esperienza professionale, ma esperta in “grafica, ritrattistica e arte canora”). Ora si spera che sia tutto regolare, altrimenti la mamma della neoassunta dovrebbe aprire un’inchiesta. 
Chissà che l’Anticorruzione del solerte Cantone, se avanza tempo dalle indagini su Spelacchio, ha qualcosa da obiettare. E questi sono gli amministratori bravi e oculati, tutti competenza e distintivo. Poi ci sono gli incapaci.
da il Fatto Quotidiano di
Venerdì 19 gennaio 2018 – Anno 10 – n° 18
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In origine condiviso da Roberto Mannucci Google+
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